Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38765 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 4 gennaio 2010 la Corte di Appello di Catania rigettava la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da C.R., il quale era stato sottoposto alla misura cautelare carceraria dal 13.8.1998 al 20.04.2004. La Corte territoriale evidenziava che il richiedente era stato condannato alla pena dell’ergastolo dalla Corte di Assise di Caltanissetta per il delitto di omicidio premeditato aggravato; che la Corte di Assise di Appello di Caltanissetta, con sentenza del 19.12.2001, concesse le attenuanti generiche, in parziale riforma della predetta sentenza rideterminava la pena in anni ventidue e mesi sei di reclusione; che la Corte di Cassazione, in data 29.01.2003, annullava la sentenza di secondo grado con rinvio per nuovo giudizio;

e che la Corte di Assise di Appello di Catania, con sentenza del 20.4.2004 (divenuta irrevocabile il 19.10.2004), assolveva C. dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

Il giudice della riparazione sottolineava che, in considerazione alla intervenuta sospensione della custodia cautelare per espiazione di pena definitiva ed in ragione del provvedimento di fungibilltà della pena emesso dal Procuratore della Repubblica di Gela in data 7.06.2004, la custodia cautelare subita dal richiedente in relazione al procedimento per omicidio volontario, era pari ad anni due, mesi otto e giorni cinque di reclusione.

Tanto premesso, la Corte di Appello rilevava che la richiesta di riparazione per in giusta detenzione non poteva essere accolta, avendo il C. dolosamente dato causa, con la propria illecita condotta, alla applicazione ed al mantenimento della misura cautelare.

2. Avverso la richiamata ordinanza della Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per Cassazione C.R., a mezzo del difensore, deducendo con il primo motivo l’illogicità della motivazione del provvedimento impugnato.

2.1 Il ricorrente rileva che la Corte di Appello ha affermato che C. sarebbe stato individuato come il soggetto che aveva attirato B. nell’agguato mortale, evenienza che peraltro non emerge dalla sentenza assolutoria.

La parte considera poi che il Collegio ha qualificato come confuse e contraddittorie, rispetto a quelle rese da altri testi, le dichiarazioni rese dal richiedente nel corso del procedimento di merito; ed assume che in tal modo la Corte di Appello abbia messo in dubbio le conclusioni alle quali è pervenuta la sentenza assolutoria e violato il principio di autonomia tra il giudizio penale di merito ed il procedimento per l’equa riparazione.

L’esponente rileva che la Corte territoriale, contraddittoriamente, ha ritenuto che C. avesse ingenerato l’irrogazione della misura restrittiva, richiamando al riguardo il comportamento processuale tenuto dal C.. La parte considera che trattasi di comportamento certamente successivo all’applicazione della misura cautelare e che non può rappresentare i gravi indizi sulla base dei quali il provvedimento restrittivo venne emanato. Sotto altro aspetto, l’esponente rileva che il giudice della riparazione ha omesso di considerare che C. ebbe fermamente a protestare la propria innocenza nelle varie fasi del processo.

2.2 Con il secondo motivo la parte rileva che la Corte di Appello erroneamente ha ritenuto fungibile, rispetto alla custodia cautelare sofferta, la pena espiata dal prevenuto per precedenti condanne.

Rileva che le condanne inferiori a due anni di reclusione, irrogate prime del 2001, dovevano ritenersi condonate.

3. Il Procuratore Generale, rilevato che il ricorso risulta affidato a motivi del tutto generici, ha chiesto che la Suprema Corte dichiari inammissibile il ricorso che occupa.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.

4.1 Come è noto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di "causa ad effetto" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 34559 del 26/06/2002, dep. 15/10/2002, Rv. 222263).

Condotte rilevanti, in tal senso, possono essere di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione.

5. Orbene, nel caso di specie, il percorso argomentativo sviluppato dalla Corte di Appello, posto a giustificazione della decisione di rigetto dell’istanza di riparazione per ingiusta detenzione, si colloca nell’alveo del richiamato indirizzo giurisprudenziale.

La Corte di Appello ha invero rilevato che C., in tesi di accusa individuato come il soggetto che aveva attirato il B. nell’agguato mortale, interrogato più volte nell’ambito del procedimento che lo vedeva imputato, aveva reso dichiarazioni confuse e intrinsecamente contraddittorie, nonchè in contrasto con altre emergenze processuali; e ciò con riferimento all’alibi offerto in relazione alla mattina del (OMISSIS), come pure in relazione al furto del motorino ed alle modalità dell’incontro intervenuto tra il richiedente e la vittima, sul lungomare.

Il Collegio ha considerato, inoltre, che erano emersi rapporti di contiguità tra il C. ed ambienti malavitosi nei quali era maturato il delitto ascrittogli. La Corte di Appello ha rilevato che la descritta condotta illecita posta in essere dal prevenuto aveva concorso ad integrare i gravi indizi di colpevolezza che avevano determinato l’applicazione ed il mantenimento della custodia cautelare. A margine del richiamato apparato argomentativo, la Corte di Appello ha pure rilevato che anche l’esercizio del diritto al silenzio da parte dell’imputato può rilevare ai fini del dolo o della colpa grave, qualora vengano taciuti elementi idonei a caducare il valore indiziante di altri elementi acquisiti dagli inquirenti.

6. Assorbita ogni ulteriore ragione di censura, logicamente dipendente dall’accoglimento del primo motivo di doglianza.

7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *