Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38665 Interesse ad impugnare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, ha confermato la misura della custodia in carcere disposta con provvedimento del 26 novembre 2010 dal G.i.p. del Tribunale di Catanzaro nei confronti di L.M.E. per il reato contestato al capo 22 della imputazione provvisoria, qualificando il fatto come tentativo di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, anzichè come tentata estorsione aggravata.

Ad L.M.E. era stato contestato di avere, in concorso con il fratello B. e con B.M., tentato di costringere M.L., presidente del consiglio di amministrazione della casa protetta per anziani "Villa Sorriso", a favorire la ditta Naccarato, controllata dalla cosca B., per i servizi funebri dei pazienti deceduti in quella struttura sanitaria.

Dall’ordinanza si apprende che i due fratelli L.M. avrebbero in diverse occasioni rappresentato a M.L. l’intenzione di B.M., conosciuto dal M. come "persona poco raccomandabile", di incontrarlo personalmente per discutere della faccenda, incontro sempre rifiutato ed evitato dalla persona offesa;

in particolare L.M.E. avrebbe detto a M. che ove avesse insistito nell’evitare di incontrare B. questi si "sarebbe offeso"; inoltre, sempre L.M.E. gli avrebbe fatto avere uno scritto riproducente l’avviso che avrebbe dovuto far affiggere in clinica per invitare i parenti dei degenti a rivolgersi, per i servizi di onoranze funebri, alla ditta Naccarato.

Contro l’ordinanza del Tribunale l’indagato ha proposto personalmente ricorso per cassazione.

Con il primo motivo ha eccepito la nullità dell’ordinanza per violazione degli artt. 177 e 178 lett. b) c.p.p., rilevando che il Tribunale ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ad un fatto diverso da quello contemplato nell’originaria imputazione, in cui si contestava di avere costretto M.L. a dirottare i parenti dei pazienti deceduti verso l’impresa del Naccarato; nell’ordinanza impugnata, invece, si fa riferimento ad una condotta diretta a costringere i M. a far affiggere presso la Villa Sorriso un invito rivolto agli utenti di usufruire dei servizi funebri offerti dalla ditta Naccarato. Quindi, si contesta che in sede di riesame il Tribunale potesse procedere alla modifica della contestazione fattuale e per questo si chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza.

Con il secondo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), come conseguenza della oggetti va impossibilità di verificare l’effettiva rispondenza delle captazioni al contenuto delle trascrizioni eseguite, richiesta presentata dalla difesa e mai autorizzata dalla Procura. Si evidenzia come questa violazione, fatta valere anche in sede di riesame, è stata disattesa dal Tribunale che ha rilevato che i tempi strettissimi intercorsi tra l’istanza e la trattazione del riesame non hanno consentito all’ufficio della Procura di consegnare tempestivamente i supporti informatici su cui eseguire i controlli richiesti. Il ricorrente censura questa I’nterpretazione, ritenendo che il giudice del riesame non avrebbe potuto utilizzare i risultati delle intercettazioni oggetto della richiesta di accesso da parte della difesa, con la conseguenza che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale perchè proceda a nuovo giudizio prescindendo dal materiale captativo affetto dal rilevato vizio procedurale.

Con il terzo motivo ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione, perchè, da un lato, non risulta dimostrato l’accordo tra l’indagato e B.M., dall’altro, il Tribunale avrebbe travisato il contenuto di alcune intercettazioni.

Con l’ultimo motivo il ricorrente contesta la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve rilevarsi che, in pendenza del ricorso per cassazione, l’indagato è stato rimesso in libertà per cui è venuto meno l’interesse all’impugnazione.

Recentemente le Sezioni unite hanno ribadito che quando nelle more del ricorso viene revocata o diventa inefficace una misura cautelare custodiale, perchè possa ritenersi sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, "è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato" (Sez. un., 16 dicembre 2010, n. 7931, Testini; nello stesso senso, Sez. 6^, 15 novembre 2006, n. 9943, Campodonico).

In difetto di una espressa indicazione che dimostri l’intenzione di una futura utilizzazione della pronuncia, l’interesse in questione finisce per essere commisurato al probabile successo dell’azione di riparazione e l’impugnazione diventa lo strumento per rimuovere un pregiudizio futuro, solo teoricamente ed eventualmente collegato al provvedimento impugnato, laddove è pacifico che la situazione pregiudizievole che l’impugnazione tende a rimuovere deve porsi in rapporto causale con l’atto impugnato, del quale deve essere conseguenza immediata e diretta.

Ciò comporta, quindi, l’onere a carico del ricorrente di rappresentare l’esistenza di un simile interesse, anche con riferimento alla mancanza delle cause ostative di cui all’art. 314 c.p.p., comma 4.

In conclusione, si ritiene che in tali fattispecie il carattere dell’attualità e della concretezza dell’interesse ad impugnare possa essere riconosciuto a condizione che la parte manifesti, in termini positivi ed univoci, la sua intenzione a servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione.

Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, con riferimento a tutti i motivi proposti, per i quali non risulta alcuna manifestazione di volontà diretta ad utilizzare la decisione al fine di proporre l’azione di riparazione ex art. 314 c.p.p..

Il venir meno dell’interesse, sopraggiunto alla proposizione del ricorso, non configura un’ipotesi di soccombenza e pertanto si ritiene che il ricorrente non debba essere condannato nè alle spese processuali nè al pagamento della sanzione in favore della cassa delle ammende (Sez. un., 25 giugno 1997, n. 7, Chiappetta).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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