Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5857

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 44/9/11, depositata il 10.3.11 e notificata il 19.4.11, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia accoglieva l’appello proposto dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla Picena Sport di Colella Catia & C. s.n.c. nei confronti del silenzio rifiuto e del diniego espresso opposti dall’amministrazione all’istanza della contribuente, relativa al recupero di versamenti, asseritamente indebiti per duplicazione, effettuati a titolo di imposta unica per la raccolta di scommesse ippiche e sportive, ex D.Lgs. n. 504 del 1998, per l’anno 2001. 2. La CTR riteneva, invero, che – per effetto della L. n. 27 del 2003, di conversione del D.L. n. 282 del 2002 – il condono richiesto dalla Picena Sport s.n.c., L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, poi abrogata dalla predetta L. n. 27 del 2003, fosse stato posto nel nulla, e che i versamenti già effettuati – poi reiterati a seguito del nuovo condono ex della L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5 – fossero stati correttamente computati dall’amministrazione in diminuzione del debito maturato dalla contribuente nel periodo di imposta 2000/2002, ovvero come acconti dell’imposta dovuta.

3. Avverso la sentenza n. 44/9/11 ha proposto ricorso per cassazione la Picena Sport di Colella Catia & C. s.n.c. affidato a due motivi, ai quali l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso, con il quale è stato, altresì, proposto ricorso incidentale condizionato all’accoglimento del ricorso principale.

Motivi della decisione

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso – che per la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente – la società ricorrente deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 1, 3 e 10, nonchè della L. n. 400 del 1988, art. 15, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 1.1. Il giudice di appello avrebbe, invero, erroneamente ritenuto invalido ed inefficace il condono della L. n. 289 del 2002, ex art. 8, ancorchè già definito dalla contribuente prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, che ha abrogato la disposizione suindicata, e – di conseguenza – avrebbe del tutto immotivatamente ed illegittimamente ritenuto giustificato il diniego di rimborso ed il silenzio rifiuto, opposti dall’amministrazione all’istanza di restituzione proposta dalla società quest’ultima aveva, per vero, provveduto ad effettuare – dopo l’abrogazione della normativa condonale del 2002 -un ulteriore versamento, ai sensi del D.L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5, convertito in L. n. 200 del 2003; versamento che – tenuto conto di quello già effettuato in forza della L. n. 289 del 2002, ritenuto, peraltro, valido anche dalla CTP – avrebbe dovuto essere considerato un indebito dalla sentenza impugnata per cassazione.

2. Il ricorso è infondato e va, pertanto, disatteso.

2.1. Deve, invero, osservarsi, al riguardo, che – in forza del disposto della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2 – i concessionari del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la raccolta ed accettazione delle scommesse ippiche avevano avuto, in forza della norma summenzionata, la possibilità di definire le loro situazioni debitorie, derivanti dalla necessità di versare all’Erario gli importi relativi all’imposta unica ex D.Lgs. n. 504 del 1998, mediante il versamento di un importo pari al 20% delle imposte non versate. E tuttavia, in tale quota era stato ricompreso, dei tutto ingiustificatamente, anche l’importo dovuto all’amministrazione finanziaria dai concessionari a titolo di imposta unica corrisposta dagli scommettitori, per la quale i concessionari medesimi avrebbero dovuto configurarsi come meri sostituti di imposta.

Ebbene, è di chiara evidenza che la normativa condonale in questione aveva finito col determinare un indebito arricchimento dei gestori delle scommesse, ai quali era stata, difatti, offerta la possibilità di corrispondere all’amministrazione finanziaria soltanto una quota dell’imposta pagata dagli scommettitori in percentuale alle giocate effettuate; imposta che avrebbe dovuto essere, invece, versata per intero allo Stato dai concessionari, che – in definitiva – venivano a rivestire, di fatto, una funzione analoga a quella dei sostituti di imposta.

