Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-04-2012, n. 5888 Personale non docente Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza della Corte di Appello di Roma del 25.2.2010, veniva accolto il gravame proposto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, con conseguente rigetto della domanda proposta in primo grado dai dipendenti, tutti dirigenti amministrativi e tecnici del Comparto Ministero, intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto a vedersi compensata, in aggiunta all’ordinario trattamento retribuivo, l’attività svolta, nell’anno 2000, come componenti dei Nuclei di Valutazione dei Capi di Istituto scolastici, domanda accolta in primo grado con la condanna dell’amministrazione al pagamento, in favore di ciascuno dei ricorrenti, dell’importo di Euro 10.000,00.

La Corte territoriale osservava che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3, stabiliva come principio generale inderogabile quello per il quale ogni trattamento economico viene corrisposto "esclusivamente" mediante i contratti i contratti collettivi o, alle condizioni previste mediante i contratti individuali, laddove il giudice di primo grado aveva fatto riferimento al compenso dovuto ai componenti esterni dell’amministrazione in virtù di un rapporto di natura autonoma; rilevava che era essenziale, ai fini della definizione della controversia, l’accertamento dell’estraneità dell’attività di componente del Nucleo rispetto alle funzioni istituzionali dei ricorrenti e che la domanda, sotto il profilo in oggetto, era carente di allegazioni fattuali, senza considerare che la generica affermazione contenuta al riguardo nel ricorso era rivelatrice del fatto che i dipendenti erano organicamente inquadrati in quella articolazione dell’amministrazione – ufficio scolastico regionale per il Lazio – deputata proprio alla istituzione del Nucleo di valutazione di cui essi avevano fatto parte e denotava che sussistesse quantomeno un collegamento funzionale tra l’ufficio di appartenenza e la commissione in oggetto. Non risultava, poi, per il dirigenti, alcuna limitazione di orario, per cui nessuna rilevanza assumeva la circostanza che l’attività del Nucleo venisse svolta al di fuori dell’orario normale di lavoro.

Per la cassazione di tale decisione ricorrono i dipendenti, con unico articolato motivo, illustrato con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Si è costituita l’Agenzia delle Entrate solo ai fini della partecipazione all’udienza di discussione, ma il relativo atto di costituzione è stato revocato, e in luogo dell’Agenzia si è costituito agli stessi fini il Ministero – che non ha svolto attività difensiva -, evidenziando l’errore nella costituzione della prima.

Motivi della decisione

Deve, preliminarmente, dichiararsi estinto il giudizio quanto a M.M., il quale, rinunciando al ricorso proposto, ha determinato il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, essendo venuto meno l’interesse a contrastare l’impugnazione.

Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 36 Cost. e dell’art. 2099 c.c., nonchè violazione di legge per falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 24 commi 1 e 3, e art. 53, in combinato disposto con la L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 16, comma 1 e del D.Lgs. 30 febbraio 2001, n. 165, art. 25, comma 1.

Osservano che i Nuclei di valutazione dei capi d’istituto erano organismi previsti del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 1 – già D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 bis – e dall’art. 41 del ccnl, comparto scuola del 31.8.1999, e che, mentre per le prestazioni degli esperti esterni, il Ministero aveva stabilito l’erogazione di un compenso pari ad Euro 12.911,42, l’art. 41, comma 1, CCNL del Comparto Scuola aveva previsto che per i componenti interni la partecipazione all’attività del nucleo costituisse attività istituzionale rientrante nei doveri d’ufficio. Rilevano che tale ultima previsione, riguardante i componenti interni, non poteva, tuttavia, avere effetti sul trattamento di essi ricorrenti, appartenenti ad un comparto diverso, e che il principio dell’omnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti ministeriali aveva trovato applicazione solo con la definizione del c.c.n.l. del Comparto Ministeri, Area Dirigenza, del 1998-2001, entrato in vigore il 5.4.2001, cioè dopo la conclusione della prestazione da essi resa; che, pertanto, la misura della retribuzione doveva essere determinata ai sensi dell’art. 36 Cost. e art. 2099 c.c., e, sulla base della nota 1901 del 17.2.2000 del Ministero della Pubblica Istruzione, in L. 25 milioni, idonea a compensare il lavoro prestato dagli esperti esterni, non diverso da quello degli interni;

che le prestazioni eseguite durante il rapporto di lavoro sono assistite da presunzione di onerosità, ai sensi dell’art. 36 Cost., per cui non era onere su di essi ricadente quello di prospettare la norma positiva – di legge o contratto – che fondasse la propria pretesa alla retribuzione dell’incarico svolto dai Nuclei, ma onere dei resistenti superare tale presunzione con prova contraria, che non poteva essere rappresentata dal contenuto dell’art. 41 del c.c.n.l. comparto scuola, ad essi inapplicabile. Evidenziano che il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25 bis e, successivamente, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, hanno previsto l’istituzione di un nucleo di valutazione funzionalmente autonomo, onde l’incarico di presidente e di componente dello stesso non possono ritenersi rientrare tra le attribuzioni dei dirigenti dell’Amministrazione dell’Istruzione.

