Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38736

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di L.N.M. avverso la sentenza emessa in data 7.12.2010 alla Corte di Appello di Salerno che confermava quella in data 22.4.2009 del Giudice monocratico del Tribunale di Sala Consilina che aveva riconosciuto il L.N. colpevole del delitto di cui all’art. 189 C.d.S., commi 1 e 7 (poichè dopo l’impatto della propria autovettura con la persona di G.N. al quale provocava lesioni personali giudicate guaribili in giorni 5, non ottemperava all’obbligo prestargli assistenza dandosi alla fuga; commesso il (OMISSIS)), e condannato alla pena, condonata, di mesi quattro di reclusione, con le circostanze attenuanti generiche, oltre alla sospensione della patente per anni uno e mesi sei.

Deduce:

1. la violazione di legge, assumendo l’intervenuta prescrizione del reato alla data del 10.5.2011;

2. la mancata assunzione di una prova decisiva, tale ritenendo l’escussione del teste B.R. (terza trasportata nell’auto del L.N.) richiesta nel giudizio di 1 grado ex art. 468 c.p.p., comma 4, benchè inizialmente ammessa dal Giudice e la mancata valutazione della conseguente nullità della sentenza di primo grado da parte della sentenza di appello;

3. la violazione di legge ed il vizio motivazionale, assumendo l’insussistenza del reato contestato e l’assenza del dolo specifico, mancando la prova che il L.N. avesse percepito che il G. fosse stato colpito al braccio destro dallo specchietto.

E’ pervenuta dichiarazione dell’avv. Michele Galiano, difensore di fiducia del ricorrente, di adesione all’astensione da tutte le udienze proclamata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati presso il Tribunale di Sala Consilina in data 17.9.2011.

Motivi della decisione

Preliminarmente rileva la Corte che la dichiarazione di adesione all’astensione dalle udienze dell’avv. Michele Galiano, non può trovare accoglimento, sia perchè trasmessa, inammissibilmente, tramite fax, sia perchè concerne un’astensione a tempo indeterminato per giunta non comunicata ufficialmente e della quale non sia ha aliunde notizia, sia poichè l’imminente prescrizione del reato contestato, in una alla predetta indeterminatezza della durata dell’astensione, non consentono di individuare e fissare In tempo utile l’ulteriore udienza di discussione. Il ricorso è inammissibile, essendo le censure mosse manifestamente infondate.

Quanto alla prima censura, si deve rilevare che il decorso del termine prescrizionale di sette anni e sei mesi previsto per il delitto contestato dalla normativa sia attuale che previgente ( artt. 157 e 160 c.p. in entrambi i testi), alla data del 10.5.2011 è rimasto prorogato, come si evince dalla stessa sentenza impugnata (pag. 4), di mesi cinque e giorni ventisette relativi alla sospensione intervenuta, dal 16.1.2006 al 12.6.2006 nel corso del dibattimento di I grado, sicchè il termine prescrizionale si è spostato al 7.11.2011, e, pertanto, non è tuttora decorso.

Del resto, si rammenta (V. Cass. pen. Sez. Un., Sentenza n. 21 del 11/11/1994, Rv. 199903; Sez. Un. 22.3.2005, n. 23428 Rv. 231164) che la mancanza, nell’atto di impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 c.p.p., compreso quello della specificità dei motivi, rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità: in tali ipotesi si è in presenza, di una causa di Inammissibilità originaria del gravame, la quale impedisce di rilevare e dichiarare, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., eventuali cause di non punibilità; nel caso in cui, viceversa, l’atto contenga tutti i requisiti di legge, esso è idoneo a produrre l’Impulso necessario per originare il giudizio di impugnazione, con la conseguenza che le ulteriori cause di inammissibilità ricollegabili alla manifesta Infondatezza dei motivi ovvero all’enunciazione di motivi non consentiti o non dedotti in appello sono da considerare sopravvenute e quindi non ostative all’operatività della disposizione dell’art. 129 c.p.p..

Invero, quanto alle censure sub 2 e 3, le stesse riproducono pedissequamente quelle, analoghe, proposte dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua e del tutto plausibile. Sicchè si devono ritenere aspecifiche, prima ancora che manifestamente infondate.

Infatti è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspedficità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109). Corretta s’appalesa la motivazione svolta al riguardo dalla sentenza impugnata, laddove non solo ha escluso la necessità del dolo specifico per il reato contestato (infatti può sussistere anche sotto la forma del dolo eventuale configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso resistenza (Cass. pen. Sez. 4, n. 34134 del 13.7.2007, Rv.

237239; ed è stato persino affermato, di recente, che il dolo deve investire la sola inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente stradale – riconducale al comportamento dell’agente ed in concreto idoneo a produrre eventi lesivi – e non anche la constatazione dell’esistenza di un danno effettivo alle persone che vi risultino coinvolte: Cass. pen. Sez. 6, n. 21414 del 16.2.2010, Rv. 247369) ma ha anche ricostruito il fatto per trame la logica deduzione della piena consapevolezza del prevenuto delle conseguenze prodotte dall’impatto, a seguito del quale il G. era caduto per terra.

Analogamente, ineccepibile è la motivazione addotta dalla Corte distrettuale in relazione alla mancata assunzione della teste indotta dalla difesa, B.R., essendo stata l’ordinanza del 10.12.2008 che dichiarava la decadenza dalla prova per la mancata citazione o presentazione della teste ad opera della difesa, nemmeno oggetto di specifica impugnazione, qualificata come revoca di quella precedente ammissiva della prova ex art. 507 c.p.p. (non essendo stata nemmeno presentata una lista da parte della difesa) e giudicata, inoltre, ininfluente sul materiale probatorio acquisito, essendo tesa a raccogliere le opinioni soggettive della teste circa lo stato psicologico dell’imputato al momento del fatto.

Con ciò si deve anche escludere che possa la detta testimonianza definirsi "prova decisiva" ai sensi dell’invocato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) (cfr. nello specifico: Cass. pen. Sez. 6, n. 13571 del 12.11.2010, Rv. 249906). Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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