Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-09-2011) 25-10-2011, n. 38544 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Foggia, con ordinanza del 08.10.2010, applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di:

C.A. perchè indagato per delitto di associazione per delinquere (capo 38) finalizzato alla ricettazione e riciclaggio nonchè di numerosi reati-fine di ricettazione di pezzi di ricambio di origine delittuosa;

Il Tribunale per il riesame di Bari, con ordinanza del 12.11.2010, respingeva il reclamo proposto dall’indagato e confermava il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorre per cassazione C.A., deducendo: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Il ricorrente censura la decisione impugnata per:

l)-manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui è stata ritenuta la penale responsabilità del C. in ordine al reato associativo sulla scorta degli accertamenti operati riguardo a due episodi di ricettazione, ascritti ai capi 35) e 37), dai quali, però, non era dato ricavare nè il ruolo rivestito dal ricorrente nell’associazione nè la sua programmata partecipazione ai reati-fine nè, infine, la disponibilità ad offrire un contributo stabile alle attività del sodalizio criminoso;

in particolare il Tribunale avrebbe omesso di considerare che la ricorrenza di tali requisiti sarebbe esclusa:

-dalla circostanza che il C. è incensurato ed inesperto nella rivendita di pezzi di ricambio, attività nella quale era competente il socio A.G., e: -dalla circostanza che al momento in cui i coimputati D. decidevano di depositare merce proveniente da delitto presso l’autoparco del ricorrente, questi si trovava all’estero, in Brasile, sicchè l’autoparco era in sostanza affidato al socio A. ed il C. era restato estraneo all’operazione, come era reso evidente dalla circostanza che dal luogo in cui si trovava non aveva avuto contatti telefonici con alcuno. CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (vedi Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Invero, quanto al primo motivo, il Tribunale, ha congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, sia in ordine ai reati-fine di ricettazione e sia in ordine al delitto di associazione per delinquere, evidenziando gli elementi che, secondo una ricostruzione del tutto priva di illogicità, riconducono l’imputato all’attività di ricezione e custodia dei beni oggetto di furto.

Il Tribunale sottolinea una serie di passaggi, rinvenienti dalle intercettazioni telefoniche nonchè dai servizi di appostamento e pedinamento, da cui emerge non solo la partecipazione del C. ai numerosi episodi di ricettazione contestati ai capi -4) -35) -37) ma anche il ruolo attivo assunto dal predetto all’interno dell’associazione capeggiata da D.D.; -significativi sono i riferimenti:

a)-all’episodio del 14.11.09 ove il C. veniva notato sul furgone Iveco – condotto dall’ A. – che prelevava dalla ditta di autodemolizioni del coimputato D.A. pezzi di ricambio provenienti da delitto (pag. 6);

b)-alle indagini compiute dalla PG riguardo ai giorni 8-9-11-13-26 marzo 2010 nel corso delle quali si riscontrava il trasporto di pezzi di ricambio, provenienti da furto, operato dai coimputati D. A. e D.D. presso l’autoparco gestito dal C. e dal socio A. (pagg. 9-11).

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, sia dei reati-fine che di quello di partecipazione ad associazione per delinquere che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Per contro le censure del ricorrente si risolvono in valutazioni alternative degli indizi, inammissibili in questa sede, ove in materia di misure cautelari personali, il requisito della gravita degli indizi di colpevolezza non può essere ritenuto insussistente sulla base di una valutazione separata dei vari dati probatori, dovendosi invece verificare se gli stessi, coordinati e apprezzati globalmente secondo logica comune, assumano la valenza richiesta dall’art. 273 c.p.p.. Ciò in considerazione della natura stessa degli indizi, quali circostanze collegate o collegabili a un determinato fatto che non rivelano, se esaminate singolarmente, un’apprezzabile inerenza al fatto da provare, essendo ciascuno suscettibile di spiegazioni alternative, ma che si dimostrano idonee a dimostrare il fatto se coordinate organicamente. (Cassazione penale, sez. 4, 04/03/2008, n. 15198).

Il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che egli non poteva essere partecipe nell’attività di occultamento compiuta dai D. presso il suo deposito atteso che in quel periodo si trovava in Brasile, ma il motivo non coglie nel segno atteso che, al contrario, il Tribunale sottolinea come nell’episodio del 13 marzo 2010 emergeva dalle intercettazioni che i D. erano in stretto contatto sia con l’ A. che con il C., tanto che essi dichiaravano che i due "adesso stanno arrivando"; mentre nell’episodio del 26 marzo 2010 la PG riscontrava la presenza anche del C. all’interno del deposito, presenza significativa atteso che il medesimo consegnava la documentazione relativa ad un autocarro e a pezzi di ricambio di provenienza delittuosa collegabili all’attività di riciclaggio del sodalizio, trasportati nel deposito di C. dopo l’arresto del 02.03.2010 (pag. 11).

Alla luce di tale motivazione risulta irrilevante la circostanza dedotta riguardo al soggiorno all’estero dell’indagato, avendo il Tribunale congruamente sottolineato la piena consapevolezza e partecipazione all’intera operazione.

Sono altresì destituite di fondamento le censure riguardo alla mancata dimostrazione del ruolo del ricorrente all’interno dell’associazione nonchè dell’elemento soggettivo della consapevolezza di partecipare al sodalizio criminoso, posto che il Tribunale sottolinea come dagli episodi sopra ricordati nonchè dalle intercettazioni telefoniche emerge la prova della stabilità dei rapporti intercorrenti tra il C. e gli altri correi, al punto che l’indagato costituiva per costoro e, in particolare per i D., un elemento di sicuro riferimento – sia per la ricezione sistematica dei pezzi di ricambio provenienti da reato e – sia per l’eventuale occultamento di pezzi di ricambio, come nel caso relativo all’irruzione del 02.03.2010 effettuata dalla PG nel capannone di Borgo Cervaro.

In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza oppure inattualità e assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito.

(Cassazione penale, sez. 6, 20/10/2010. n. 39376).

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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