Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5848 Agevolazioni tributarie Dichiarazione dei redditi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CTR della Sardegna, Sez. distaccata di Sassari, con sentenza n. 109/08/09, depositata il 29.9.2009, confermando la decisione di primo grado, ha accolto il ricorso della Cooperativa Edilizia La Scogliera avverso l’avviso d’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis relativo ad IRPEG ed IRAP, per l’anno 1999, ritenendo che l’omessa presentazione del Mod. Unico 2000 e del bilancio annuale, nonchè il ritardo nel rinnovo delle cariche sociali non costituivano motivo di esclusione delle agevolazioni fiscali connesse al possesso dei requisiti di mutualità previsti dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14. I giudici d’appello hanno, in particolare, considerato che: 1) la L. n. 28 del 1999, art. 3 non comminava la decadenza dall’agevolazione quando fossero stati adempiuti gli obblighi previsti dall’art. 2536 c.c.; 2) lo Statuto della Cooperativa, anche prima del suo adeguamento, rispettava, di fatto, tutti i prescritti parametri, essendo prevista, in caso di scioglimento, la devoluzione del patrimonio residuo allo IACP, ente mutualistico; 3) non era configurabile alcun possibile utile per la contribuente, dato che fruitori di tutti i vantaggi ed i risparmi erano i soci e gli amministratori, a titolo gratuito; 4) non sussistendo omissione nella dichiarazione dei ricavi e delle spese l’accertamento era nullo, avendo la cooperativa provveduto a sanare il bilancio di esercizio presentandolo in ritardo.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi. La contribuente ha depositato controricorso.

Motivi della decisione

1. Va, anzitutto, dichiarata l’inammissibilità del controricorso, che risulta consegnato all’Ufficiale giudiziario per la notifica il 7.9.2010, ben oltre la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c., essendo il ricorso stato notificato il 23.12.2009 e depositato l’8.1.2010. 2. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, L. n. 28 del 1999, art. 3, D.Lgs. n. 220 del 2002, art. 16, D.Lgs. CPS n. 1577 del 1947, art. 26, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, la ricorrente afferma che la CTR ha riconosciuto sussistenti, in capo alla Cooperativa, i requisiti di mutualità, a base dell’agevolazione tributaria, nonostante la stessa avesse ammesso che nello Statuto societario non era prevista la devoluzione ai fondi mutualistici nè del patrimonio, in caso di scioglimento, e neppure del 3% dell’utile, come prescritto dalla L. n. 28 del 1999, art. 3, vigente ratione temporis. Tale carenza, prosegue la ricorrente, comportava, di per sè, l’esclusione dei benefici previsti dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, che inderogabilmente presupponeva l’esistenza di dette previsioni statutarie, non potendo aver rilievo la modifica della L. n. 28 del 1999, art. 3, operata dal D.Lgs. n. 220 del 2002, art. 16, che essendo entrata in vigore il 23.10.2002, si applicava agli anni d’imposta 2002 e seguenti.

3.1. Col secondo motivo, dedotto sub art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente sostiene che la sentenza è illogica nella parte in cui ha ritenuto non configurabile alcun possibile utile per la contribuente, per essere "tutti i vantaggi e risparmi conseguiti esclusivamente dai soci" senza considerare che la Cooperativa ha soggettività distinta da quella dei soci, sicchè un utile è ben configurabile quando le componenti positive del reddito, derivanti dalle operazioni da lei poste in essere, superino quelle negative.

3.2. Sotto altro profilo, prosegue la ricorrente, l’affermazione secondo cui la presentazione ed il deposito presso le camere di commercio del bilancio d’esercizio, tardivamente approvato, avrebbe efficacia sanante circa l’omessa dichiarazione dei ricavi e delle spese sostenute è giuridicamente infondata, e l’assolvimento di tale adempimento non interferisce in alcun modo, nè tanto meno lo vizia, con l’atto di accertamento, che trae origine dall’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, condizione che faculta l’Ufficio a determinare, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41, il reddito complessivo del contribuente. Tale circostanza, conclude la ricorrente, è, peraltro, da sola, idonea ad escludere il diritto ai benefici fiscali, non essendo stati rispettati in riferimento al maggior reddito accertato, mai contestato ex adverso, gli obblighi di devoluzione ai fondi mutualistici nella misura del 3% e l’accantonamento in un fondo di riserva capitale da devolvere ai fondi mutualistici unitamente al patrimonio, in caso di scioglimento della cooperativa.

4. Premesso che l’indicazione formale delle doglianze dedotte sub 3.1 e 3.2. come vizio di motivazione, piuttosto che come violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non ha contenuto vincolante, poichè è solo l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 7882 del 2006; n. 7981 del 2007), i motivi, che per la loro connessione vanno congiuntamente esaminati, sono fondati.

