Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-04-2012, n. 5874 Fusione, concentrazione ed incorporazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La Fiscambi Leasing S.p.a. propose due distinte opposizioni allo stato passivo del fallimento della Calò Vito e Figlio S.n.c., rivendicando da un lato la proprietà di un motocompressore concesso in locazione finanziaria alla società fallita, e chiedendo dall’altro l’ammissione al passivo di un credito di Lire 46.993.716 per canoni insoluti ed interessi di mora.

1.1. – Con sentenze emesse il 27 gennaio 2004, il Tribunale di Trani rigettò entrambe le domande.

2. – Le sentenze, separatamente impugnale dall’Intesa Leasing S.p.a.. sono state riformate dalla Corte d’Appello di Bari, che con sentenza del 12 ottobre 2005, riuniti gli appelli, ha accolto la domanda di revindica ed ha ammesso al passivo in via chirografaria il credito dell’appellante, nella misura di Euro 7.862,46, oltre interessi legali dalle singole scadenze dei canoni fino alla dichiarazione di fallimento.

A fondamento della decisione, la Corte ha rilevato innanzitutto la tardività dell’eccezione di difetto di legittimazione dell’appellante, sollevata dall’appellato soltanto in comparsa conclusionale, osservando comunque che l’Intesa Leasing aveva fornito la prova della propria legittimazione all’impugnazione, avendo dimostrato di essersi resa cessionaria dei credili relativi a contratti di locazione finanziaria vantati dalla Fiscambi Locazioni Finanziarie S.p.a., la quale aveva incorporato la Fiscambi Leasing S.p.a., a sua volta fusasi per incorporazione con la Fiscambi Leasing Sud S.p.a.. già P. Leasing – Società di Banche Pugliesi per il Leasing S.p.a., originaria titolare del credito vantato nei confronti del fallimento.

Premesso inoltre che a fondamento della domanda era stata fatta valere la locazione finanziaria di un motocompressore e di un gruppo elettrogeno, ha rilevato che l’opponente aveva dimostrato con atti aventi data certa la proprietà dei beni e l’avvenuta concessione in godimento all’utilizzatrice, avendo prodotto la fattura d’acquisto ed un estratto notarile del libro acquisti della P. Leasing, nonchè la scrittura privata di leasing, sottoscritta dalle parti, recante sul retro un timbro postale. Ha aggiunto che la data della stipulazione era comprovata dalla detrazione dell’acconto corrisposto dalla società fallita nella fattura d’acquisto e dal rilascio di una corrispondente fattura in favore della stessa da parte della P. Leasing, dal richiamo del contratto e delle condizioni generali nella prima fattura e dalla registrazione di entrambe le fatture nei libri contabili della P. Leasing, dai verbali di consegna e di collaudo dei beni e dalla successiva denuncia di furto del gruppo elettrogeno. Ha ritenuto infine irrilevante la divergenza tra la data di sottoscrizione della scrittura e quella del timbro postale, evidenziando l’anteriorità di entrambe le date alla consegna dei beni ed alla dichiarazione di fallimento della società.

Ciò posto, la Corte ha qualificalo il contratto come leasing di godimento, osservando che, avuto riguardo all’usura ed all’obsolescenza tecnologica, il valore commerciale dei beni alla scadenza del periodo concordato (48 mesi) sarebbe risultato assai scarso, mentre la superiorità dell’importo complessivo dei canoni pattuiti (Lire 63.967.000) rispetto al prezzo di acquisto dei beni (Lire 47.000.000 oltre IVA) era giustificata dall’inclusione nei canoni degl’interessi dovuti per la dilazione di pagamento e dell’utile finanziario spettante alla concedente. Ha infine rilevato che, in occasione del furto del gruppo elettrogeno, il curatore aveva consegnato alla concedente la quietanza di pagamento dell’indennizzo versato dall’assicurazione, in tal modo confermando che il bene era stato concesso soltanto in uso alla società fallita.

La Corte ha pertanto riconosciuto all’appellante la proprietà de motocompressore ed il diritto al pagamento dei canoni maturati fino alla dichiarazione di fallimento per l’utilizzazione dello stesso, e fino alla data del furto per l’uso del gruppo elettrogeno, detratta la somma iniziale pagata dalla società fallita e l’importo di uno dei canoni, anch’esso pagato.

