Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38733 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di L’Aquila con sentenza in data 2 dicembre 2010 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Teramo resa in data 31.05.2010, all’esito di giudizio abbreviato, con la quale era stata affermata la penale responsabilità di G.K. in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, ritenute le concesse attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva, rideterminava la pena originariamente inflitta.

La Corte territoriale rilevava che il prevenuto era stato tratto in arresto nella flagranza di reato in relazione alla detenzione di 7 involucri a forma di pallina contenenti complessivamente gr. 3,42 di eroina. Riferiva il Collegio che i Carabinieri avevano notato un giovane, all’interno di un bar, che presentava un comportamento sospetto; che i militari decidevano di intervenire e che il ragazzo, alla vista dei militi, si dirigeva precipitosamente verso il bagno, ove sputava in un cestino i sette involucri a forma di pallina, che teneva in bocca. Recuperati i predetti reperti, i militari verifica va no che il giovane custodiva la somma in contanti pari ad Euro 140,00. 2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione K.G..

Con il primo motivo la parte deduce l’inosservanza della legge penale.

Osserva che anche a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 49 del 2006, ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 75, legge sanziona penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti che non sia finalizzata all’uso personale. Osserva che a mente del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), anche in presenza di determinate quantità o di modalità di detenzione della droga, ben può essere ritenuta la destinazione personale delle sostanze stupefacenti, sulla base di altre circostanze dell’azione. Rileva che anche in caso di detenzione di quantitativi superiori a quelli indicati dal Ministro della Salute con decreto dell’11 aprile 2006, resta onere dell’accusa provare la destinazione della droga da uso non personale, a seguito della intervenuta depenalizzazione della droga per uso personale.

Il ricorrente ritiene che, nel caso di specie, il mancato rinvenimento dello strumentario sintomatico della destinazione allo spaccio (bilancini, sostanze da taglio ed altro) induca a ritenere che non risulti provata la sussistenza della fattispecie criminosa in addebito; e ciò, anche in considerazione del fatto che la parte ha chiarito che la droga detenuta costituiva la scorta per il proprio fabbisogno personale, in previsione della permanenza per quattro giorni in mare.

Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce l’inosservanza della legge penale e processuale; rileva che anche in caso di detenzione di quantitativi di sostanza stupefacente superiori ai limiti fissati dal citato decreto ministeriale, resta onere dell’accusa la prova dell’elemento negativo costituito dalla non finalizzazione all’uso personale della detenzione; e che qualora il detentore asserisca di fare uso personale dello stupefacente spetta all’accusa provare la non veridicità dell’asserzione. Rileva, quindi, la parte che nel caso l’imputato dovesse essere assolto, quanto meno ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2.

Con il terzo motivo di ricorso la parte deduce la violazione dell’art. 192 c.p.p., in relazione ai criteri di valutazione della prova relativa alla destinazione allo spaccio della sostanza detenuta da K.G.. Ribadisce che il mero dato quantitativo relativo alla droga detenuta dall’imputato non consente di affermare la destinazione allo spaccio della stessa sostanza, essendo l’agente un abituale assuntore di eroina. L’esponente considera poi che contraddittoriamente i giudici hanno ritenuto da un lato che la quantità di sostanza detenuta non fosse elevata, tanto da giustificare il riconosciuto del fatto di lieve entità, dall’altro che il predetto quantitativo, in assenza di diversi elementi, fosse idoneo a provare da solo la destinazione allo spaccio.

Il ricorrente considera che la giurisprudenza ha individuato i seguenti parametri valutativi di massima, ai fini della prova indiziaria della destinazione allo spaccio dello stupefacente detenuto, ai quali il giudice di merito deve attenersi: lo stato di tossicodipendenza del detentore; il contesto socio ambientale di riferimento e gli eventuali collegamenti con ambienti deputati allo spaccio di sostanze stupefacenti; la capacità patrimoniale dell’imputato in relazione alla quantità e qualità della droga detenuta; la quantità e qualità dello stupefacente rapportate al fabbisogno personale; la modalità di custodia e di frazionamento; la disponibilità di sostanze da taglio e di strumenti atti al confezionamento in dosi; il luogo e le modalità in cui è stato accertato il fatto. Ritiene l’esponente che nel caso di specie, alla luce dei richiamati criteri, non emerga a carico dell’imputato, assuntore di stupefacenti, un quadro accusatorio indiziario connotato da intrinseca gravità ed univocamente indicativo della destinazione allo spaccio.

