Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5855

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 69/18/09, depositata il 7.10.09, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana rigettava l’appello proposto dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto da B.C. nei confronti dell’avviso di accertamento, relativo al recupero di versamenti non eseguiti, a titolo di imposta unica per la raccolta di scommesse ippiche e sportive, ex D.Lgs. n. 504 del 1998, per gli anni 2000, 2001 e 2002. 2. La CTR – muovendo dal presupposto secondo cui la questione relativa alla definizione della pretesa fiscale, L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, fosse stata ritualmente proposta, in primo grado, dal contribuente – riteneva che, alla data dell’entrata in vigore della L. n. 27 del 2003, di conversione del D.L. n. 282 del 2002, il B. avesse adempiuto tutte le condizioni per la definizione agevolata della pendenza fiscale, L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2. 3. Avverso la sentenza n. 69/18/09 hanno proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, affidato a sei motivi, l’intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo, secondo, terzo e quarto motivo di ricorso – che per la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente – le amministrazioni ricorrenti deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 19, 24, 32 e 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. 1.1. La CTR si sarebbe, invero, del tutto illegittimamente pronunciata sulla validità del condono della L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2 – poi abrogato dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, convertito in L. n. 27 del 2003 – che aveva previsto, a favore dei concessionari esercenti l’attività di raccolta delle scommesse ippiche, la possibilità di definire il debito tributario concernente i versamenti delle imposte, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1998, art. 4, comma 1, lett. b) n. 2, mediante il pagamento di una somma ridotta.

1.2. La questione della validità del condono in parola a favore del contribuente, sarebbe stata, infatti, tardivamente proposta dal medesimo soltanto nella memoria di primo grado D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32 e non con la domanda introduttiva del procedimento.

Sicchè, a parere delle amministrazioni ricorrenti, i giudici dei due gradi di merito si sarebbero pronunciati sulla questione in difetto della relativa domanda, perciò incorrendo nel vizio di ultrapetizione, oltre che nella violazione delle norme processuali suindicate.

2. I motivi in esame sono da considerarsi inammissibili, per violazione del c.d. principio di autosufficienza, più volte enunciato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., in tal senso, ex plurimis, Cass. S.U. 23019/07, 5043/09, 17915/10).

Ed invero, le ricorrenti non hanno integralmente trascritto nel ricorso la domanda introduttiva di primo grado del B., onde consentire alla Corte di stabilire se la questione concernente la validità del condono, per la pretesa illegittimità costituzionale dell’applicazione retroattiva – operata dall’Ufficio della disposizione ( D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, convertito in L. n. 27 del 2003) abrogatrice della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, fosse stata, o meno, proposta già con il ricorso introduttivo della controversia.

E ciò, nella specie, era vieppiù necessario, in quanto dall’impugnata sentenza si evince che il B. aveva incentrato il ricorso "su argomenti di legittimità costituzionale" (che avevano dato luogo anche a rimessione della relativa questione alla Consulta), derivanti proprio dall’applicazione del predetto art. 5 ter anche all’ipotesi nella quale il contribuente – come nel caso concreto – aveva provveduto a perfezionare la definizione condonale prima dell’abrogazione della norma ( L. n. 289 del 2002, art. 8) che la prevedeva. Il che indurrebbe a ritenere che la questione in ordine alla validità del condono fosse stata già affrontata nel ricorso introduttivo del contribuente.

Per tali ragioni, pertanto, i motivi di ricorso suesposti non possono trovare accoglimento.

3. Con il quinto e sesto motivo di ricorso – da esaminare congiuntamente, attesa la loro evidente connessione – le amministrazioni ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, introdotto dalla Legge di Conversione n. 27 del 2003, della L. n. 212 del 2000, artt. 1, 3 e 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la mancanza totale di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. 3.1. Il giudice di appello avrebbe, invero, erroneamente e senza motivare sul punto, ritenuto valido ed efficace il condono della L. n. 289 del 2002, ex art. 8, in quanto già definito dal contribuente prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, che ha abrogato la disposizione suindicata, e – di conseguenza – avrebbe del tutto immotivatamente ed illegittimamente ritenuto inesistente il credito tributario azionato dall’amministrazione finanziaria con l’atto impositivo oggetto di lite.

Il tutto senza operare – come era stato disposto dalla Corte Costituzionale con l’ord. n. 165/05 – valutazione alcuna in ordine all’impatto sulla questione in esame del mutato quadro normativo, contenente disposizioni agevolative per i gestori delle scommesse ippiche.