3. – Avverso la predetta sentenza il curatore ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria.

Resiste l’Intesa Leasing con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 274, 335 e 335 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la riunione degli appelli, aventi ad oggetto sentenze diverse, senza che la connessione fosse stata rilevata dalle parti o dalla stessa Corte d’Appello nel corso della trattazione, con conseguente lesione del contraddittorio e del diritto di difesa.

1.1. – Il motivo è infondato.

La riunione delle impugnazioni può essere disposta anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., e costituisce un provvedimento di natura ordinatoria, rimesso alla valutazione discrezionale del giudice, che può quindi essere adottato anche con la sentenza che decide le cause nel merito (cfr. Cass., Sez. 5, 31 marzo 2010, n. 7828; Cass., Sez. 3, 14 giugno 1988. n. 4033). Essa, mentre è obbligatoria nel caso in cui le impugnazioni investano la medesima sentenza, può essere facoltativamente disposta se esse siano proposte contro sentenze diverse pronunciate fra le medesime parti, per ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia; l’art. 335 cit. e l’art. 151 disp. att. cod. proc. civ., che, in presenza di cause specificamente ritenute idonee a giustificare la trattazione congiunta, impongono la riunione di procedimenti formalmente distinti in fase d’impugnazione, costituiscono infatti espressione di un principio generale, secondo cui il giudice può ordinare la riunione di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ogni qualvolta ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (cfr. Cass., Sez. Un., 4 agosto 2010, n. 18050; 13 settembre 2005, n. 18125; Cass. Sez. 2, 17 giugno 2008, n. 16045).

2. – E’ altresì infondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 182 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, osservando che la Corte d’Appello ha omesso di provvedere alla sanatoria del difetto di legittimazione dell’appellante, eccepito fin dalla comparsa di costituzione e comunque rilevabile anche d’ufficio, essendosi limitata a desumere la legittimazione dell’Intesa Leasing dalle mere affermazioni dell’appellante, inidonee a fornire la prova della successione di quest’ultima alla Fiscambi Leasing. 2.1. – Pur ritenendo tardiva l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dal curatore, la Corte d’Appello l’ha infatti esaminata nel merito, rilevando che fin dal giudizio di primo grado il difensore dell’opponente aveva riferito dell’avvenuta incorporazione della Fiscambi Leasing Sud (già P. Leasing), originaria titolare del credito, da parte della Fiscambi Leasing, che aveva proposto le opposizioni allo stato passivo, ed aggiungendo che nel corso del giudizio quest’ultima società era stata a sua volta incorporata dalla Fiscambi Locazioni Finanziarie, la quale, con atto di scissione parziale del 28 dicembre 1998, aveva trasferito all’Intesa Leasing tutti i crediti derivanti dai contratti di locazione finanziaria stipulati dalle società incorporate.

Questa Corte ha ritenuto che. nella disciplina dettata dagli artt. 2504-septies e ss. cod. civ. (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in quanto introdotta dal D.Lgs. 16 gennaio 1991, n. 22, in attuazione della 6 direttiva n. 82/891/CEE del 17 dicembre 1982, e sostituita con effetto dal 1 gennaio 2004 da quella dettata dagli artt. 2506 e ss., introdotti dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6). La scissione parziale di una società, consistente nel trasferimento di parte del suo patrimonio a una o più società, preesistenti o di nuova costituzione, contro l’assegnazione delle azioni o delle quote di queste ultime ai soci della società scissa, si traduca in una fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l’acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio, non risultando una siffatta vicenda incompatibile con la configurabilità di una modificazione statutaria (cir. Cass.. Sez. lav., 6 ottobre 1998, n. 9897). Sul piano processuale, il trasferimento in questione, che non determina l’estinzione della società scissa ed il subingresso di quella risultante dalla scissione nella totalità dei rapporti giuridici della prima, si configura come una successione a titolo particolare nel diritto controverso, che, ove intervenga nel corso del giudizio, comporta l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 111 cod. proc. civ., con la conseguente facoltà del successore di spiegare intervento nel giudizio e d’impugnare la sentenza eventualmente pronunciata nei confronti del dante causa. Trova pertanto applicazione l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il soggetto che abbia proposto l’impugnazione in qualità di successore a titolo particolare di colui che era stato parte nel precedente grado di giudizio è tenuto non solo ad allegare la propria qualità, ma deve fornire anche la prova delle circostanze che costituiscono i presupposti della sua legittimazione ad impugnare la sentenza emessa nei confronti del dante causa, mediante riscontri documentali la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio, è rilevabile anche d’ufficio (cfr. Cass.. Sez. Un., 18 maggio 2006, n. 11650; Cass., Sez. 1^ 21 ottobre 1997, n. 10327; 7 marzo 1996, n. 1815).

