Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-04-2012, n. 5883 Dichiarazione di adottabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale per i minorenni di Palermo, con sentenza del 20 marzo 2009, dichiarò lo stato di adottabilità dei minori C. e R.G., nati rispettivamente il (OMISSIS) e il (OMISSIS), figli naturali del sig. R.M. e della sig.ra D.B.R..

La sentenza fu appellata in primo luogo dalla madre dei minori e successivamente, con separate impugnazioni incidentali, dalla nonna materna, sig.ra D.M.M., e dalla zia materna, sig.ra D. B.M.. Nel giudizio di appello intervenne anche il padre dei minori.

La Corte di Palermo ha anzitutto respinto l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per omessa convocazione della zia materna ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 12, difettando il presupposto dell’obbligo di audizione costituito dal mantenimento di rapporti significativi con i nipoti, rapporti che non erano stati nemmeno allegati. Peraltro – ha aggiunto – nel procedimento di adottabilità la zia non aveva neppure chiesto di essere sentita, risultando solo una richiesta di sua audizione formulata nel procedimento di revoca della potestà, che aveva preceduto quello di adottabilità, dal difensore della madre dei bambini, la quale aveva a sua volta richiesto, senza spiegarne le ragioni, che la zia fosse sentita e autorizzata a far visita ai bambini allorchè erano ospitati in una comunità. Dunque andava anche dichiarato inammissibile l’appello incidentale della sig.ra D.B. M., che per la stessa ragione legittimamente non era stata parte del giudizio di primo grado, onde non era legittimata ad impugnare la relativa sentenza.

La Corte ha inoltre respinto gli appelli della madre e della nonna dei minori, essendo la decisione del Tribunale basata su concreti elementi di fatto emersi nel prolungato periodo di osservazione e diffusamente descritti nella sentenza di primo grado (a sua volta ampiamente riassunta nella sentenza di appello), dai quali era risultata l’assoluta incapacità dei familiari di prendersi cura dei bambini e l’inutilità dei numerosi interventi dei servizi sociali a sostegno del nucleo familiare.

Secondo la Corte distrettuale l’incapacità della madre, con la quale i bambini vivevano, era affiorata clamorosamente sin dal settembre 2004, allorchè il suo primo figlio, D.B.D., di nove anni, nato dalla relazione con un altro uomo, aveva tentato il suicidio lanciandosi da una finestra di casa dopo aver cercato di appiccare il fuoco. La donna riferì in quell’occasione che il bambino soffriva di crisi nervose causate dalla gelosia verso i fratellini. Il personale della Questura intervenuto aveva constatato l’estrema trascuratezza in cui versavano l’appartamento e gli altri due bambini, C. e G., sottolineando l’inadeguatezza della madre che, anzichè consolare e contenere il piccolo D., fomentava la sua gelosia inveendo contro suo padre e affermando che non gli voleva bene e voleva liberarsi di lui per dedicarsi ai figli più piccoli nati dalla relazione con il R..

L’incapacità di accudimento si coglieva inoltre nella totale carenza delle più elementari norme igieniche, ampiamente descritte dagli operatori dei servizi sociali intervenuti nel corso degli anni e mai superata.

Nè poteva lamentarsi la mancanza di sostegno delle strutture sociali, atteso che la madre era stata inserita per due volte – nel 2005 e nel 2007 – in una struttura comunitaria assieme ai piccoli C. e G., senza alcun effetto positivo, e aveva successivamente fatto fallire l’intervento educativo domiciliare con i suoi comportamenti ostruzionistici e screditanti.

L’inaffidabilità e superficialità della D.B. era confermata anche dai repentini cambiamenti di versione circa i propri progetti di vita e di costituzione di un nucleo familiare. Nell’atto di appello, infatti, aveva dichiarato l’intenzione di realizzare quei progetti con il padre del suo primogenito, tale sig. M. A., che l’aveva abbandonata quindici anni prima e si era recentemente rifatto vivo; nel corso dell’audizione davanti alla Corte, invece, aveva dichiarato di progettare di vivere con il padre degli altri due figli, R.M., essendosi con il M. in effetti rivista soltanto per un giorno.

Quanto alla nonna, il lungo periodo di osservazione da parte dei servizi sociali ne aveva messo in evidenza la costante incapacità di comprendere le esigenze dei nipoti e il rifiuto sostanziale di qualsiasi collaborazione con i servizi medesimi. Ne erano conferma il disinteresse dimostrato per le squallide condizioni di vita dei bambini, il comportamento irresponsabile tenuto nei confronti dell’altro nipote D., che viveva con lei, i cui rientri a casa della nonna durante un periodo di inserimento in comunità avevano finito col vanificare il positivo percorso intrapreso dal bambino all’interno della struttura.

Nè il quadro complessivo mutava per l’intervento in giudizio del padre dei due bambini, R.M., già condannato per maltrattamenti e figura sostanzialmente assente, che aveva sempre rifiutato qualsiasi forma di aiuto dei servizi, mantenendo un atteggiamento ambiguo e sfuggente.

