Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5852 Dichiarazione dei redditi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 107/12/09 depositata l’8.10.09 la CTR della Lombardia, in parziale riforma della decisione della CTP di Milano, ha accolto il ricorso proposto dalla Internods S.r.l. avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, relativa all’anno 2003, per il recupero, per quanto ancora interessa, del tardivo versamento di ritenute alla fonte, oltre sanzioni ed interessi. I giudici d’appello hanno ritenuto fondato l’assunto della contribuente secondo cui il ritardo nel prospetto dei versamenti era dovuto ad un errore formale del software di gestione della dichiarazione, che indicava il mese di competenza dei compensi erogati e non il periodo di pagamento, e valida, inoltre la rettifica, pur se non effettuata con i tempi e le modalità prescritte dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis.

Per la cassazione della sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate. La contribuente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, e D.P.R. n. 435 del 2001, art. 19, la ricorrente censura la decisione impugnata per aver annullato la cartella di pagamento, nonostante la rettifica della dichiarazione, oggetto del controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, non fosse avvenuta secondo le modalità e nel termine all’uopo previsti dalla disposizione, di cui all’art. 2, comma 8 bis, indicata.

La controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, in ragione dell’asserita inosservanza del disposto di cui dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, dovuta alla distorta interpretazione della giurisprudenza di questa Corte. L’eccezione è infondata. Le SU di questa Corte, con sentenza n. 19051 del 2010, hanno precisato che lo scrutinio ai sensi della menzionata norma deve condurre al rigetto del ricorso per manifesta infondatezza e non ad una declaratoria d’inammissibilità, nell’ipotesi in cui in esso non vengano prospettati argomenti per modificare la giurisprudenza di legittimità cui la sentenza impugnata si presenti conforme, e ciò in quanto "anche in mancanza, nel ricorso, di argomenti idonei a superare la ragione di diritto cui si è attenuto il giudice del merito, il ricorso potrebbe trovare accoglimento ove, al momento della decisione della Corte, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra la decisione impugnata e la giurisprudenza di legittimità, la prima risultasse non più conforme alla seconda nel frattempo mutata".

Nel merito, la doglianza è infondata. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso che, di regola, le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle dei redditi, non sono atti negoziali o dispositivi, nè costituiscono titolo dell’obbligazìone tributaria, ma costituiscono mere dichiarazioni di scienza, sicchè (salvo casi particolari: ad es., le dichiarazioni integrative presentate ai fini del condono), possono, in linea di principio, essere liberamente emendate e ritrattate dal contribuente, se, per effetto di errore di fatto o di diritto commesso nella relativa redazione, possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico (Cass. SU n. 15063 del 2002). Da tanto consegue, come logico corollario, che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile non solo nei limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria (Cass. n 22021 del 2006, n 2626 del 201 1). Tale principio va applicato nella specie, non potendo ritenersi ostativo l’invocato D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, (introdotto dal D.P.R. n. 435 del 2001, art. 2, con effetto dal 1 gennaio 2002, in base all’art. 19 dello stesso decreto), disposizione che introduce, bensì, precise modalità per l’integrazione delle dichiarazioni (mutuandole dalle disposizioni relative alla presentazione delle (dichiarazioni e prevedendo l’utilizzo di modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta di riferimento) ed il limite temporale del "termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo", ma ciò prescrive per emendare "errori od omissioni che abbiano comportato l’indicazione di un maggior reddito od un maggior debito d’imposta od un minor credito", e, cioè, per il caso in cui, tramite la rettifica si voglia mutare la base imponibile, o l’ammontare dell’imposta, ipotesi diversa da quella in esame in cui viene in rilievo, com’è incontroverso, un errore meramente formale.

Il ricorso va, in conclusione, respinto. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, soccombente, e si liquidano in Euro 3.500,00, oltre accessori, come per legge.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso condanna la ricorrente e si liquidano in Euro 3.500,00, oltre accessori, come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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