Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38728

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Marsala, Sezione distaccata di Castelvetrano, con sentenza in data 21.02.2007 dichiarava non doversi procedere nei confronti di L.S.A., in ordine al delitto di cui all’art. 589 c.p., per intervenuta prescrizione.

La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 24 marzo 2010, confermava la sentenza del Tribunale di Marsala, appellata dall’imputato, il quale lamentava la mancata assoluzione sul merito dell’imputazione. La Suprema Corte, con sentenza del 25.06.2008, aveva infatti qualificato il ricorso dell’imputato come appello e trasmesso gli atti alla Corte distrettuale di Palermo.

La Corte territoriale rilevava che al L.S. si contesta di aver omesso, nella sua qualità di medico di turno dell’Ospedale di (OMISSIS), di eseguire gli esami strumentali e di laboratorio che avrebbero permesso di evidenziare lo stato di disidratazione della paziente F.C.; paziente che decedeva il giorno stesso per arresto cardio-circolatorio da compromissione cardiaca di natura elettrica in corso di alcaiosi metabolica dovuta a disidratazione da vomito incoercibile.

Ritenuta provata la responsabilità dell’imputato, la Corte territoriale confermava quindi la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e condannava l’appellante alle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione L.S.A. deducendo il vizio motivazionale e l’erronea applicazione dell’art. 592 c.p.p. in ordine alla condanna alle spese nei giudizio di impugnazione.

La parte ritiene che le sentenze di primo e secondo grado, contraddittoriamente rispetto alle emergenze probatorie, abbiano ritenuto accertato lo stato di vomito incoercibile che affliggeva la paziente e che il decesso della parte offesa sia conseguenza dello stato di disidratazione provocato dai ripetuti accessi di vomito.

Rileva al riguardo l’esponente che si definisce giudizialmente vomito incoercibile la sintomatologia di espulsione forzata dalla bocca del contenuto gastrico che presenta carattere di cronicità; e che nelle manifestazioni di vomito della F. risulta assente il carattere della cronicità. A supporto degli assunti il deducente richiama ampi stralci delle deposizioni testimoniali assunte nel corso del giudizio di primo grado. Il ricorrente ritiene poi che l’esame autoptico non abbia evidenziato segni di disidratazione o di squilibrio elettrolitico. La parte assume che i giudici di merito abbiano disatteso l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità omissiva; e che abbiano trascurato l’ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, in base alla quale il decesso deve ritenersi causalmente dipendente dalla assunzione di farmaci per patologia psichiatrica. Sulla scorta di tali rilievi, il deducente si duole della mancata pronuncia assolutoria, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, in luogo della declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. La parte richiama decisioni della Suprema Corte (sino al 2004) ove si esamina il rapporto intercorrente tra causa di estinzione del reato ed evidenza della prova di innocenza dell’imputato.

Con il secondo motivo, l’esponente considera che la Corte di Appello, erroneamente, ha condannato l’appellante al pagamento non solo delle spese del procedimento, ma anche alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, e perciò inammissibile, per le ragioni di seguito esposte.

3.1 Giova rilevare che il rapporto intercorrente tra la pronuncia assolutoria di merito e la causa estintiva del reato, ai fini dell’applicabilità del disposto di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2, è stato recentemente oggetto di approfondita disamina da parte della Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Ebbene, per quel che riguarda il presupposto della evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato – ai fini della prevalenza della formula di proscioglimento sulla causa estintiva del reato – le Sezioni Unite hanno confermato l’orientamento costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in base al quale "il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" (percezione ictu oculi), che a quello di "apprezzamento", incompatibile, dunque, con qualsiasi necessità di accertamento o approfondimento; in altre parole, l’"evidenza" richiesta dall’art. 129 c.p.p., comma 2 presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi così addirittura in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28.05.2009, dep. 15.09.2009, Rv. 244273). Le Sezioni Unite hanno quindi chiarito che "la regola probatoria di cui all’art. 530 c.p.p., comma 2, – cioè il dovere per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità – appare dettata esclusivamente per il normale esito del processo che sfocia in una sentenza emessa dal giudice al compimento dell’attività dibattimentale, a seguito di una approfondita valutazione di tutto il compendio probatorio acquisito agli atti;

tale regola, giova ribadirlo, non può trovare applicazione in presenza di una causa estintiva del reato: in una situazione del genere (salvo il caso che oggi non viene in rilievo in cui sia stata pronunciata condanna al risarcimento dei danni ex art. 578 c.p.p.) … vale invece la regola di giudizio di cui all’art. 129 c.p.p. in base alla quale, intervenuta una causa estintiva del reato, può essere pronunciata sentenza di proscioglimento nel merito solo qualora emerga dagli atti processuali "positivamente" ("… risulta evidente …": art. 129 c.p.p., comma 2), senza necessità di ulteriore approfondimento, l’estraneità dell’imputato a quanto contestatogli (Cass. Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28.05.2009, cit).

