Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5845 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 78/1/09, depositata il 21.10.09 e notificata il 16.11.09, la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Monfalcone, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società Marina Azzurra s.p.a. nei confronti del silenzio rifiuto, opposto dall’amministrazione all’istanza di rimborso dell’IVA per gli anni 1987 e 1988. 2. La CTR – confermando il percorso argomentativo del giudice di prime cure – riteneva, invero, che il rimborso dell’eccedenza delle somme versate dal contribuente, rispetto a quelle occorrenti per la definizione della lite tributaria mediante condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, spettasse anche in caso di soccombenza parziale, e non totale, dell’amministrazione nel precedente giudizio estinto a seguito della definizione condonale.

2.1. Il giudice di appello, riteneva, inoltre, che fosse corretta la statuizione di prime cure, con la quale era stato riconosciuto alla contribuente il rimborso dei crediti IVA esposti in dichiarazione, oggetto della pregressa controversia, estinta a seguito della sua definizione mediante condono.

3. Avverso la sentenza n. 78/1/09 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a tre motivi, ai quali l’intimata ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione

1. Rileva, in via pregiudiziale, la Corte che l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate, proposta dalla resistente Marina Azzurra s.p.a., si palesa del tutto infondata e va, pertanto, disattesa.

1.1. Ed invero, a seguito della sentenza n. 427/02 della Corte Costituzionale – secondo cui la notifica di un atto processuale si intende perfezionata, per il notificante, al momento della consegna del medesimo all’ufficiale giudiziario – la tempestività del ricorso per cassazione postula che la consegna della copia del ricorso, per la spedizione a mezzo posta, venga effettuata nel suindicato termine perentorio, e che l’eventuale tardività della notifica possa essere imputata esclusivamente ad errori o all’inerzia dell’ufficiale giudiziario o dei suoi ausiliari, e non a responsabilità del notificante (Cass. S.U. 7607/10, Cass. 10693/07, 6547/08).

1.2. Orbene, rileva la Corte che – nel caso di specie – l’impugnata sentenza è stata notificata in data 16.11.09, laddove il ricorso risulta consegnato all’ufficiale giudiziario, per la spedizione a mezzo posta, in data 15.1.10, ossia il sessantesimo giorno successivo alla notifica della sentenza di appello.

Ne consegue che il ricorso per cassazione dell’amministrazione finanziaria è stato proposto nel termine di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2 – a nulla rilevando la successiva consegna al destinatario, imputabile a ritardo dell’ufficio postale – e, pertanto, il medesimo deve essere considerato tempestivo.

2. Premesso quanto precede, si passa, a questo punto, all’esame dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate.

3. Con la prima censura, l’amministrazione deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 3.1. La CTR avrebbe, invero, erroneamente ritenuto, a parere della ricorrente, che il rimborso dell’eccedenza delle somme versate dal contribuente, rispetto a quelle occorrenti per la definizione della lite tributaria mediante condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, spettasse anche in caso di soccombenza parziale, e non totale, dell’amministrazione nel precedente giudizio estinto a seguito della definizione della lite pendente mediante condono.

3.2. Il motivo è fondato e va accolto.

3.2.1. Va difatti premesso, al riguardo, che la società Marina Azzurra s.p.a., in un precedente giudizio, diverso dal presente, impugnava dinanzi alla CTP di Gorizia l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva rettificato le sue dichiarazioni IVA per gli anni 1986-1988, disconoscendo una serie di crediti esposti dalla contribuente.

In forza della decisione di primo grado, parzialmente sfavorevole a quest’ultima, venivano, quindi, provvisoriamente iscritti a ruolo e pagati dalla società Marina Azzurra s.p.a. gli importi dovuti ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68.

Tuttavia, l’appello della contribuente veniva parzialmente accolto dalla CTR del Friuli Venezia Giulia, che riconosceva, in parte, i crediti vantati dalla predetta società, riducendo, di conseguenza, la pretesa fiscale azionata dall’Ufficio, riconosciuta fondata dalla sentenza emessa in prime cure.

Instauratosi il giudizio dinanzi alla CTC, la lite veniva, peraltro, definita dalla contribuente mediante condono, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16; di conseguenza, il giudizio veniva dichiarato estinto dalla CTC. Ai fini del perfezionamento della fattispecie estintiva suindicata, venivano scomputate dall’amministrazione, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, dalle somme dovute in base al condono, quelle già corrisposte dalla Marina Azzurra s.p.a., a titolo provvisorio, in forza della sentenza di primo grado, ad essa parzialmente sfavorevole.

