Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38727

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 22.10.2010, confermava la sentenza del Tribunale di Bergamo del 2.5.2007, con la quale era stata affermata la penale responsabilità di B. G., in relazione al delitto di cui all’art. 589 c.p., per aver cagionato colposamente, con violazione delle norme sulla circolazione stradale, mentre si trovava alla guida della vettura Tg.

(OMISSIS), il decesso di Ba.Em., la quale conduceva a sua volta l’autovettura Tg. (OMISSIS); l’imputato era stato condannato alla pena di mesi nove di reclusione, concesse le attenuanti generiche e l’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6 con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante.

La Corte territoriale rilevava di condividere la valutazione effettuata dal Tribunale, che aveva proceduto alla ricostruzione della dinamica del sinistro nei termini che seguono: B., alla guida della AUDI A6, procedendo in ore notturne a velocità non regolata sulla strada statale n. (OMISSIS), con direzione di marcia (OMISSIS), a causa di un colpo di sonno perdeva il controllo del mezzo ed invadeva l’opposta corsia di marcia; nel frangente, l’auto condotta dal B. collideva con l’autovettura JEEP "Cherokee" condotta da P.C., che procedeva in direzione (OMISSIS), provocando il ribaltamento del fuori strada;

quindi, l’AUDI collideva frontalmente con la utilitaria condotta da Ba.Em., in marcia regolare con la stessa direzione della JEEP, provocando l’istantaneo decesso della donna. La Corte di Appello rilevava poi l’infondatezza della eccezione processuale, volta a ritenere l’inammissibilità della testimonianza del conducente della JEEP, P.C., per essere costui stato sentito con le garanzie difensive dalla polizia giudiziaria, in prossimità temporale del fatto.

2. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione B.G., a mezzo del difensore.

Con il primo il secondo motivo la parte deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge, con riferimento agli artt. 350, 197 e 197 bis c.p.p.. Il ricorrente ribadisce l’eccezione relativa alla inammissibilità della testimonianza resa dal P. ed alla conseguente inutilizzabilità delle dichiarazioni da costui rese in corso di dibattimento, considerando che P. venne sentito nella fase iniziale delle indagini con l’assistenza di un difensore, quale indagato. La parte assume che il compimento di un fatto investigativo, quale l’esame con l’assistenza di un difensore, qualifica di per sè il dichiarante come persona sottoposta ad indagini, anche in assenza della iscrizione nel registro delle notizie di reato; e rileva che nei confronti di P. non è stato emesso alcun decreto di archiviazione.

Sotto altro aspetto, il ricorrente rileva che il teste P. risulta inattendibile, atteso che qualora avesse reso una diversa dichiarazione sulla ricostruzione della dinamica del sinistro avrebbe accusato se stesso. Rileva che la Corte territoriale ha violato i canoni di valutazione della testimonianza, di cui all’art. 192 c.p.p..

Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso la parte deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge, in relazione agli artt. 220, 530 e 533 c.p.p.. Osserva il deducente che la Corte territoriale ha effettuato valutazioni tecniche e di natura cinematica a fronte dei rilievi svolti dal consulente tecnico di parte, senza disporre perizia; e ciò benchè non fosse stata disposta consulenza da parte del Pubblico Ministero nè disposta perizia dal Giudice di primo grado.

Con il quinto ed il sesto motivo di ricorso l’esponente deduce il difetto di motivazione e la violazione di legge, in relazione agli artt. 530 e 533 c.p.p.. La parte ritiene che la Corte territoriale abbia motivato con inversione dell’onere della prova. Il ricorrente assume che il Collegio abbia ritenuto che fu l’imputato ad invadere l’opposta semicarreggiata, disattendendo la diversa ricostruzione della dinamica del sinistro prospettata dalla difesa, pure valorizzando il silenzio serbato dall’accusato e non considerando lo stato di amnesia del B. conseguente al grave trauma subito.