Ritengono che l’incarico non sia compreso nei compiti e doveri di ufficio D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 53 e che i nuclei abbiano operato in posizione di "terzietà" rispetto al rapporto di tipo gerarchico funzionale esistente tra l’Amministrazione e i singoli capi d’istituto ed assumono che nè la legge, nè la contrattazione ( D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24 e ccnl 1994/1997) si riferivano ad omnicomprensività retribuiva per la qualifica dirigenziale, avendo il D.Lgs. n. 80 del 1998 aggiunto, al comma tre, la previsione che il trattamento economico determinato ai commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti. Assumono che non residui dubbio sul fatto che il principio suddetto possa trovare applicazione per i dirigenti, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3, solo dopo la sua determinazione da parte dei rispettivi contratti collettivi ed integrativi, ai quali è riservata secondo la medesima legge, la disciplina della retribuzione, rilevando ulteriormente che tale affermazione trova conforto nella L. n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) la quale, all’art. 16 (Rinnovi contrattuali), comma 1 – dispone che quanto disposto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 23, comma 3, che ha sostituito il D.Lgs. n. 29 del 1993, si applica dalla data di definizione della contrattazione integrativa e che fino a tale data i compensi di cui al medesimo art. 24, comma 3 restano attribuiti ai dirigenti cui gli incarichi sono conferiti.

Anche la direttiva 1.3.2000 della Presidenza del Consiglio dei Ministri e la C.M. 22.4.2004 n. 46 del MIUR Dipartimento per l’Istruzione, avente ad oggetto "Omnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti. D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – art. 24, comma 3" hanno previsto che il criterio di omnicomprensività si applichi in concomitanza con l’entrata in vigore della contrattazione collettiva e che, per i dirigenti diversi da quelli di prima fascia incaricati della direzione di Uffici dirigenziale di livello generale (per i quali il criterio è stato reso operativo dal 1 luglio 2000) tale principio trovi applicazione, qualora non sia stata definita la relativa contrattazione integrativa entro il 30 giugno 2002, dal 1.7.2002, per effetto della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge finanziaria 2002).

Sia il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 sia il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3, erano, poi, quanto ai rispettivi contenuti, idonei a confortare l’interpretazione dei ricorrenti, secondo la quale, fino alla data di entrata in vigore delle nuove norme di contrattazione collettiva relative al comparto Ministeri, area Dirigenza, 1998-2001 (5.4.2001), succedute a quelle di cui al contratto 1994-1997 – nulla vietava che trattamenti economici aggiuntivi trovassero aliunde – rispetto ai contratti collettivi – la loro fonte.

Una volta accertato l’an debeatur, ritenevano i ricorrenti che, per la quantificazione del compenso spettante, fosse ragionevole ed equo il riferimento alla nota Ministero della Pubblica Istruzione n. 1901 del 17.2.2000, che individuava in L. 25.000.000 (Euro 12.911,42) la retribuzione idonea a compensare il lavoro prestato dagli esperti esterni. Ciò in ossequio all’ulteriore principio, consacrato dall’art. 2099 c.c., secondo il quale, ove la retribuzione non risulti concordata tra le parti, il giudice provvede a determinarla autoritativamente in misura proporzionata e sufficiente a norma dell’art. 36 Cost., tenendo conto degli elementi e dei parametri di riferimento a sua disposizione, quali la quantità e qualità del lavoro prestato, la misura della retribuzione per prestazioni analoghe eventualmente stabilita da disposizioni vigenti.

Il ricorso è infondato.

Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, ex art. 25 bis (la cui rubrica reca: "Dirigenti delle istituzioni scolastiche") inserito dal D.Lgs. 6 marzo 1998, n. 59, art. 1, comma 1, e poi trasfuso nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 25, dispone nel comma 1 che:

"1. Nell’ambito dell’amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 21. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell’art. 20, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle l’unzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all’amministrazione stessa". Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 24 (la cui rubrica reca: "Trattamento economico"), nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in vigore all’epoca dei fatti di causa, dopo aver dettato nei primi due commi le regole in tema di retribuzione del personale con qualifica dirigenziale, dispone, nel comma successivo, che "3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonchè qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza". Il Nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica è presieduto da un dirigente ed esplica una funzione di verifica dei risultati dell’operato dei dirigenti, di estrema importanza in relazione al rapporto di lavoro dirigenziale, in ogni fase dello stesso, da quella del conferimento dell’incarico sino all’eventuale attivazione della responsabilità dirigenziale (v.