3.2.2. Tuttavia, poichè le somme provvisoriamente riscosse dall’amministrazione prima della presentazione della domanda di definizione eccedevano l’importo dovuto per il perfezionamento del condono, la società contribuente presentava una prima istanza di rimborso, in data 27.4.06, con la quale chiedeva la restituzione della differenza tra quanto versato e quanto dovuto per il condono, pari ad Euro 21.516,97, oltre accessori di legge ed interessi.

A tale prima istanza faceva seguito una seconda, in data 26.7.07, con la quale la contribuente chiedeva la restituzione dell’importo di Euro 76.239,89, oltre accessori di legge ed interessi, a titolo di rimborso dei crediti di imposta disconosciuti dalla sentenza di primo grado – emessa nel giudizio estinto a seguito del condono – ma riconosciuti come spettanti dalla decisione di secondo grado, ossia dall’ultima sentenza di merito emessa prima che il giudizio venisse dichiarato estinto dalla CTC. Su entrambe le istanze suesposte si formava il silenzio rifiuto, oggetto di impugnativa nel presente giudizio, e considerato illegittimo dalle decisioni di prime e seconde cure.

3.3. Orbene, in relazione alla prima questione in ordine alla quale la p.a. ha opposto, all’istanza della Marina Azzurra s.p.a., il silenzio rifiuto, e cioè il riconoscimento, o meno, della restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle necessarie per la definizione del condono, il primo motivo del ricorso per cassazione proposto dall’agenzia delle Entrate investe – come detto – la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5.

Tale disposizione, infatti, dopo avere premesso che dalle somme dovute per il condono si scomputano quelle già corrisposte prima della presentazione della domanda di definizione, per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di lite, stabilisce, altresì, che "fuori dai casi di soccombenza dell’amministrazione", la definizione della controversia mediante condono non da luogo alla restituzione delle somme già versate; e ciò anche se tali somme siano, in ipotesi, eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione della lite in via condonale. Ebbene, l’incipit della seconda parte della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5, laddove prevede – in deroga al principio della non restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quanto dovuto per il condono – l’ammissibilità di tale restituzione in caso di soccombenza dell’amministrazione, è stato interpretato dalla CTR come comprensivo anche dell’ipotesi in cui tale soccombenza sia parziale, e non come limitato alle sole ipotesi di soccombenza totale dell’amministrazione.

3.4. L’assunto non può essere condiviso.

La norma in esame, invero, ha natura di disposizione eccezionale e derogatoria della previsione generale in forza della quale il condono, in quanto incide in via definitiva sui debiti tributari dei contribuenti, che vengono ad essere definiti transattivamente con il versamento delle somme a tal fine dovute, non può dare luogo a restituzione alcuna degli importi in precedenza corrisposti (cfr.

Cass.S.U. 14828/08), sebbene eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa.

La disposizione derogatoria di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 5 – in quanto tale di stretta applicazione, e perciò applicabile solo in relazione alla fattispecie ivi prevista – concerne, in altri termini, la sola ipotesi in cui le somme versate, in forza delle disposizioni vigenti in tema di riscossione in pendenza di lite (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68), eccedenti quelle da corrispondere per la definizione condonale, non risultino più dovute a seguito dell’ultima pronuncia di merito, sfavorevole all’amministrazione.

3.5. Da quanto suesposto consegue, dunque, che il diritto alla restituzione delle somme già corrisposte in corso di causa ed eccedenti quelle dovute per il condono può spettare al contribuente – contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di secondo grado – solo nel caso di soccombenza totale dell’ amministrazione nei giudizi di merito. Il che non si verifica quando il giudice di appello – come nel caso di specie – decidendo sul gravame, abbia accolto in parte le pretese dell’Ufficio, giacchè in siffatta ipotesi la restituzione non può competere per quelle somme che risultino effettivamente dovute, in quanto dipendenti da pretese dell’amministrazione risultate fondate nel giudizio di secondo grado.

La censura in esame, pertanto, merita pieno accoglimento.

4. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce, poi, la nullità della sentenza per omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. 4.1. La CTR avrebbe, invero, omesso di pronunciarsi sul motivo di appello proposto dall’amministrazione relativo alla non rimborsabilità – contrariamente a quanto statuito dal giudice di prime cure – non dell’eccedenza di quanto pagato in corso di causa rispetto a quanto dovuto per il condono (oggetto del motivo che precede), ma dei crediti IVA che avevano costituito l’oggetto del precedente giudizio estinto con il condono, e che – disattesi dalla CTP – erano stati, invece, riconosciuti dalla decisione di appello di quel giudizio.