Tale prova nella specie non è stata affatto desunta dalle mere allegazioni dell’appellante, avendo la Corte d’Appello rilevato che l’Intesa Leasing aveva prodotto, a dimostrazione della propria qualità di successore nella titolarità dei crediti fatti valere nel giudizio, l’atto di incorporazione della Fiscambi Leasing da parte della Fiscambi Locazioni Finanziarie e quello di scissione parziale di quest’ultima società, da cui derivava la legittimazione dell’appellante ad impugnare la sentenza emessa nei confronti della prima. Superfluo sarebbe risultalo pertanto l’esercizio dei poteri di cui all’art. 182 c.p.c., comma 1, nella specie peraltro non ammissibile, dal momento che tale disposizione, oltre a non riferirsi alle ipotesi di difetto di legitimatio ad causarti, rimette alla discrezionalità del giudice l’utilizzazione dei predetti poteri, comunque non esercitabili in sede di decisione.

3. – Con il terzo, complesso motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 621 cod. proc. civ., dell’art. 45 legge fall., e degli artt. 1523, 1526, 2704, 2709 e 2710 cod. civ., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnala nella parte in cui ha ritenuto sufficienti, ai fini della prova della proprietà dei beni, le fatture relative all’acquisto ed al pagamento dell’acconto, provenienti da terzi estranei al procedimento, e gli estratti autentici delle scritture contabili della concedente, aventi efficacia di prova solo nei rapporti tra imprenditori e formati in epoca successiva al fallimento, nonchè i verbali di consegna e collaudo, privi di data certa.

Quanto alla prova della concessione in godimento, premesso che la Corte d’Appello ha omesso d’indicare le norme che consentono di ricollegare la certezza della data all’apposizione del timbro postale, la cui efficacia dev’essere valutata in concreto, trattandosi di atto compiuto nell’esercizio di una funzione diversa da quella tipica delle Poste, osserva che l’apposizione del timbro non prova l’avvenuta compilazione del documento nel medesimo giorno.

Il ricorrente contesta inoltre la qualificazione del contratto come leasing di godimento, osservando che la Corte d’Appello non ha tenuto conto della durata notoriamente lunga del periodo di utilizzazione ed obsolescenza dei beni concessi in uso. nè della rilevante superiorità dell’importo complessivo dei canoni rispetto al prezzo di acquisto dei beni, nè infine dell’esiguità del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione di acquisto alla scadenza, ed ha conferito rilievo alla consegna della quietanza di pagamento dell’indennizzo assicurativo alla concedente, senza considerare che quest’ultima avrebbe conservato il diritto di proprietà sui beni fino al pagamento dell’ultima rata ed all’esercizio dell’opzione di acquisto.

3.1. – Le censure sono infondate.

Poichè la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all’esecuzione, regolate per l’esecuzione individuale dagli artt. 619 e ss. cod. proc. civ. Pertanto, il terzo che rivendichi la proprietà o altro diritto reale sui beni compresi nell’attivo fallimentare deve dimostrare, con atto di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, da un lato di avere acquistato in passato la proprietà del bene, dall’altro che il bene stesso non era di proprietà del debitore per essere stato a lui affidato per un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale, trovando applicazione l’art. 621 cod. proc. civ., il quale esclude che il terzo opponente possa provare con testimoni (e quindi anche per presunzioni) il proprio diritto sui beni pignorati nell’azienda o nella casa del debitore, e consente di fornire la prova tramite testimoni (o presunzioni) nel solo caso in cui l’esercizio del diritto stesso sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore (cfr. Cass. Sez. 1, 20 luglio 2007, n. 16158; 9 luglio 2004, n. 12684).

La Corte d’Appello ha ritenuto di poter ravvisare la prova del diritto di proprietà vantato dall’opponente sul macchinario rivendicato nella fattura di acquisto dello stesso e nell’estratto notarile del libro degli acquisti della P. Leasing, non avendo fatto alcun riferimento, a tal fine, anche ai verbali di consegna e collaudo ed alla fattura di vendita, prese in considerazione solo ai fini della prova della concessione in godimento. Non meritano consenso, al riguardo le critiche mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata, dal momento che la provenienza della fattura di acquisto da un soggetto estraneo al giudizio e la sua inerenza ad un rapporto diverso da quello in questione appaiono connaturate allo stesso oggetto della prova che il creditore ha l’onere di fornire ai fini della rivendicazione, consistente nella specie nell’acquisto presso un terzo del macchinario concesso in godimento alla società fallita.

L’annotazione della fattura nel registro degli acquisti dell’imprenditore costituisce poi circostanza idonea ad attribuire al documento data certa, tale idoneità discendendo non dalla mera annotazione nel libro contabile, ma dalla vidimazione del pubblico ufficiale anteriore alla dichiarazione di fallimento e dalla sua attestazione circa la tenuta dei libri a norma di legge, ossia da un fatto estrinseco all’annotazione, autonomamente idoneo a provare, nella prospettiva dell’art. 2704 cit., l’anteriorità dell’annotazione stessa alla data di chiusura dei registri. e quindi alla data di apertura della procedura concorsuale (cfr. Cass., Sez. 1, 26 maggio 1997. n. 4646; 27 gennaio 1993. n. 1016).

Quanto alla prova della concessione in godimento, premesso che la Corte d’Appello ha ritenuto certa la data della relativa scrittura sulla base di una pluralità di elementi, uno solo dei quali costituito dal timbro postale apposto sul retro, e sufficiente richiamare il principio enunciato da questa Corte, secondo cui il timbro postale è idoneo a conferire carattere di certezza alla data di una scrittura tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio sul quale esso risulti apposto, poichè la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita. Tale principio è applicabile anche nell’ipotesi in cui il timbro postale di annullo del francobollo sia, come nella specie, quello contemplato dal D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 41, lett. b), (abrogato dal D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261), riguardante la corrispondenza cd. "a corso particolare", giacchè entrambe le timbrature provengono da dipendenti dell’Amministrazione postale, con pari garanzia di autenticità. Pertanto, spetta eventualmente al terzo, il quale contesti la certezza della data, l’onere di fornire la prova specifica del fatto anomalo della redazione del contenuto della scrittura in un momento diverso dalla data così accertata (cfr.

Cass., Sez. 1, 19 marzo 2004, n. 5561; Cass., Sez. 3, 16 febbraio 1991, n. 1623).

In ogni caso, la possibilità che un fatto o di un atto sia considerato equipollente ai fatti tipici indicati dall’art. 2704 cod. civ. come idonei ad offrire certezza sull’anteriorità della formazione del documento costituisce oggetto di un apprezzamento rimesso al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se sor-retto da motivazione adeguata sotto il profilo logico- giuridico (cfr. Cass. Sez. 3, 23 febbraio 2006. n. 3999).

3.2. – In ordine alla qualificazione del contratto, la sentenza impugnata ha fatto correttamente applicazione del criterio enunciato da questa Corte, secondo cui, ai fini della riconducibilità alla figura del leasing traslativo di un contratto avente ad oggetto l’utilizzazione di beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione di acquisto e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo, ciò che rileva, indipendentemente dalla circostanza che concedente sia il produttore del bene ovvero un imprenditore che l’acquisti per porlo a disposizione dell’utilizzatore, è se la durata del contratto sia predeterminata solo in funzione dell’ulteriore differito trasferimento del bene e della rateizzazione del prezzo d’acquisto, ovvero se il godimento temporaneo da parte dell’utilizzatore esaurisca la l’unzione economica del bene, configurandosi in quest’ultimo caso la fattispecie come leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento ed avente ad oggetto l’utilizzazione di beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto, a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi (cfr, Cass. Sez. 3, 28 agosto 2007, n. 18195; 14 novembre 2006, n. 24214; Cass. Sez. 1, 23 maggio 2008, n. 13418; 7 febbraio 2001, n. 1715).