D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 19, 20 e 21, poi trasfusi nel D.Lgs. n. 165 del 2001). In tale quadro, come questa Corte ha avuto già occasione di affermare (cfr. Cass. n. 5 marzo 2009 n. 5306, 24 febbraio 2010 n. 4531 e, da ultimo, Cass. 24 febbraio 2011 n. 4531), la necessaria attribuzione dell’incarico di Presidente del Nucleo ad un dirigente implica con evidenza un collegamento ineludibile fra l’incarico e la funzione dirigenziale ricoperta. Tale stretta connessione si spiega, d’altra parte, alla luce dei compiti del Nucleo, della cui rilevanza si è già detto. Il carattere di terzietà del Nucleo opera quale garanzia dei soggetti valutati, ma non lo rende, tuttavia, organo estraneo all’Amministrazione scolastica, costituendo le valutazioni da esso espresse la base per una pluralità di successive determinazioni della stessa Amministrazione in materia di incarichi dirigenziali. Atteso che, come già affermato, il trattamento economico dirigenziale, secondo il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal decreto e tenuto conto, quindi, che l’incarico in questione è espressamente considerato quale incarico da affidare ad un dirigente, è corretto, come condivisibilmente già osservato da questa Corte nelle pronunce citate, ritenerlo soggetto al regime della onnicomprensività già sulla base di tale più specifica previsione e ritenere che, per la ragione appena esplicitata, non possa esservi dubbio che si tratti di un incarico conferito al dirigente in ragione dell’ufficio ricoperto e comunque di incarico conferito dall’amministrazione presso la quale egli presta servizio o su designazione della stessa e che esso ricada quindi nell’ambito della disciplina prevista dalla norma in esame. La amplissima formulazione della diposizione normativa mira, invero, proprio ad impedire ogni possibilità di distinzioni e di esclusioni, e la sua applicabilità, proprio per tale ragione, non trova limitazioni nella circostanza che l’incarico possa esser rifiutato o che per il suo svolgimento sia necessaria una fase formativa.

Non può, poi, ritenersi che ratione temporis il principio di onnicomprensività sia inapplicabile nella specie, per il fatto che lo svolgimento dell’incarico sia avvenuto prima della stipula del c.c.n.l. 1998-2001, poichè il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, comma 3, nel richiamare il trattamento retributivo determinato per i dirigenti dalla contrattazione collettiva e quello concordato individualmente per gli incarichi dirigenziali di carattere generale, non dispone affatto che il criterio della onnicomprensività decorra soltanto dalla data di efficacia giuridica della contrattazione collettiva, o dalla conclusione del contratto individuale, ma, piuttosto, stabilisce che la retribuzione, contrattualmente individuata, sia ab initio soggetta al criterio di onnicomprensività enunciato dal Legislatore (cfr. Cass. 4531/2011 cit.).

Tale conclusione, come pure è stato precisato da Cass. n. 5306/2009 e 4531/2011 citate, non è contraddetta, infine, dalla L. n. 448 del 2001, art. 16, che non incide sul principio di onnicomprensività.

Tale norma, che si inserisce nell’ambito delle Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2002), riguardante, secondo la rubrica, i "Rinnovi contrattuali", nella parte che qui rileva ("Tali risorse sono ripartite ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 48, fermo restando che quanto disposto dal cit. D.Lgs., art. 24, comma 3, si applica a decorrere dalla data di definizione della contrattazione integrativa. Fino a tale data i compensi di cui al medesimo art. 24, comma 3, restano attribuiti ai dirigenti cui gli incarichi sono conferiti") indica le modalità della ripartizione delle risorse destinate alla contrattazione collettiva, richiamando la specifica disposizione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 48, e stabilendo tuttavia una deroga con riferimento ai compensi di cui all’art. 24 comma 3. Ma poichè in tale comma si parla di compensi in relazione a quelli dovuti dai terzi – situazione del tutto diversa da quella in esame – e si afferma che tali compensi "sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza" la deroga apportata dalla Legge Finanziaria del 2002 concerne tali compensi, escludendo che essi confluiscano nelle risorse da ripartire, ma non incide sul principio di omnicomprensività (cfr., in tali termini, Cass. 5306/2009 cit.).

Il ricorso va, pertanto, respinto, per tutti i ricorrenti, fatta eccezione per il M., in relazione al quale va dichiarata l’estinzione del giudizio, e nulla va disposto sulle spese del presente giudizio, in assenza di attività difensiva svolta dal Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’estinzione del giudizio quanto a M. M. e rigetta il ricorso quanto agli altri ricorrenti. Nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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