Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-04-2012, n. 5881 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.M., proprietaria di un fabbricato per civile abitazione con annesso giardino, sito in (OMISSIS), censito al NCEU al foglio 1, mapp. 24 e 68, sottoposto dal Comune a procedura ablativa e definitivamente espropriato con decreto sindacale del 4/5/2007 per la realizzazione di una piazza, evocava in giudizio avanti alla Corte d’appello di Napoli il Comune di Curti, e, premesso di non avere accettato l’indennità provvisoria offertale, pari ad Euro 95.816,14, chiedeva la condanna del Comune alla giusta indennità di esproprio.

Il Comune si costituiva, chiedeva la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., attesa la pendenza di altra controversia promossa dalla R. dinanzi al Tar, per sentire dichiarare l’illegittimità della procedura espropriativa, e nel merito, chiedeva il rigetto della domanda attrice.

In corso di causa, la R. produceva atto di rinuncia al giudizio amministrativo.

La Corte territoriale disponeva C.T.U. per determinare il valore del bene espropriato e l’ammontare dell’indennità dovuta.

Con sentenza 2/7-31/8/2010, la Corte del merito, in accoglimento della domanda dell’attrice, determinava la giusta indennità di espropriazione in Euro 280.684,80, ed ordinava al Comune di depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti la somma pari alla differenza tra l’indennità come determinata e quella offerta, maggiorata degli interessi legali sull’intera somma dovuta, dalla data di emissione del decreto definitivo di esproprio al saldo effettivo,ponendo a carico del Comune le spese del giudizio.

Nello specifico, la Corte riteneva in primis la dubbia ammissibilità dei rilievi alla C.T.U. avanzati dal Comune, atteso che detta parte, nonostante la fissazione di un apposito termine per l’eventuale presentazione di osservazioni alla consulenza, dopo la generica contestazione avanzata all’udienza del 6/3/09, solo in sede di comparsa conclusionale aveva evidenziato i motivi che, a suo dire, rendevano inattendibile la C.T.U., da cui la richiesta di riconvocazione del Consulente.

Detti rilievi, esaminati comunque solo per meglio illustrare le ragioni dell’integrale adesione alle conclusioni peritali, erano, secondo il Giudice del merito, da ritenersi infondati, per le seguenti considerazioni: 1)l’ipoteca iscritta sull’immobile da una banca, a garanzia della restituzione della somma erogata alla R. per la ristrutturazione, non poteva incidere sulla determinazione dell’indennità di esproprio; 2) il C.T.U. aveva indicato analiticamente le fonti di conoscenza sulle quali si era basato, per cui sarebbe spettato al Comune smentire o contestare i dati acquisiti, dimostrando che le Agenzie avevano fornito valori diversi e/o riferiti ad immobili con caratteristiche non similari a quello di causa; 3) non era stata contestata la ristrutturazione dell’immobile nel 2000, il C.T.U. non aveva indicato lavori di restauro, ma di manutenzione straordinaria ed adeguamento igienico funzionale; 4) ai fini della stima, il C.T.U. aveva distinto tra porzione dell’edificio in cui era stata ultimata la ristrutturazione,tenendo conto solo dei lavori effettivamente realizzati, risultanti dai verbali di collaudo e dalle fotografie allegate dall’attrice, e la porzione non terminata, a cui aveva assegnato valore a mq. inferiore del 40%; 5) il valore di Euro 1320 a mq. attribuito alla parte effettivamente restaurata non era riferito a fabbricati d’epoca, bensì, come indicato a p. 19 dell’elaborato, a quello "medio di mercato di immobili di buona qualità e scarsa vetustà", siti nella medesima zona del palazzo di cui è causa; 6) il C.T.U. non aveva attribuito valore pieno alla zona a piano terra costituita da due camere da letto; 7) il mancato completamento dei lavori non rendeva l’immobile inutilizzabile a fini abitativi, nè risultava che il Comune avesse negato la certificazione di abitabilità della zona ristrutturata.

Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione il Comune, sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso R.M..

Il Comune ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1.1- Con il primo motivo, il Comune denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115, 116, 191 e 196 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo.

Secondo il Comune, non è allegata alla C.T.U. nè è richiamata nella stessa alcuna documentazione, atta a dimostrare la fondatezza dei valori ritenuti dal Consulente; nello specifico, il C.T.U. non ha documentato l’interrogazione delle banche dati con riferimento ad immobile con caratteristiche simili a quello di cui è causa, nè il riscontro da parte delle Agenzie immobiliari delle richieste in merito ad immobili simili, e tanto sarebbe in tesi sufficiente a far ritenere inesistente l’attività di indagine del Consulente, in quanto non documentata.

Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte del merito, nel ritenere onerato il Comune della prova della inaffidabilità dei dati forniti dal C.T.U., ha invertito l’onere della prova, e ciò è tanto più inammissibile se si considera che la Corte ha dato valore di prova alla C.T.U..

1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione ed omessa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2;

erronea, omessa ed insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, per non avere la Corte operato la decurtazione del 25%, vista la natura economico-sociale dell’intervento.

2.1.- Il primo motivo, in ambedue le censure fatte valere, deve ritenersi infondato.

Con il motivo in esame, il Comune si duole dell’avere la Corte del merito ritenuto sufficiente l’indicazione da parte del C.T.U. delle fonti di conoscenza poste a base della stima (e nello specifico, l’Osservatorio del Mercato Immobiliare, le Agenzie operanti sul territorio quali Frimm, Euro Immobiliare, Dierre, ecc.), e dell’avere ritenuto che spettasse al Comune contestare o smentire i dati acquisiti.

Ciò posto, va rilevato che secondo l’indirizzo affermato, tra le ultime, nelle pronunce 13686/2001, 3105/2004, 13428/07, rientra nel potere del consulente tecnico d’ufficio attingere "aliunde" notizie e dati non rilevabili dagli atti processuali, e concernenti fatti e situazioni formanti oggetto del suo accertamento, quando ciò sia necessario per espletare convenientemente il suo incarico; dette indagini, quando ne sia indicata la fonte, in modo che le parti siano messe in grado di effettuarne il dovuto controllo, possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice.

Ed in applicazione di detto principio, la recente pronuncia 1901/2010 ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che, in tema di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, aveva utilizzato, ai fini della determinazione del valore dei beni espropriati, i dati emergenti dalla relazione del consulente tecnico di ufficio, che, nell’ambito del metodo sintetico-comparativo usato, non aveva indicato gli atti utilizzati per la comparazione, basata solamente sull’esperienza personale del consulente.

E’ di piana evidenza la diversità del caso di specie rispetto alla fattispecie valutata da detta ultima pronuncia, così come della sentenza 19590/2008 indicata dal Comune in ricorso, che si è pronunciata nel caso in cui la Corte del merito aveva disatteso la valutazione del C.T.U., aderendo senza argomentare, alle conclusioni del C.T. del Comune.

La Corte del merito ha reso applicazione del principio sopra riportato, dandone compiuta ed articolata motivazione, da cui l’insussistenza altresì del vizio motivazionale denunciato.

2.2.- Il secondo motivo è infondato, atteso che la normativa di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, che ha modificato il d.p.r. 327/2001, secondo l’orientamento del S.c. (vedi le pronunce 5265/2008 e 28431/08, tra le tante) deve ritenersi applicabile solo per quelle fattispecie per le quali si applichi il D.P.R. n. 327 del 2001, e pertanto, fissata la data di entrata in vigore di detto T.U., in forza della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 302 del 2002, al 30 giugno 2003, ne consegue la non applicazione di detta normativa alle fattispecie in cui la dichiarazione di pubblica utilità è intervenuta prima dell’entrata in vigore del T.U. del 2001, come nel caso di specie, in cui risulta effettuata ai sensi della L. n. 1 del 1978, art. 1, con la Delib. Giunta Comunale n. 130 del 2001, di approvazione del progetto esecutivo dell’opera pubblica, da cui l’applicabilità del criterio del valore venale di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 39. 3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il Comune di Curti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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