5. A norma del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, le società cooperative e i loro consorzi sono ammessi alle agevolazioni fiscali previste dal Titolo 3 del medesimo decreto, a condizione che siano disciplinati dai principi di mutualità previsti dalle leggi dello Stato ed iscritte nel registro prefettizio e nello schedario generale della cooperazione. Il comma 2 dell’art. 14, in esame, stabilisce che i requisiti della mutualità si ritengono sussistenti quando negli statuti delle cooperative sono espressamente e inderogabilmente previste le clausole indicate nel D.Lgs.C.P.S. n. 1577 del 1947, art. 26, (divieto di distribuzione di dividendi superiori all’interesse legale, divieto di distribuzione di riserve; devoluzione, in caso di scioglimento della società – detratti capitale ed interessi – a scopi di pubblica utilità) precisando che dette condizioni di mutualità devono essere rispettate "in fatto" sia nel periodo di imposta cui si riferisce l’agevolazione fiscale sia nei cinque periodi di imposta precedenti ovvero nel minor periodo trascorso dall’approvazione degli statuti. Ai sensi della L. n. 28 del 1999, art. 3, comma 2, nel testo originario, le società cooperative e i loro consorzi che, entro il sesto mese successivo a quello di entrata in vigore della legge (22 febbraio 1999), recepiscono negli statuti le disposizioni di cui all’art. 2536 c.c. e alla L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, concernenti la devoluzione a fondi mutualistici di quote degli utili netti e del patrimonio che residua dalla liquidazione, "non incorrono nella decadenza delle agevolazioni fiscali e di altra natura previste dalla normativa vigente, sempre che, entro la stessa data, ottemperino agli obblighi di versamento stabiliti dalle predette disposizioni". Tale disposizione è stata sostituita dal D.Lgs. n. 220 del 2002, art. 16, secondo cui, ferme restando le norme sulla devoluzione ai fondi mutualistici di cui alla L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, sia in caso di liquidazione, sia in caso di perdita delle agevolazioni fiscali a seguito di violazione delle disposizioni richiamate dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 14, gli enti cooperativi e i loro consorzi, che non abbiano ancora recepito negli statuti le disposizioni di cui ai citati art. 2536 c.c. e L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5, concernenti la devoluzione ai fondi mutualistici di quote degli utili netti e del patrimonio che residua dalla liquidazione "non incorrono nella decadenza dalle agevolazioni fiscali e di altra natura previste dalla normativa vigente, sempre che abbiano ottemperato agli obblighi di versamento previsti dal citato art. 2536 ed adeguino il proprio statuto entro il termine prescritto in sede di attività di vigilanza". 6. Ai fini del godimento delle agevolazioni tributarie in rassegna occorre, pertanto, in base alla L. n. 28 del 1999, art. 3, comma 2, sia nel testo originario, qui in rilievo, che in quello risultante dalla novella di cui al D.Lgs. n. 220 del 2002 (in effetti inapplicabile, perchè emanato in epoca successiva alla notifica dell’atto d’accertamento, avvenuta il 6.10.2000, come si legge in sentenza) il concorso del dato formale, costituito dall’esistenza di previsioni statutarie relative alla devoluzione a fondi mutualistici di quote del patrimonio residuato dalla liquidazione e degli utili netti, e di quello fattuale, costituito dall’osservanza in concreto delle previsioni medesime (Cass. n. 10966 del 2007). In relazione al dato formale, l’impugnata sentenza "in merito al ritardato adeguamento" alle cennate prescrizioni, mentre afferma, con accertamento in sè non impugnato, che, ancor prima di tale adeguamento, lo Statuto della Cooperativa già prevedeva la devoluzione del patrimonio residuo allo scioglimento allo IACP, qualificato ente mutualistico, nulla deduce in ordine alla mancata previsione di una clausola statutaria coerente col disposto dell’art. 2536 c.c., ritenendo la questione superata, in fatto, dall’insussistenza di utili da ripartire. Così opinando, l’impugnata sentenza non ha, però, tenuto conto del principio sopra esposto, cui è corollario quello secondo cui la presunzione di spettanza delle agevolazioni o esenzioni tributarie opera solo quando gli statuti siano conformi ai principi legislativi in materia di mutualità (Cfr.

Cass. 13280/05), ed ha, inoltre, operato un’indebita confusione tra la veste "mutualistica" dell’attività sociale e la titolarità dei relativi utili, ed erroneamente escludendone l’appartenenza alla cooperativa, la ha implicitamente assolta dall’osservanza dell’obbligo fattuale di versamento sulla stessa incombente ex art. 2536 c.c. e L. n. 59 del 1992, art. 11, comma 5. Del pari non si sottrae alla censura che le è stata rivolta la statuizione di nullità dell’atto d’accertamento in quanto, come correttamente rilevato dalla ricorrente, la presentazione tardiva del bilancio d’esercizio presso le camere di commercio non è idonea nè a "sanare" l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, in quanto tale efficacia non le è riconnessa da nessuna disposizione di legge, nè a limitare o escludere il potere dell’Ufficio di procedere, in tale ipotesi, alla determinazione del reddito complessivo del contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41. 7. L’impugnata sentenza va in conclusione cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, col rigetto del ricorso introduttivo della contribuente. Le spese del giudizio di merito vanno compensate tra le parti, mentre vanno poste a carico dell’intimata quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 9.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese dei due gradi di merito e condanna l’intimata al pagamento di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 9.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2012

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