2.2. Il legislatore, pertanto, verificate le incongruenze suindicate nel regime del condono ex 1. 289/02, con il D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, introdotto con la Legge di Conversione n. 27 del 2003, aveva abrogato la L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, "con effetto dal 1 gennaio 2003", disponendo, altresì, che i versamenti effettuati sulla base della norma abrogata fossero restituiti ai contribuenti, ovvero trattenuti dall’amministrazione, anche in acconto, qualora i relativi importi fossero dovuti ad altro titolo. A tale disposizione faceva seguito un nuovo intervento in materia, operato con il D.L. n. 147 del 2003, art. 8, commi da 5 a 9, convertito in L. n. 200 del 2003, con il quale veniva stabilito che l’importo a titolo di imposta unica fosse dovuto per intero, seppure con possibilità di rateizzazione, con abbattimento degli interessi moratori e delle sanzioni per ritardato pagamento, nonchè con l’ulteriore abbattimento al 33,33% dei debiti per minimo garantito, non considerati nel condono precedente.

Seguivano, poi, ulteriori, successivi, provvedimenti agevolativi, in forza del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, convertito in L. n. 326 del 2003, e della L. n. 350 del 2003, art. 4. 2.3. Orbene, assume la società ricorrente che, avendo adempiuto a tutte le condizioni previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, prima dell’abrogazione della norma da parte della L. n. 27 del 2003, – abrogazione che non potrebbe considerarsi retroattiva, ostandovi il disposto della L. n. 212 del 2000, artt. 1, 3 e 10 – il condono previsto dalla L. n. 289 del 2002 dovrebbe ritenersi valido ed efficace in suo favore. Sicchè, l’ulteriore versamento, operato dalla società contribuente a seguito del nuovo condono ex della L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5, verrebbe a costituire un indebito, la cui restituzione – contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR nell’impugnata sentenza – avrebbe dovuto essere effettuata dall’amministrazione.

3. Tali deduzioni della Picena Sport s.n.c. sono, peraltro, del tutto infondate e non possono essere condivise.

3.1. Ed invero, palesemente erroneo va considerato, secondo la Corte, l’assunto della ricorrente, a parere della quale l’applicazione della L. n. 27 del 2003 a rapporti tribu-tari definiti prima della sua entrata in vigore, in forza del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, sarebbe preclusa dalle succitate disposizioni del c.d. Statuto del contribuente.

Va osservato, infatti, che la Corte Costituzionale, nell’ordinanza n. 165/035, benchè le fosse stata espressamente sottoposta la questione della legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 3 (irretroattività delle norme tributarie e 10 (tutela dell’affidamento e della buona fede) della L. n. 212 del 2000, ritenuti dai giudici remittenti parametri costituzionali per il legislatore tributario, in quanto "dotati di efficacia vincolante" anche per il medesimo, oltre che con gli artt. 3, 41, 53 e 97 Cost., non ha affatto dichiarato l’illegittimità della norma di cui al D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, convertita in L. n. 27 del 2003, la cui portata abrogatrice della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2 è rimasta, dunque, del tutto inalterata.

La Consulta ha, ben al contrario, affermato al riguardo che la normativa sopravvenuta ( L. n. 200 del 2003, art. 8, commi 5-9, L. n. 326 del 2003, art. 39, comma 12 bis, ed L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 194) ha introdotto un nuovo sistema di agevolazioni e provvidenze a favore dei gestori delle scommesse, "pur senza ripristinare la situazione anteriore alla censurata abrogazione retroattiva del condono". In altri termini, ad avviso della Consulta, la normativa di favore per i concessionari – pur avendo introdotto un nuovo sistema agevolativo per i medesimi – non ha in alcun modo innovato in ordine alla disposta abrogazione, con efficacia retroattiva, della precedente disposizione condonale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2.

La Corte ha – di conseguenza – ritenuto di restituire gli atti ai giudici rimettenti, perchè valutassero se la rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale permanesse, anche alla luce del mutato quadro normativo di riferimento.