Tale orientamento viene riaffermato in questa sede, perchè assolutamente condivisibile.

3.2 Orbene, nel caso di specie, la Corte di Appello ha evidenziato che il primo giudice, ritenuta sussistente la responsabilità dell’imputato, aveva rilevato l’intervenuta estinzione del reato alla data del 6.03.2006, tenuto pure conto dei periodi di sospensione del procedimento. Ed ha osservato che non sussistevano i presupposti per una pronuncia assolutoria, sia pure ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2. Il Collegio ha considerato, al riguardo, che la paziente F.C. si era presentata all’Ospedale di (OMISSIS) con un processo di vomito in corso avente carattere di incoercibilità, condizione che avrebbe richiesto, secondo un criterio di media diligenza e perizia, l’immediata effettuazione di esami di laboratorio. Sul punto la Corte territoriale ha richiamato le conclusioni rassegnate dal collegio dei consulenti del Pubblico Ministero, ove si rilevava la responsabilità professionale colposa dei sanitari della divisione di medicina generale dell’Ospedale di (OMISSIS), i quali a fronte del richiamato rilievo anamnestico, non eseguivano immediatamente – ma li programmavano per il giorno successivo – esami strumentali e di laboratorio che avrebbero certamente permesso di evidenziare lo stato di disidratazione della paziente e di iniziare immediatamente la terapia infusiva reidratante e riequilibrante.

La Corte di Appello ha pure osservato che F.C. era affetta da sindrome schizofrenica in soggetto oligofrenico e che dal 1990 era in cura presso il Dipartimento Tutela Salute Mentale di (OMISSIS); e che il gruppo familiare di riferimento aveva evidenziato difficoltà a collaborare nella cura della paziente, alla quale venivano somministrati farmaci neurolettici ansiolitici.

Con riferimento ai giorni immediatamente precedenti il decesso, il Collegio ha rilevato che dalle dichiarazioni rese dai familiari della vittima emergeva che la parte offesa accusava dolori alla gola e che aveva manifestato difficoltà ad ingerire cibo ed acqua, rimettendo sistematicamente subito dopo l’ingestione. La Corte di Appello ha quindi considerato: che la donna in data 3.09.1998 si era recata dal medico curante, il quale le aveva prescritto una terapia rivelatasi inefficace; che in data 5.09.1998 la paziente veniva condotta dal figlio, una prima volta, al Pronto Soccorso dell’Ospedale (OMISSIS), ove i sanitari, sospettando una candidosi orale, rimettevano la donna al domicilio, con prescrizione di terapia ansiolitica; che in data 6.09.1998, stante il peggioramento del quadro clinico, la paziente veniva nuovamente accompagnata alle ore 09.15 presso il locale Pronto Soccorso, ove veniva refertato "Vomito incoercibile in soggetto con note asteniche e sospetta candidosi orale" e predisposto il ricovero della donna, che dormiva affannosamente, presso la Divisione di Medicina Generale.

Il Collegio ha in particolare evidenziato che dalla Cartella clinica risultava che alla donna era stata praticata una puntura di valium dal dott. L.S.; e che il predetto medico non procedette alla visita della paziente. La Corte territoriale ha considerato, inoltre, che i familiari della donna avevano riferito che durante la breve degenza, conclusasi con il decesso della parte offesa in data (OMISSIS), il personale medico non si era accertato delle condizioni della paziente; e che solo alle ore 6.20 del giorno (OMISSIS), l’infermiere incaricato di procedere al prelievo ematico constatò l’intervenuto decesso della donna.

Sulla scorta di tali emergenze fattuali, la Corte di Appello ha evidenziato di condividere la valutazione effettuata dal primo Giudice, il quale aveva considerato che il dato anamnestico relativo al vomito incoercibile che affliggeva la parte offesa risultava dalla cartella clinica e dal referto del Pronto Soccorso; e che gli esami per accertare l’eventuale disidratazione della paziente risultavano perciò assolutamente urgenti.

Le conformi valutazioni effettuate dai giudici di primo e secondo grado portano allora ad escludere che, nel caso di specie, possa prevalere la formula assolutoria di merito rispetto alla evidenziata causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

4. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

4.1 Invero, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 538 c.p.p., comma 1, e art. 541 c.p.p., comma 1, si ha che il giudice pone a carico dell’imputato le spese in favore della parte civile "quando pronuncia sentenza di condanna". Nel caso di specie, come sopra ampiamente rilevato, di converso, già in primo grado venne pronunciata sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione; sfugge, pertanto, il presupposto giuridico per porre a carico a carico dell’appellante le spese sostenute dalla parte civile.

4.2 La sentenza impugnata, limitatamente al capo relativo alla condanna dell’imputato al pagamento delle spese in favore della parte civile, deve pertanto essere annullata senza rinvio.

Nulla per spese ex art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo relativo alle spese in favore della parte civile; dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

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