Con il quarto motivo la parte rileva che il Tribunale non ha concesso, immotivatamente, il beneficio della sospensione condizionale della pena, richiesto dalla difesa.

Con il quinto motivo la parte si duole del trattamento sanzionatorio in concreo applicato, pure a fronte del riconoscimento dell’i potei attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Il ricorrente conclude chiedendo che la Suprema Corte voglia assolvere l’imputato, per insussistenza del fatto e, in subordine, per insufficienza o contraddittorietà della prova. In ulteriore subordine invoca la riduzione della pena detentiva inflitta e l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale ovvero, In difetto, l’applicazione del lavoro di pubblica utilità ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 bis. In ultima istanza la parte chiede che la sentenza venga annullata con rinvio.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

3.1 I primi tre motivi di ricorso, che è dato esaminare congiuntamente, sono manifestamente infondati e perciò inammissibili.

Invero, questa Suprema Corte ha chiarito che i parametri indiziari indicati nel D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 bis, lettera a), non costituiscono gli elementi costitutivi del reato di detenzione illecita; si tratta, semplicemente, di elementi sintomatici, che rilevano come criteri di valutazione ai fini della prova della detenzione per uso non esclusivamente personale (cfr.

Cass. Sez. 4, sentenza n. 16373 del 17 dicembre 2007, dep. 21.04.2008, Rv. 239962). In particolare, si è precisato che la portata del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 bis, lettera a), inserito a seguito delle modifiche introdotte nella disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti con il D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, invero, non immuta il sistema precedente quanto alla configurazione della detenzione per uso di terzi come "elemento costitutivo" del reato, limitandosi, appunto, ad indicare alcuni "elementi sintomatici" dai quali può trarsi la conclusione che la sostanza non era destinata ad uso esclusivamente personale: e tra questi, per quanto interessa, viene in considerazione anzitutto proprio quello quantitativo, sotto il profilo del superamento della soglia quantitativa di principio attivo indicata nel D.M. Salute 11 aprile 2006 (Cass. Sezione 4, sentenza n. 22643 del 21.05.2008, dep. 5.06.2008, Rv. 240854).

Orbene, la sentenza oggi impugnata si colloca nell’alveo dell’orientamento interpretativo ora richiamato: ciò in quanto la Corte di Appello ha fatto riferimento ai seguenti parametri indiziari: disponibilità in luogo pubblico dello stupefacente;

frazionamento in plurime dosi; modalità di occultamento nel cavo orale; reazione alla vista dei militari e tentativo di disfacimento della droga; disponibilità di denaro contante. La Corte di Appello ha, infatti, evidenziato di condividere la decisione del primo giudice, il quale aveva rilevato che le modalità di detenzione e occultamento della droga, considerate unitamente alle precarie condizioni economiche del prevenuto, consentivano di affermare la destinazione anche solo parziale a terzi della droga detenuta, con riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5; ed ha, quindi, considerato che l’imputato era evidentemente costretto a ricorrere al piccolo spaccio, per sopperire al quotidiano dichiarato fabbisogno di sostanza stupefacente.

3.2 Il quarto motivo di ricorso è del pari inammissibile.

Si osserva che la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, dopo avere richiamato la doglianza difensiva relativa al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha considerato che al riguardo andavano confermate le statuizioni del primo giudice. Deve pure evidenziarsi che la Corte territoriale ha contestualmente rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare presentata dalla difesa, con ciò ribadendo il diniego del richiesto beneficio, la concessione del quale avrebbe di converso comportato l’estinzione della misura in atto, ai sensi dell’art. 300 c.p.p., comma 3. I cenni che precedono evidenziano che non sussiste il dedotto vizio motivazionale.

3.3 Il Quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato e quindi inammissibile.

Si osserva che la Corte territoriale ha accolto l’appello proprio con riguardo al motivo afferente al trattamento sanzionatorio, riducendo la pena originariamente inflitta, previa concessione delle attenuanti generiche in rapporto di prevalenza sulla contestata recidiva, pure determinando la pena base in misura superiore al minimo edittale. Le censure in tema di dosimetria della pena risultano, pertanto, destituite di ogni fondamento.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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