Il ricorrente contesta la qualificazione attribuita al contratto, lamentando l’omessa considerazione di una pluralità di elementi dei quali invece la Corte d’Appello ha tenuto opportunamente conto, avendo confrontato la durata de rapporto pattuita dalle parti con la vita tecnologica dei macchinali ed il prezzo pagato per l’acquisto con il corrispettivo della locazione finanziaria, inclusivo degl’interessi dovuti per la dilazione di pagamento e dell’utile finanziario spettante alla concedente, per desumerne l’esclusiva funzione di finanziamento del contratto, rispetto alla quale il riconoscimento alla concessionaria della facoltà di acquistare il bene alla scadenza rivestiva carattere assolutamente marginale.

Secondario, e quindi ininfluente rispetto a tale ricostruzione, appare il rilievo dell’avvenuta percezione da parte della concessionaria dell’indennità di assicurazione pagata a seguito del furto del gruppo elettrogeno, alla quale la Corte d’Appello ha attribuito il valore di riconoscimento della proprietà del macchinario da parte dell’utilizzatrice, senza considerare che anche nel leasing traslativo la proprietà del bene si trasferisce soltanto per effetto dell’esercizio dell’opzione di acquisto alla scadenza, e senza accertare se il predetto pagamento dipendesse dall’inserimento nel contratto di assicurazione della cd. appendice di vincolo, che non fa assumere al finanziatore la qualità di assicurato (cfr.

Cass., Sez. 3, 26 ottobre 2004. n. 20743). Quanto alla durata notoriamente più lunga del periodo di obsolescenza dei macchinari. asseritamente non considerata dalla Corte d’Appello, le critiche mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata trascurano che il ricorso al fatto notorio costituisce oggetto di un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo, non è sindacabile in sede di legittimità, non essendo il giudice tenuto ad indicare gli elementi sui quali la determinazione si fonda, ma essendo censurabile soltanto l’assunzione, a base della decisione, di un’inesatta nozione del notorio (cfr. Cass., Sez. 3, 18 luglio 2011, n. 15715; 29 aprile 2005, n. 9001; Cass., Sez. lav. 20 maggio 2009, n. 11729).

Non può infine condividersi l’affermazione del ricorrente, secondo cui l’art. 1526 cod. civ. trova applicazione anche al leasing di godimento, ogni qualvolta all’utilizzatore sia attribuita la facoltà di acquistare la proprietà del bene alla scadenza: ciò che legittima l’applicazione in via analogica della predetta disposizione al leasing traslativo è la circostanza che in quest’ultimo contratto i canoni corrisposti dall’utilizzatore scontano anche una parte del prezzo di acquisto dei beni, in quanto l’importo pattuito per l’esercizio della relativa opzione è inferiore al valore residuo dei beni alla scadenza del contratto. E’ tale circostanza, infatti, ad imporre, in caso di risoluzione anticipata del rapporto, la restituzione delle rate riscosse, la cui conservazione da parte del concedente risulterebbe priva di giustificazione causale, in ragione dell’impossibilità di pervenire al trasferimento della proprietà. fermo restando il diritto all’equo compenso per l’uso del bene.

L’applicazione della disciplina relativa alla vendita con riserva della proprietà risulterebbe dunque ingiustificata con riferimento al leasing di godimento, nel quale i canoni rappresentano esclusivamente il corrispettivo dovuto per l’utilizzazione, rispetto alla quale l’esercizio dell’opzione di acquisto costituisce una mera eventualità, subordinata al pagamento di un importo pari al valore residuo del bene alla scadenza.

4. – Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna il Fallimento della Calò Vito e Figlio S.n.c. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, ivi compresi Euro 3.000.00 per onorario ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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