3.2. I motivi suesposti sono fondati e devono, pertanto, essere accolti.

3.2.1. Va osservato, al riguardo, che – in forza del disposto della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2 – i concessionari del Ministero dell’Economia e delle Finanze per la raccolta ed accettazione delle scommesse ippiche avevano avuto, in forza della norma summenzionata, la possibilità di definire le loro situazioni debitorie, derivanti dalla necessità di versare all’Erario gli importi relativi all’imposta unica ex D.Lgs. n. 504 del 1998, mediante il versamento di un importo pari al 20% delle imposte non versate. E tuttavia, in tale quota era stato ricompreso, dei tutto ingiustificatamente, anche l’importo dovuto all’amministrazione finanziaria dai concessionari a titolo di imposta unica corrisposta dagli scommettitori, per la quale i concessionari medesimi avrebbero dovuto configurarsi come meri sostituti di imposta.

Ebbene, è di chiara evidenza che la normativa condonale in questione aveva finito col determinare un indebito arricchimento dei gestori delle scommesse, ai quali era stata, difatti, offerta la possibilità di corrispondere all’amministrazione finanziaria soltanto una quota dell’imposta pagata dagli scommettitori in percentuale alle giocate effettuate; imposta che avrebbe dovuto essere, invece, versata per intero allo Stato dai concessionari, che – in definitiva – venivano a rivestire, di fatto, una funzione analoga a quella dei sostituti di imposta.

3.2.2. Il legislatore, pertanto, verificate le incongruenze suindicate nel regime del condono ex L. n. 289 del 2002, con il D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, introdotto con la Legge di Conversione n. 27 del 2003, aveva abrogato la L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, "con effetto dal 1 gennaio 2003", disponendo, altresì, che i versamenti effettuati sulla base della norma abrogata fossero restituiti ai contribuenti, ovvero trattenuti dall’amministrazione, anche in acconto, qualora i relativi importi fossero dovuti ad altro titolo.

A tale disposizione faceva seguito un nuovo intervento in materia, operato con il D.L. n. 147 del 2003, art. 8, commi da 5 a 9, convertito in L. n. 200 del 2003, con il quale veniva stabilito che l’importo a titolo di imposta unica fosse dovuto per intero, seppure con possibilità di rateizzazione, con abbattimento degli interessi moratori e delle sanzioni per ritardato pagamento, nonchè con l’ulteriore abbattimento al 33,33% dei debiti per minimo garantito, non considerati nel condono precedente.

Seguivano, poi, ulteriori, successivi, provvedimenti agevolativi, in forza del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 convertito in L. n. 326 del 2003, e della L. n. 350 del 2003, art. 4. 3.2.3. Orbene, la CTR, nell’impugnata sentenza, muovendo dalla considerazione secondo cui, avendo il B. adempiuto a tutte le condizioni previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, prima dell’abrogazione della norma da parte della L. n. 27 del 2003, – abrogazione che non potrebbe considerarsi retroattiva, ostandovi il disposto della L. n. 212 del 2000, artt. 1, 3 e 10 – il condono debba ritenersi valido ed efficace a favore del contribuente, è pervenuta alla conclusione dell’illegittimità dell’avviso di accertamento, emesso dall’amministrazione finanziaria nei confronti del contribuente.

4. Tale conclusione è, peraltro, del tutto infondata e non può essere condivisa.

4.1. Ed invero, palesemente erroneo va considerato, secondo la Corte, l’assunto del giudice di appello, a parere del quale l’applicazione della L. n. 27 del 2003 a rapporti tributari definiti prima della sua entrata in vigore, in forza del condono di cui alla L. n. 289 del 2002, sarebbe preclusa dalle succitate disposizioni del c.d. Statuto del contribuente.

Va osservato, infatti, che la Corte Costituzionale, nell’ordinanza n. 165/035, benchè le fosse stata espressamente sottoposta la questione della legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 3 (irretroattività delle norme tributarie e 10 (tutela dell’affidamento e della buona fede) della L. n. 212 del 2000, ritenuti dai giudici remittenti parametri costituzionali per il legislatore tributario, in quanto "dotati di efficacia vincolante" anche per il medesimo, oltre che con gli artt. 3, 41, 53 e 97 Cost., non ha affatto dichiarato l’illegittimità della norma di cui al D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, convertita in L. n. 27 del 2003, la cui portata abrogatrice della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2 è rimasta, dunque, del tutto inalterata.

