Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-09-2011) 25-10-2011, n. 38542

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito di indagini finalizzate all’accertamento di presunti traffici di stupefacenti, si procedeva in data 26.07.2010 ad una perquisizione presso il magazzino della società "MVM" di cui è titolare: P.F. nel corso della perquisizione gli agenti di PG sequestravano in via di urgenza un busta di cellofane, occultata all’interno di un casco per motociclisti ancora contenuto nell’apposito cartone, al cui interno vi erano Euro 50.000 ed una scatola contente n. 50 cartucce per pistola calibro 38 special; gli agenti sequestravano anche altre 17 cartucce per focile a pallini calibro 12 rinvenute in un cassetto della scrivania.

-Il PM convalidava il sequestro probatorio con decreto del 28.07.2010 ipotizzando a carico dell’indagato i reati di cui agli artt. 648, 648 bis e 697 c.p..

-Avverso tale provvedimento il Difensore proponeva richiesta di riesame che veniva respinta dal Tribunale di Vibo Valentia con ordinanza del 21.09.2010.

-Ricorre per cassazione il Difensore dell’indagato P.F., deducendo: MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

1)-Con il primo motivo il ricorrente censura l’ordinanza per violazione di legge avendo omesso di rilevare il difetto di motivazione del decreto di convalida del PM; al riguardo lamenta che il decreto sarebbe ripetitivo della formula di legge e difetterebbe dell’indicazione delle finalità concretamente perseguite con il sequestro e delle attività di indagine da svolgere sui beni sequestrati; non sarebbero enunciate le attività di indagine da compiere sulla cartucce e, in specie, sulle banconote;

2)-l’ordinanza sarebbe censurabile anche per avere omesso di indicare gli elementi a sostegno di "fumus commissi delicti" non potendo desumersi il reato di riciclaggio solo dalle modalità di custodia dei beni;

CHIEDE l’annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono palesemente infondati in quanto trascurano di considerare che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Cassazione penale, sez. un. 29/05/2008 n. 25932).

La Giurisprudenza è ferma nel ravvisare la violazione di legge esclusivamente nel caso di radicale mancanza motivazionale del decreto, in ordine al necessaria sussistenza della concreta finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, in tal caso non sanabile con l’integrazione del Tribunale per il riesame del decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come "corpo reato" (Cass. Pen. Sezioni unite del 28 gennaio 2004, n. 5876, Ferrazzi).

Ma il livello di specificità della motivazione del decreto di sequestro disposto o convalidato dal pubblico ministero non può essere irragionevolmente dilatato e sarà maggiore o minore a seconda del grado di minore o maggiore "intrinsecità" giustificativa del sequestro stesso. In tale ultimo caso anche una motivazione essenziale e lapidaria è formalmente valida e nessuna preclusione sarà ravvisabile per una integrazione esplicatrice da parte del tribunale (Cassazione penale, sez. 6 03/10/2007, n. 39371) essendo pacifico in Giurisprudenza che in tema di sequestro probatorio, il giudice del riesame può integrare la motivazione del provvedimento impugnato a condizione che esso contenga, sia pur con incompletezze o lacune, le ragioni giustificative del vincolo sul bene. (Cassazione penale, sez. 2 14/11/2008 n. 47000).

L’ordinanza del Tribunale per il riesame si colloca in tale alveo giurisprudenziale e risulta esente da censure nella parte in cui esclude la radicale inesistenza della motivazione del PM osservando correttamente che la medesima è da ritenersi sufficiente nella parte in cui ha precisato che il sequestro è funzionale "all’accertamento delle relative caratteristiche" delle cartucce e delle banconote sequestrate; del tutto congruamente il Tribunale sottolinea come sia evidente il possibile sviluppo delle indagini e degli accertamenti da effettuare mediante l’osservazione e lo studio di tali oggetti, anche alla luce della circostanza che l’indagato non aveva saputo indicarne in alcun modo la provenienza.

Il ricorrente osserva che tali accertamenti potrebbero essere evidenti per le cartucce ma non anche per le banconote, ma il motivo non coglie nel segno, atteso che nella specie il PM ha ipotizzato l’imputazione di riciclaggio in ordine alla quale, in tema di sequestro probatorio, una somma di denaro può essere definita corpo di reato ove sia proprio quella acquisita attraverso l’attività criminosa. (Cassazione penale, sez. 2 26/02/2009 n. 10475).

Anche il vizio di omessa motivazione sul "fumus" risulta infondato atteso che il Tribunale ha motivato osservando come l’imputazione di ricettazione e riciclaggio viene sostenuta sul piano indiziario, sia dalle modalità di custodia delle banconote e cartucce, custodite in una busta di cellofane all’interno di una confezione per casco di motociclista e, sia dall’assenza di giustificazioni da parte dell’indagato in ordine alla loro provenienza.

E’ noto come la Giurisprudenza di legittimità abbia affermato che la prova in ordine a tali reati può essere utilmente ricavata da qualsiasi elemento e, in particolare, dall’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta. (Cassazione penale, sez. 2, 22/01/2008, n. 5996).

Sulla scorta di tali principi, la verifica del Tribunale del riesame sulle condizioni di legittimità della misura cautelare non deve tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito riguardante la responsabilità della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravita degli stessi.

(Cassazione penale sez. 4 06 novembre 2008 n. 47032).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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