3.2. D’altro canto, nella medesima prospettiva, va considerato che anche questa Corte ha più volte avuto modo di chiarire che le norme di cui alla L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente) – emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario – pur essendo in taluni casi idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’amministrazione finanziaria, e potendo costituire, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie, non hanno, tuttavia, rango superiore alla legge ordinaria. Con la conseguenza che tali disposizioni non possono in alcun caso fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le norme stesse (cfr., ex plurimis, Cass. 8254/09, 8145/11).

3.3. Ne discende che la legge ordinaria ben può derogare al princìpio di irretroattività sancito dall’art. 3 dello Statuto del contribuente – come è derogabile dalla stessa legge ordinaria il disposto dell’art. 11 preleggi, che sancisce il medesimo principio – purchè la retroattività sia espressamente prevista dalla norma derogatoria (Cass. 25722/09).

Ebbene, con riferimento al caso di specie, va osservato che la deroga in parola ben può essere ravvisata nella previsione – contenuta nel D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter – secondo cui l’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, opera "con effetto dal 1 gennaio 2003". Ed infatti, l’espressa previsione di retroattività – necessaria per poter derogare al principio stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 3 – sussiste anche quando sia espressamente disposta una decorrenza anteriore della norma tributaria che il legislatore intenda far operare retroattivamente, sebbene manchi un’espressa qualificazione della disposizione medesima come regola eccezionalmente retroattiva (cfr. Cass. 11141/11).

3.4. E neppure la retroattività della norma abrogatrice di cui al D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, potrebbe essere esclusa nel caso concreto – come dedotto dalla ricorrente – in considerazione del fatto che la disposizione suindicata è stata introdotta solo dalla Legge di Conversione n. 27 del 2003.

Ed invero, va rilevato al riguardo che la retroattività, con riferimento alla legge di conversione del D.L. n. 282 del 2002, è autorizzata dal disposto della L. n. 400 del 1988, art. 15, comma 5, a tenore del quale "le modifiche eventualmente apportate al decreto- legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente".

Ne discende che, avendo la predetta disposizione del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, espressamente previsto – come detto – l’applicabilità dell’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, con effetto retroattivo rispetto all’entrata in vigore della legge di conversione (entrata in vigore il 23.2.03) che l’ha introdotta – a decorrere, cioè dall’1.1.03 – alla data di perfezionamento del condono L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, da parte della Picena Sport s.n.c. (27.1.03) il condono medesimo, richiesto dalla contribuente, non poteva più considerarsi efficace.

Con la conseguenza che, del tutto condivisibile si palesa l’assunto del giudice di appello, il quale ha ritenuto che i versamenti già effettuati dalla contribuente – e poi reiterati a seguito del nuovo condono ex della L. n. 147 del 2003, art. 8, comma 5 – fossero stati correttamente computati dall’amministrazione in diminuzione del debito maturato dalla contribuente nel periodo di imposta 2000/2002, ovvero come acconti dell’imposta dovuta.

3.5. E’, infine, appena il caso di soggiungere che le considerazioni fin qui svolte si attagliano anche al principio di affidamento espresso dall’art 10 del c.d. Statuto del contribuente, la cui inidoneità a consentire la disapplicazione della legge abrogatrice in esame discende – in maniera identica a quanto si è detto per il principio di irretroattività – dalla natura e dal rango della normativa in esame, non sovraordinata a quella ordinaria, e la cui attitudine a fungere quale parametro di costituzionalità è stata implicitamente esclusa da C. Cost. ord. n. 165/05. 3.6. Orbene, la CTR – nel caso concreto – ha esattamente ritenuto che la disposizione abrogativa di cui alla L. n. 27 del 2003 sia retroattiva, ed ha, di conseguenza, del tutto correttamente affermato che il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2 a favore della contribuente, sia divenuto inefficace per effetto di detta norma abrogatrice.

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso della contribuente non può che essere rigettato, restando assorbito il ricorso incidentale condizionato dell’amministrazione finanziaria. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dall’amministrazione resistente nel presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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