La parte si duole della mancata acquisizione, da parte della Corte di Appello, della documentazione clinica relativa al ricovero del B. dopo il sinistro. Il ricorrente osserva che la Corte territoriale ha disatteso il canone dell’"oltre il ragionevole dubbio", in presenza di più ipotesi ricostruttive del fatto.

Con ulteriori motivi di ricorso la parte deduce l’illogicità della motivazione, la contraddittorietà rispetto alle risultanze processuali e la violazione di legge. L’esponente confuta la motivazione della sentenza impugnata, con riguardo alle cause che determinarono lo sbandamento della JEEP ed il ribaltamento del mezzo;

considera che il conducente del fuori strada effettuò una sterzata a destra in assenza di alcun urto con la AUDI. La parte ribadisce che la Corte di Appello ha argomentato in assenza di dati tecnici che potevano essere forniti solo da una perizia. Rileva che la deformazione della ruote della JEEP dipese dal ribaltamento del mezzo e che non venne provocata dall’impatto con l’AUDI. Sotto altro aspetto il ricorrente considera che se l’AUDI avesse realmente urtato la JEEP prima di impattare con la vettura condotta dalla vittima, che seguiva il fuori strada, l’urto con l’utilitaria non sarebbe potuto avvenire frontalmente, giacchè l’AUDI avrebbe necessariamente ruotato dopo l’urto con la JEEP. Il ricorrente rileva che la Corte territoriale, nel censire le opposte ipotesi ricostruttive della dinamica del sinistro, ha attribuito valore determinante alla testimonianza del P..

Con il decimo ed undicesimo motivo l’esponente deduce la illogicità della motivazione e la violazione dell’art. 62 c.p., n. 6.

La parte rileva che la Corte territoriale, nel rigettare la richiesta di applicazione della massima riduzione della pena per effetto della richiamata circostanza attenuante, ha considerato che il risarcimento era avvenuto ad opera della Compagnia di assicurazione, con ciò disattendendo l’insegnamento della Suprema Corte, la quale ha chiarito che ai fini della sussistenza della richiamata attenuante rileva anche il pagamento effettuato dalla Compagnia assicuratrice.

Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.

3.1 L’eccezione processuale, affidata ai primi due motivi di ricorso, con la quale la parte assume l’inutilizzabilità della testimonianza resa dal teste P., non ha pregio. Al riguardo la Corte di Appello ha del tutto conferentemente evidenziato che P. non ebbe mai ad assumere la qualità di indagato, nè di imputato; e che non sussisteva alcuna incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone nel processo a carico di B.. Il Collegio ha rilevato, inoltre, che l’attività svolta dalla polizia giudiziaria, che si era limitata a sentire il P. nella fase iniziale delle indagini con l’assistenza di un difensore, non qualificava il predetto dichiarante come soggetto indagato. Si osserva che le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale si collocano nell’alveo dell’insegnamento espresso da questa Suprema Corte, in ordine all’ambito delle valutazioni discrezionali, rimesse al giudice di merito, nel verifica re se un determinato soggetto abbia realmente assunto la qualità di indagato. La Corte regolatrice ha, infatti, chiarito che la qualità di indagato può essere assunta o a seguito di specifica iniziativa del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 335 c.p.p., ovvero in seguito ad un fatto investigativo che qualifichi, di per sè, il soggetto come persona sottoposta alle indagini. In tale seconda ipotesi, peraltro, si è precisato che occorre che venga espletato un fatto investigativo avente specifico valore qualificante, quale il fermo o l’arresto (Cass. Sezione 1, sentenza n. 24279, del 14.05.2003, dep. 4.06.2003, Rv. 225452).

Conclusivamente sul punto, si osserva che la Corte di Appello ha, comunque, proceduto a specifico vaglio critico del dichiarante, giungendo a ritenere che la deposizione del teste P. risultasse pienamente attendibile, secondo un percorso valutativo che in concreto soddisfa i parametri di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3, richiamati dall’art. 197 bis c.p.p., u.c..

3.2 Del pari infondati sono i motivi di ricorso – terzo e quarto – con i quali la parte deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, per non avere la Corte territoriale disposto perizia tecnica.