La Consulta ha, ben al contrario, affermato al riguardo che la normativa sopravvenuta ( L. n. 200 del 2003, art. 8, commi 5-9, L. n. 326 del 2003, art. 39, comma 12 bis, ed L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 194,) ha introdotto un nuovo sistema di agevolazioni e provvidenze a favore dei gestori delle scommesse, "pur senza ripristinare la situazione anteriore alla censurata abrogazione retroattiva del condono". In altri termini, ad avviso della Consulta, la normativa di favore per i concessionari – pur avendo introdotto un nuovo sistema agevolativo per i medesimi – non ha in alcun modo innovato in ordine alla disposta abrogazione, con efficacia retroattiva, della precedente disposizione condonale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2.

La Corte ha – di conseguenza – ritenuto di restituire gli atti ai giudici rimettenti, perchè valutassero se la rilevanza della sollevata questione di legittimità costituzionale permanesse, anche alla luce del mutato quadro normativo di riferimento.

4.2. D’altro canto, nella medesima prospettiva, va considerato che anche questa Corte ha più volte avuto modo di chiarire che le norme di cui alla L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente) – emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario – pur essendo in taluni casi idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’amministrazione finanziaria, e potendo costituire, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie, non hanno, tuttavia, rango superiore alla legge ordinaria. Con la conseguenza che tali disposizioni non possono in alcun caso fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le norme stesse (cfr., ex plurimis, Cass. 8254/09, 8145/11).

4.3. Ne discende che la legge ordinaria ben può derogare al principio di irretroattività sancito dall’art. 3 dello Statuto del contribuente – come è derogabile dalla stessa legge ordinaria il disposto dell’art. 11 preleggi, che sancisce il medesimo principio – purchè la retroattività sia espressamente prevista dalla norma derogatoria (Cass. 25722/09).

Ebbene, con riferimento al caso di specie, va osservato che la deroga in parola ben può essere ravvisata nella previsione – contenuta nel D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter – secondo cui l’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, opera "con effetto dal 1 gennaio 2003". Ed infatti, l’espressa previsione di retroattività – necessaria per poter derogare al principio stabilito dalla L. n. 212 del 2000, art. 3 – sussiste anche quando sia espressamente disposta una decorrenza anteriore della norma tributaria che il legislatore intenda far operare retroattivamente, sebbene manchi un’espressa qualificazione della disposizione medesima come regola eccezionalmente retroattiva (cfr. Cass. 11141/11).

4.4. E neppure la retroattività della norma abrogatrice di cui al D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter potrebbe essere esclusa, nel caso concreto, in considerazione del fatto che la disposizione suindicata è stata introdotta solo dalla Legge di Conversione n. 27 del 2003.

Ed invero, va rilevato al riguardo che la retroattività, con riferimento alla legge di conversione del D.L. n. 282 del 2002, è autorizzata dal disposto della L. n. 400 del 1988, art. 15, comma 5 a tenore del quale "le modifiche eventualmente apportate al decreto- legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente".

Ne discende che, avendo la predetta disposizione del D.L. n. 282 del 2002, art. 5 ter, espressamente previsto – come detto – l’applicabilità dell’abrogazione della L. n. 289 del 2002, art. 8, comma 2, con effetto retroattivo rispetto all’entrata in vigore della legge di conversione (entrata in vigore il 23.2.03) che l’ha introdotta – a decorrere, cioè dall’1.1.03 – alla data dell’emissione dell’avviso di accertamento al B. (4.1.03), il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, del quale aveva fruito il contribuente, non poteva più considerarsi efficace.

4.5. E’, infine, appena il caso di soggiungere che le considerazioni fin qui svolte si attagliano anche al principio di affidamento espresso dall’art 10 del c.d. Statuto del contribuente, la cui inidoneità a consentire la disapplicazione della legge abrogatrice in esame discende – in maniera identica a quanto si è detto per il principio di irretroattività – dalla natura e dal rango della normativa in esame, non sovraordinata a quella ordinaria, e la cui attitudine a fungere quale parametro di costituzionalità è stata implicitamente esclusa da C. Cost. ord. n. 165/05. 4.6. Orbene, la CTR – nel caso concreto – ha erroneamente escluso la retroattività della disposizione abrogativa di cui alla L. n. 27 del 2003, ed ha ritenuto, di conseguenza, ancora operativo il condono L. n. 289 del 2002, ex art. 8, comma 2, a favore del contribuente, senza tenere neppure conto delle nuove disposizioni agevolative per i gestori di scommesse ippiche di cui alla L. n. 200 del 2003 e successive, come prescritto dall’ord. n. 165/05 della C. Cost..

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate non può che essere accolto, in relazione al quinto ed al sesto motivo.

5. L’accoglimento del ricorso, in relazione ai motivi accolti, comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo proposto da B.C..

6. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimato soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il quinto e sesto motivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e rigetta gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna l’intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 4.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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