Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-09-2011) 25-10-2011, n. 38543

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Foggia, con ordinanza del 08.10.2010, applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di:

C.S. perchè indagato per il delitto di associazione per delinquere (capo 38) finalizzato alla ricettazione, riciclaggio ed altri reati, nonchè per numerosi reati-fine di riciclaggio di pezzi di ricambio di autovetture di origine delittuosa;

Il Tribunale per il riesame di Bari, con ordinanza del 12.11.2010, respingeva il reclamo proposto dall’ indagato e confermava il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore di C.S., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

1)-l’ordinanza impugnata sarebbe priva di motivazione riguardo alle esigenze cautelari, fondate esclusivamente sui precedenti penali senza illogicamente considerare le deduzioni del ricorrente relative, in particolare, alla circostanza che il sequestro preventivo dell’autoparco presso il quale lavorava il C. aveva, di fatto, reso impossibile la reiterazione del reato;

-l’ordinanza aveva erroneamente omesso di considerare che i precedenti del C. erano risalenti nel tempo e che il medesimo svolgeva un ruolo subordinato e marginale all’interno del citato autoparco, sicchè la sua pericolosità doveva ritenersi attenuata e tale da poter essere adeguatamente controllata attraverso la misura degli arresti domiciliati;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza oppure inattualità e assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito.

(Cassazione penale, sez. 6 20/10/2010 n. 39376).

Tali principi inducono a ritenere inammissibili i motivi di ricorso, proposti unicamente con riguardo alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha sottolineato, per un verso, "la particolare gravità" dei fatti e per altro verso, "la pervicacia (del C.) nella consumazione di gravi delitti contro il patrimonio" cui si aggiunge "il completo spregio per le prescrizioni della sorveglianza speciale" rivelatrice di una personalità criminale e di una inclinazione alla reiterazione delle condotte contestate, così che unica misura congrua risulta essere quella della custodia in carcere.

Si tratta di una motivazione non censurabile in questa sede di legittimità perchè congrua e del tutto immune da evidenti illogicità in quanto fondata su circostanze oggettivamente accertate e conformi alle massime di comune esperienza.

Il ricorrente lamenta l’omessa motivazione sulle ragioni ostative alla applicazione della misura attenuata degli arresti domiciliari ma il motivo non coglie nel segno perchè trascura di considerare l’esplicito riferimento che il Tribunale compie riguardo alla tendenza del C. a violare i precetti, richiamando significativamente ben due condanne riportate per evasione.

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, 1′ imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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