Ed invero, come dianzi detto, la società Marina Azzurra s.p.a., oltre all’istanza diretta alla restituzione della predetta eccedenza, ne aveva presentato una seconda, in data 26.7.07, con la quale la medesima aveva chiesto la restituzione dell’importo di Euro 76.239,89, a titolo di rimborso dei crediti di imposta disconosciuti dalla sentenza di primo grado – emessa nel giudizio estinto a seguito del condono – ma riconosciuti come spettanti dalla decisione di appello, ossia dall’ultima sentenza di merito emessa prima che il giudizio venisse dichiarato estinto dalla CTC. 4.2. Il motivo è infondato.

La decisione impugnata dall’Agenzia si è, invero, pronunciata sull’intera materia del contendere del giudizio di appello, come si evince dalla narrativa in fatto della vicenda, nonchè dall’espresso richiamo a decisioni di questa Corte, che la stessa amministrazione riconosce di avere posto a sostegno del proprio motivo di appello sul punto – poichè statuenti che l’adesione libera al condono da parte del contribuente preclude al medesimo il rimborso dei crediti di imposta vantati – e che, invece, a parere della CTR riguarderebbero una fattispecie diversa.

Non è dato, pertanto, ravvisare dell’impugnata decisione, ad avviso della Corte, alcuna omissione di pronuncia sul punto in questione.

5. Deve ritenersi, per contro, fondato il terzo motivo di ricorso dell’amministrazione, attinente al merito della questione suesposta, con il quale l’Agenzia delle Entrate deduce, invero, la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 5.1. L’amministrazione si duole, al riguardo, del fatto che la CTR abbia – confermando la decisione di primo grado – riconosciuto alla società contribuente il diritto al rimborso dei crediti esposti nelle dichiarazioni IVA, che avevano costituito oggetto della pregressa controversia, poi estinta – con declaratoria della CTC – a seguito di condono L. n. 289 del 2002, ex art. 16.

Ed invero, a parere della ricorrente, una volta perfezionatasi la definizione della pendenza tributaria ed estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere, il contribuente non potrebbe più pretendere la restituzione di somme la cui debenza aveva costituito oggetto di contestazione nella controversia, poi definita.

5.2. La censura è pienamente fondata e va accolta.

5.2.1. Questa Corte ha, per vero, più volte affermato che la pronuncia di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, a seguito di intervenuta definizione delle pendenze tributarie comporta, da un lato, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in giudicato (fatta eccezione per l’incidenza di tali pronunce sulle somme versate in eccedenza rispetto a quelle necessarie per il condono, in caso di soccombenza della p.a., nei limiti sopra esaminati), dall’altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale, diversa da quella limitata all’accertamento del venir meno dell’interesse alla prosecuzione del giudizio.

La fattispecie estintiva in esame rinviene, difatti, la sua completa regolamentazione nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 e L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, in forza dei quali la declaratoria di estinzione, accertando l’intervenuta "definizione" della pendenza tributaria, non può che comportare la caducazione di tutti i provvedimenti resi nel relativo processo e non passati in giudicato, non consentendo, pertanto, l’applicazione, nella speciale materia in questione, del disposto dell’art. 310 c.p.c., che esclude dagli effetti dell’estinzione le pronunce di merito pronunciate nel giudizio estinto. Ed invero, il perdurare degli effetti ivi previsto per le predette pronunce contrasterebbe – com’è del tutto evidente – con l’accertata definizione del rapporto oggetto delle pronunce stesse, per effetto del condono e della conseguente declaratoria di estinzione del giudizio tributario avente ad oggetto la pretesa fiscale definita (cfr. Cass. 18640/08).

5.2.2. Da quanto suesposto consegue, pertanto, che la pronuncia di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere, a seguito della definizione con condono di una pretesa tributaria pendente, non può determinare – contrariamente a quanto ritenuto, nel presente giudizio, dai giudici di primo e secondo grado – il consolidamento dei crediti esposti dal contribuente nelle dichiarazioni IVA, che abbiano costituito oggetto – come nel caso di specie – di rettifica da parte dell’Ufficio (cfr. Cass. 13854/04, 11571/06, 28667/08).

Per tali ragioni, il motivo di ricorso in esame merita, pertanto, pieno accoglimento.

6. L’accoglimento del ricorso, in relazione al primo e terzo motivo, comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla Marina Azzurra s.p.a..

7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della resistente soccombente, nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE accoglie il primo e terzo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e rigetta il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna la resistente al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 4.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *