Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 25-10-2011, n. 38738 Giudizio d’appello sentenza d’appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Treviso in composizione monocratica, con sentenza del 16.12.2009, dichiarava N.J. responsabile del delitto a lei ascritto e la condannava, concesse le circostanze attenuanti generiche, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Dichiarava l’imputata interdetta per cinque anni dai Pubblici uffici e disponeva altresì la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro.

A N.J. era stato contestato il delitto di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè, previo concerto ed in accordo con O.F.O., illecitamente deteneva a fine diverso dall’uso personale, presso l’abitazione grammi 66,970 netti di sostanza stupefacente del tipo cocaina, suddivisa in 5 ovuli.

Avverso la sopra indicata sentenza l’imputata proponeva appello a mezzo del suo difensore. La Corte di appello di Venezia, con sentenza datata 21.09.2010, oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado.

Avverso tale sentenza N.J. personalmente proponeva ricorso per cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento per il seguente motivo: violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in quanto, a fronte di specifici e dettagliati motivi di impugnazione, la Corte territoriale si era limitata a trincerarsi dietro la facoltà di ricorrere ad una motivazione per relationem senza rispondere alle argomentazioni della difesa.

Motivi della decisione

Il ricorso proposto da N.J. è infondato. L’imputata aveva proposto appello avverso la sentenza emessa dal giudice di primo grado e aveva lamentato la erronea valutazione da parte del giudice degli elementi che avrebbero dimostrato la sua colpevolezza in ordine al reato ascrittole.

Tanto premesso si osserva che la Corte di appello di Venezia, pur in maniera sintetica, non si è limitata ad una motivazione "per relationem", ma ha risposto alle argomentazioni della difesa, evidenziando che la responsabilità dell’imputata si desumeva dal fatto che la stessa era stata vista dagli agenti operanti nel tentativo di nascondere la droga e che, sulla base di quanto percepito dagli agenti, l’odierna ricorrente aveva anzi svolto il ruolo principale nella codetenzione della droga.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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