Occorre, al riguardo, considerare che la giurisprudenza di legittimità risulta consolidata nel rilevare che, in tema di perizia, il giudice di merito non ha l’obbligo di nominare un perito, tutte le volte in cui sussista una questione tecnica, ma solo nel caso in cui, in mancanza di elementi già acquisiti, emerga una concreta esigenza di indagine o di apprezzamento da parte di un esperto. La Suprema Corte ha, peraltro, precisato che l’accertamento della sussistenza, o meno, delle esigenze ora richiamate spetta, unicamente, al giudice di merito (Cass. Sezione 4, sentenza n. 12120 del 5.05.1988, dep. 09.12.1988, Rv. 179880). Nel caso di specie, la Corte di Appello ha ritenuto insussistente, in concreto, l’esigenza di nominare un perito, al fine di procedere all’apprezzamento delle acquisite emergenze probatorie rispetto alla ricostruzione della dinamica del sinistro, secondo una valutazione che risulta immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità, per le spiegate ragioni.

3.3 Si procede ora alla trattazione congiunta dei motivi di ricorso involgenti la ricostruzione della dinamica del sinistro che occupa.

Trattasi di rilievi privi di pregio, atteso che la Corte di Appello ha sviluppato un percorso argomentativo, afferente all’apprezzamento dei profili di ascrivibilità colposa della condotta, sulla base delle risultanze istruttorie, che appare intrinsecamente coerente e privo di fratture logiche. Soffermandosi specificamente sui motivi di doglianza, la Corte territoriale ha considerato che l’ipotesi alternativa prospettata dal consulente tecnico della difesa – in base alla quale fu la JEEP a ribaltarsi e ad invadere la corsia di pertinenza dell’AUDI, di talchè B. si vide costretto ad effettuare una manovra di emergenza sterzando a sinistra, manovra sfortunata negli esiti quanto obbligata nelle cause – risultava basata su astratte elaborazioni tecniche e presentava diversi momenti di implausibilità. La Corte di Appello ha evidenziato, in particolare, che gli accertamenti effettuati dalla Polizia stradale intervenuta sul posto nell’immediatezza del fatto riscontravano la versione dei fatti riferita dal conducente della JEEP, escusso come teste in corso di giudizio. Segnatamente, il Collegio ha fatto espresso riferimento alla incisione rinvenuta sul manto stradale, ritenuta indicativa del punto di impatto tra l’AUDI e la JEEP; ed ha considerato che la rottura del semiasse posteriore della JEEP e la riscontrata deformazione del cerchione, erano evenienze che risultavano compatibili con l’urto intervenuto tra l’AUDI ed il fuori strada, urto che la Corte territoriale ha individuato come causa del ribaltamento della JEEP. E’ poi appena il caso di rilevare che la stessa Corte di Appello ha chiarito che non occorreva accertare se la fatale deviazione posta in essere da parte del B. fosse stata determinata da un colpo di sonno o da un attimo di disattenzione, una volta accertata la dinamica del sinistro nei termini sopra richiamati.

3,4 Infondati risultano, infine, i motivi di ricorso con i quali la parte deduce la violazione dell’art. 62 c.p., n. 6. Al riguardo, giova rilevare che occorre, invero, distinguere il riconoscimento della circostanza attenuante – pacificamente intervenuto – rispetto al successivo esercizio, da parte del giudice di merito, del potere discrezionale, in relazione alla determinazione della riduzione di pena, conseguente al riconoscimento della richiamata circostanza attenuante. Orbene, nel caso di specie, in ordine al trattamento sanzionatorio, la Corte di Appello ha considerato che l’intervenuto risarcimento ad opera della compagnia assicuratrice dava causa al riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6; non di meno, in relazione alla assenza di comportamenti direttamente rappresentativi della volontà dell’imputato di riparare il danno cagionato, il Collegio ha ritenuto giustificata la diminuzione della pena operata dal primo giudice, In misura inferiore rispetto alla massima operatività della predetta circostanza attenuante.

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *