Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38732 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il G.i.p. del Tribunale di Pisa, con sentenza in data 26 novembre 2009 resa all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava J. N. e Z.R. colpevoli dei delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con riferimento alla detenzione di gr. 161,265 di cocaina e art. 337 c.p., per esseri opposti ai Carabinieri che stavano procedendo al loro arresto.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 9.11.2010, assolveva J. dai reati ascrittigli per non aver commesso il fatto. Evidenziava il Collegio che la presenza del prevenuto presso il capanno ove si trovavano Z. ed un altro soggetto rimasto non identificato – luogo ove i militari aveva rinvenuto la somma di Euro 5.840 in contanti, un bilancino di precisione, 24 involucri termosaldati contenenti cocaina, altri quantitativi di cocaina, 6 telefoni cellulari, 10 schede telefoniche ed una altra bilancia di precisione – si giustificava in ragione delle condizioni di salute del prevenuto, il quale era da poco rimasto vittima di un incidente e camminava con l’ausilio di stampelle. Segnatamente, la Corte territoriale dava credito alla versione dei fatti riferita dall’imputato, il quale aveva detto di essersi recato presso il capanno solo per ottenere aiuto da parte di alcuni connazionali di sua conoscenza e di non essere coinvolto nella attività di confezionamento della droga alla quale aveva pure assistito. La Corte distrettuale rilevava poi che addosso all’imputato non erta stato trovato nè il denaro nè lo stupefacente.

Con riferimento alla posizione di Z., la Corte di Appello di converso confermava la sentenza di condanna resa dal primo giudice.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello, con esclusivo riguardo alla posizione di J.N., ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Firenze. La parte, con unico motivo, deduce la mancanza ed illogicità della motivazione del provvedimento impugnato.

Il ricorrente osserva che si è proceduto nelle forme del rito abbreviato e che il verbale redatto dai Carabinieri intervenuti sul posto risulta totalmente utilizzabile ai fini del decidere. Il Procuratore territoriale rileva che la Corte di Appello, in relazione al delitto di resistenza, ha ritenuto che a causa delle proprie condizioni fisiche l’imputato non potesse esercitare violenza fisica.

Osserva il deducente che detta motivazione è solo apparente, atteso che dal predetto verbale risulta che anche J., unitamente ai connazionali, assunse un comportamento aggressivo nei confronti dei militari operanti; e che le condizioni di J. non fossero affatto invalidanti.

Con riguardo poi alla pronuncia assolutoria relativa al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, il Procuratore Generale ricorrente considera che sfugge un legame logico tra la condizione fisica dell’imputato – che si avvaleva di stampelle per la deambulazione – e la ritenuta impossibilità di procedere al confezionamento di dosi di cocaina; ciò in quanto detta attività può svolgersi anche da seduti. Rileva che presso il capanno ove si trovava J. vennero rinvenuti tutti gli strumenti necessari al confezionamento di dosi da strada: la sostanza stupefacente, le bilance di precisione, le bustine di cellophane ed una significativa somma di denaro contante. Considera, inoltre, l’esponente che la circostanza che la droga non sia stata trovata addosso al prevenuto non appare conducente, atteso che il predetto strumentario, rinvenuto all’interno del capanno, era a disposizione di tutti i soggetti presenti sul posto, compreso J.. Conclusivamente, la parte si duole del fatto che la Corte territoriale, a fronte del richiamato quadro probatorio, abbia dato credito alla giustificazione offerta dall’imputato, il quale aveva riferito di essersi trovato nel capanno solo per chiedere aiuto agli amici, senza procedere al vaglio critico del predetto assunto difensivo.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per Cassazione Z.R., deducendo la mancanza di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla affermazione di penale responsabilità del prevenuto rispetto al delitto di resistenza a pubblico ufficiale. La parte ritiene che i verbalizzanti abbiano riferito genericamente il fatto per cui si procede, senza specificare la condotta in concreto posta in essere da ciascun imputato. Ritiene l’esponente che la Corte di Appello, a fronte di tale specifico motivo di doglianza, non abbia offerto alcuna risposta.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Osserva la parte che la Corte territoriale non ha preso posizione sul punto, a fronte di specifica doglianza contenuta nei motivi di appello.

Motivi della decisione

4. Il ricorso proposto dal Procuratore Generale risulta fondato.

4.1 Si osserva, primieramente, che la Corte di Appello di Firenze, nella sentenza oggi impugnata, in realtà omette di esplicitare le ragioni per le quali ha ritenuto di mandare assolto J.N. dal reato di resistenza a pubblico ufficiale. Si registra, pertanto, sul relativo capo, la mancanza di motivazione dedotta dal ricorrente.

E’ poi appena il caso di rilevare che il generico riferimento al fatto che il prevenuto deambulasse con l’ausilio di stampelle non appare in termini conferente, per escludere la sussistenza della condotta aggressiva che si ascrive al prevenuto.

4.2 Con riferimento, poi, alla pronuncia assolutoria resa dalla Corte territoriale nei confronti di J., rispetto al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, deve rilevarsi che il sintetico apparato giustificativo riportato nella sentenza impugnata presenta l’insanabile frattura logica evidenziata dal Procuratore Generale:

non si registra, invero, alcun nesso di derivazione logica, fra la condizione fisica del prevenuto – che si avvaleva di stampelle per la deambulazione – e la ritenuta impossibilità di procedere al confezionamento di dosi di cocaina, avvalendosi dello strumentario rinvenuto presso il capanno ove J. si trovava. E deve pure rilevarsi che le condizioni fisiche del prevenuto neppure paiono conferenti a supportare le dichiarazioni difensive dell’imputato, circa la dedotta estraneità di J. rispetto alla condotta criminosa che si consumava presso il capanno, sino al sopraggiungere dei Carabinieri.

4.3 Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, nei confronti di J.N., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze, per nuovo esame della regiudicanda.

5. Il ricorso proposto da Z. risulta inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.

5.1 Con il primo motivo la parte si limita a prospettare, del tutto genericamente, una mera rilettura del compendio indiziario, censito dai giudici di merito, in relazione alla affermazione di penale responsabilità dell’imputato rispetto al delitto di cui all’art. 337 c.p.. E’ appena il caso di rilevare, al riguardo, che nella sentenza viene precisato: che alla vista dei Carabinieri i tre uomini che si trovavano presso il capanno tentarono di darsi alla fuga, tanto che i militari si posero all’inseguimento dei fuggitivi; e che il soggetto di poi identificato in Z.R., venne notato mentre gettava a terra una somma di denaro.

5.2 Del pari inammissibile risulta il secondo motivo di ricorso, con il quale la parte deduce l’omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, per manifesta infondatezza. Si osserva, al riguardo, che la contestazione di cui al capo A) della rubrica riportata nella sentenza impugnata fa espresso riferimento a 161,265 grammi di cocaina; e che nella motivazione della sentenza viene specificato che la droga si trovava in parte all’interno di svariati involucri termosaldati e che i prevenuti avevano la disponibilità di denaro contante e di un apparato strumentale servente al confezionamento in dosi dello stupefacente. In tali termini, la decisione impugnata soddisfa l’obbligo motivazionale relativo al mancato riconoscimento della invocata attenuante.

5.3 Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso proposto da Z.R. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di J.N. con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze; dichiara inammissibile il ricorso di Z.R. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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