Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 25-10-2011, n. 38740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20.06.2008 il Tribunale di Lecce – Sezione distaccata di Trifase – ha ritenuto P.A. e A. D.C. responsabili del reato di tentato furto aggravato per essersi impossessati in data 10.08.1998 dell’autovettura Lancia Thema di proprietà di Z.L. e dell’autovettura Alfa Romeo 156 di proprietà di T.A., con le aggravanti di aver commesso il fatto con violenza sulle cose e su cose esposte per necessità e/o consuetudine alla pubblica fede e li ha condannati alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separata sede.

Avverso tale decisione hanno proposto appello gli imputati a mezzo dei loro difensori. La Corte di Appello di Lecce, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 22.06.2009, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava gli imputati al pagamento delle spese del grado.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce P. A., a mezzo del suo difensore, e A.D.C. personalmente proponevano distinti ricorsi per Cassazione e concludevano chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.

In particolare P.A. lamentava: 1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Violazione dell’art. 553 c.p.p., comma 1 in relazione all’art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 546 c.p.p., comma 1, lett. d), art. 530 c.p.p., comma 2, art. 111 Cost., comma 6. Secondo il P. la Corte di appello avrebbe dovuto assolverlo per non avere commesso il fatto, non essendo stata raggiunta la prova della sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Nella fattispecie che ci occupa, secondo il ricorrente, sarebbero emerse delle discordanze nelle dichiarazioni dei testi agenti R. e S. che minano l’assunto accusatorio secondo cui il P. sarebbe stato presente presso il distributore di carburanti Agip di Casarano, ove sarebbe giunto a bordo dell’autoveicolo Lancia Thema, per salire poi, unitamente all’imputato A., a bordo dell’autovettura Fiat uno di sua proprietà. 2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione agli artt. 625 e 157 c.p. e L. 5 dicembre 2005, n. 251 per essere i reati estinti per prescrizione. Secondo il ricorrente il giudice di merito ha voluto escludere la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, come si può chiaramente desumere dalla lettura della sentenza di primo grado, essendo invece irrilevante, trattandosi di un mero "lapsus calami", la circostanza che il giudice nel dispositivo abbia dichiarato gli imputati A. e P. colpevoli dell’imputazione loro ascritta. Essendo stata ritenuta provata quindi una sola circostanza aggravante, il termine di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei dalla data di commissione del fatto deve ritenersi decorso ancor prima della sentenza di primo grado, emessa in data 20 giugno 2008, anche se si tiene conto del periodo di sospensione menzionato in sentenza pari ad anni 2 e giorni 15.

A.D.C. lamentava:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e) in relazione agli artt. 191, 197 e 192 c.p.p.. Secondo il ricorrente la Corte di appello erroneamente aveva ritenuto sussistente la sua responsabilità in ordine al reato ascrittogli, nonostante avesse riconosciuto l’esistenza di discrasie nel narrato dei testi ritenute superabili in considerazione della lontananza nel tempo rispetto ai fatti. La sentenza impugnata era inoltre censurabile laddove gli aveva negato le circostanze attenuanti generiche facendo ricorso a mere formule di stile. Infine, avendo il giudice di primo grado ritenuto insussistente nella parte motiva l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., comma 2 e vertendosi quindi nell’ipotesi di furto semplice di cui all’art. 624 c.p., doveva essere applicata la causa estintiva del reato per intervenuta prescrizione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Nella motivazione della sentenza di primo grado, a pagina 3, si legge infatti testualmente: ritenuta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 7, (posto che viceversa appare indimostrata quella relativa al n. 2), atteso che le autovetture oggetto dì furto erano evidentemente parcheggiate in luogo pubblico e facilmente accessibile, sussistono a parere di chi scrive elementi di giudizio che permettono ragionevolmente di fondare una pronuncia di penale responsabilità nei confronti dell’ A. e del P.". In contrasto con quanto affermato in motivazione, secondo cui non è stata ritenuta provata dalla istruttoria dibattimentale l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2), la sentenza di cui sopra dichiara, nel dispositivo, A. e P. colpevoli della imputazione loro ascritta. Ci troviamo quindi in presenza di un contrasto tra motivazione e dispositivo.

Sul punto si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass., Sez. 1, Sent. n. 37536 del 7.10.2010, Rv. 248543; Cass., sez. 4, sent. n. 40796 del 18.09.2008, Rv. 241472; Cass., Sez. 4, Sent. n. 27976 del 24.06.2008, Rv. 240379), che ha condivisibilmente ritenuto che l’eventuale divergenza tra dispositivo e motivazione della sentenza non può essere sempre risolta ricorrendo al criterio della prevalenza del primo sulla seconda, atteso che la motivazione conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni per cui il giudice è pervenuto alla decisione e pertanto ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso.

Nella fattispecie che ci occupa, non essendo stata provata nel corso dell’istruttoria dibattimentale la sussistenza della contestata aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2 (come si legge nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado), è evidente che il giudice non potesse affermare la penale responsabilità degli imputati anche con riferimento a detta circostanza. E la sua volontà di escludere la responsabilità degli imputati con riferimento alla contestata aggravante è provata dalla pena irrogata. La pena di anni uno di reclusione ed Euro 300,00 di multa, infatti,è quella prevista nel minimo per la violazione dell’art. 625 c.p., comma 1, dal momento che, qualora il giudice avesse ritenuto di dover applicare la pena prevista dall’art. 625 c.p., u.c., la sanzione minima prevista dalla norma sarebbe stata nel minimo pari ad anni tre di reclusione.

Pertanto, essendo stata ritenuta provata soltanto una circostanza aggravante, e non essendo stata contestata agli imputati la recidiva, il termine massimo di prescrizione è da ritenersi pari ad anni 7 e mesi 6 dalla data di commissione del reato.

Essendo lo stesso stato commesso in data 10 agosto 1998 ed essendo intervenuto un periodo di sospensione pari ad anni 2 e giorni 15, la prescrizione risulta maturata in data 25 febbraio 2008, in epoca precedente alla sentenza del giudice di primo grado.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio perchè estinto il reato per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè estinto il reato per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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