Era risultato impossibile, infine, trovare altri familiari in grado di prendersi cura dei bambini, e del resto nessuno di essi aveva con loro rapporti significativi.

La Corte d’appello ha quindi osservato che i minori hanno già subito notevoli danni e vi è il concreto rischio di irrimediabile compromissione del loro sviluppo psicofisico. Evidenti sono sia i pericoli per la loro salute connessi alla trascuratezza e alle carenze igieniche riscontrate, tanto che la piccola G. già presenta carie diffusa, e il fratello C., dopo un intervento chirurgico, era giunto a togliersi da solo i punti della ferita, di cui la madre si era disinteressata, e si era reso necessario ricorrere al pronto soccorso ospedaliero; sia i segnali di disagio psicologico manifestati da C. con un comportamento iperattivo e aggressivo segnalato in più sedi, nonchè dalla sorellina, che analogamente manifestava un comportamento oppositivo e prevaricatore.

E’ significativo – conclude la Corte – che soltanto l’allontanamento dai familiari ha fatto registrare, progressivamente, un miglioramento delle condizioni psicologiche dei minori; onde non può che confermarsi la loro condizione irreversibile di abbandono, legata a situazioni non transitorie ma alla strutturale inadeguatezza dei familiari, verificata in un periodo assai lungo e nel quale erano stati invano tentati svariati interventi di sostegno sociale del nucleo familiare.

Il sig. R.M. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. Le sig.re D.B.R., D.B.M. e D.M.M. hanno proposto controricorso con ricorso incidentale per tre motivi.

Motivi della decisione

1. – I due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, vanno previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. – Con il primo motivo del ricorso principale il sig. R. deduce la nullità del procedimento per essere stata la sentenza di primo grado notificata non a lui personalmente, bensì al suo difensore d’ufficio, con conseguente violazione dell’obbligo di notifica previsto dall’art. 16 (recte: 15) L. n. 184 del 1983, cit., dato che la regola dell’immedesimazione fra difensore e parte vale soltanto per il difensore di fiducia.

2.1. – Il motivo è manifestamente infondato.

In primo luogo, infatti, l’omessa notifica della sentenza di primo grado, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 15, comma 3, non produce alcuna nullità, ma semplicemente il mancato decorso del termine breve per impugnare, di cui al successivo art. 17. Inoltre il difensore d’ufficio del genitore nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità svolge lo stesso ruolo del difensore di fiducia, e non vi è ragione per negare la validità della notifica della sentenza effettuata presso di lui secondo la regola generale dell’art. 170 c.p.c., comma 1. 3. – Con il secondo motivo, denunciando vizi di motivazione, si contesta l’accertamento dello stato di abbandono dei minori.

3.1. – Il motivo è inammissibile perchè le critiche del ricorrente non superano il livello dei puri e semplici apprezzamenti di merito, non ammessi in sede di legittimità. 4. – Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia vizio di motivazione e violazione di norme di diritto. Si deduce la nullità del procedimento per avere il Tribunale per i minorenni omesso di sentire la zia materna, nonostante quest’ultima ne avesse fatto richiesta per il tramite dell’avvocato della madre dei minori e avesse dichiarato di essere interessata e legata ai nipotini, tanto da richiedere di visitarli all’interno della comunità che li ospitava, e nella stessa sentenza si desse atto che aveva "conosciuto personalmente gli operatori dei servizi che avevano in carico i due bambini". Si osserva che la valutazione della sussistenza di rapporti significativi con i minori deve seguire, non precedere, la convocazione dei parenti entro il quarto grado imposta dalla L. n. 184 del 1983, art. 12. 4.1. – Il motivo non può essere accolto.

Va premesso in diritto che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’accertamento dei significativi rapporti fra i parenti entro il quarto grado e il minore – accertamento da svolgersi attraverso le indagini di cui alla L. n. 184 del 1983, art. 10 – rappresenta un prius, non un posterius, rispetto all’audizione dei medesimi parenti prevista dall’art. 12 della stessa legge (Cass. 2863/1998 e successive conformi).

Nella specie la Corte d’appello ha appunto accertato l’insussistenza di siffatti rapporti con la zia materna, e la validità di tale accertamento di fatto non è scalfita dalle osservazioni delle ricorrenti, basate, in definitiva, su circostanze già prese in considerazione dai giudici di appello nell’ambito della valutazione di merito loro spettante in via esclusiva.

5. – Il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale, entrambi rubricati come violazione di legge, hanno per oggetto, rispettivamente, la sussistenza dei presupposti dello stato di abbandono e la valutazione dell’interesse dei minori.

5.1. – I due motivi, tra loro connessi, sono inammissibili perchè, a dispetto delle rubriche, in realtà non contengono l’articolazione di alcuna censura di diritto, bensì critiche di puro merito, inammissibili in questa sede.

6. – I ricorsi vanno in conclusione respinti.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, date le convergenti posizioni delle parti costituite.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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