Cons. Stato Sez. III, Sent., 25-11-2011, n. 6265

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso proposto dal dott. T. B., per l’annullamento della graduatoria relativa allo scrutinio per merito comparativo finalizzato alla promozione alla qualifica di dirigente superiore ingegnere della Polizia di Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2008.

2. L’amministrazione contesta la pronuncia di accoglimento. Il dott. Bove resiste al gravame e, con l’appello incidentale, ripropone le censure disattese dal TAR. Le altre parti intimate non si sono costituite in giudizio.

3. L’appello è infondato.

A giudizio del TAR, l’amministrazione avrebbe dovuto motivare espressamente i punteggi attribuiti per la categoria V (per la quale erano previsto un massimo di 24 punti, su un totale di 100), riguardante "la qualità delle funzioni, con riferimento: alla competenza dimostrata; al grado di responsabilità assunta; all’attitudine ad assumere maggiori responsabilità e ad assolvere le funzioni della qualifica da conferire; alla stima ed al prestigio goduti negli ambienti esterni ed interni; all’impegno professionale derivante dalla specifica sede del servizio".

Secondo il giudice di merito, in assenza di criteri più analitici e dettagliati, il voto meramente numerico impedisce di cogliere le ragioni della scelta compiuta dall’amministrazione e il percorso valutativo concretamente seguito.

4. Sotto un primo profilo, l’appello sostiene che, in tal modo, il TAR avrebbe, nella sostanza, modificato i criteri ritualmente approvati dal consiglio di amministrazione, in relazione al triennio di riferimento.

La censura non merita accoglimento.

Il TAR non ha in alcun modo vagliato la legittimità dei criteri formulati dall’amministrazione, né, tanto meno, ha preteso di rideterminarne il contenuto. Al contrario, ha esattamente ritenuto che, a fronte della ampiezza del potere discrezionale attribuito alla commissione valutativa, fosse necessario enunciare le ragioni dei singoli punteggi attribuiti ai candidati.

È anche possibile ritenere che, in futuro, l’amministrazione possa ritenere preferibile rideterminare in termini più puntuali i criteri di valutazione riguardanti tale voce, consentendo alla commissione di sintetizzare il proprio giudizio mediante la mera applicazione di coefficienti numerici oggettivi.

In assenza di tale eventuale decisione, invece, a fronte di parametri ampi e generici, l’amministrazione resta soggetta al dovere di spiegare, attraverso una congrua motivazione, le ragioni dei punteggi assegnati ai diversi candidati.

5. Sotto un secondo profilo, l’appellante deduce che la enunciazione di una esplicita motivazione del punteggio finirebbe per "annullare la discrezionalità comunque sussistente in capo all’amministrazione".

Nemmeno questo profilo di censura merita condivisione.

6. Infatti, la sicura ampiezza del potere valutativo e di scelta riservato all’amministrazione non può essere disgiunta dalla necessità di esprimere le ragioni della determinazione adottata.

Del resto, in termini generali, è consolidato il principio secondo cui l’esigenza di una adeguata motivazione si manifesta proprio in relazione all’esercizio di poteri amministrativi caratterizzati da elevati margini di discrezionalità, come avviene nelle attività preordinate alla selezione comparativa tra più candidati aspiranti a determinate posizioni di vantaggio.

La trasparenza realizzata attraverso la motivazione dell’atto non nega affatto la discrezionalità amministrativa, al contrario la valorizza ulteriormente, mediante l’enunciazione dell’iter logico e valutativo percorso.

7. L’appellante deduce, ancora, che l’apprezzamento degli elementi di cui alla categoria V avrebbe carattere essenzialmente "qualitativo" e, pertanto, non si presterebbe ad una scomposizione analitica dei diversi elementi che ne rappresentano il presupposto.

La tesi esposta non merita condivisione.

Nel caso di specie, infatti, non è in discussione l’analiticità o sinteticità della motivazione espressa dall’amministrazione, ma solo la circostanza che il giudizio si è manifestato, in concreto, con un mero punteggio numerico, senza alcuna giustificazione, ancorché succinta, delle effettive ragioni della scelta compiuta.

Proprio l’asserito carattere "qualitativo" della valutazione, insieme alla prospettata difficoltà di tradurre in coefficienti numerici il giudizio formulato dalla commissione, esige che il punteggio sia adeguatamente giustificato dalla indicazione del tragitto logico seguito dall’amministrazione.

8. L’appellante sostiene, poi, che, i parametri di cui alla categoria V siano già adeguatamente articolati, garantendo una trasparente comprensione dell’iter argomentativo seguito per l’attribuzione del punteggio.

Ciò emergerebbe, in particolare, dalla bipartizione dei punteggi in due distinte sottocategorie (VA e VB), cui è assegnabile un punteggio massimo, pari, rispettivamente, a 16 e a 8 punti.

Neanche questo argomento può essere condiviso.

È vero, infatti, che, l’articolazione della Categoria V in due parti differenziate si colloca nella corretta direzione della massima comprensibilità della decisione adottata. Tuttavia, in concreto, nonostante l’intervenuta scomposizione del parametro, resta ancora evidente l’eccessiva ampiezza del criterio di giudizio, specie se confrontato con le altre quattro categorie, le quali prevedono componenti molto precise e analitiche e indicano anche puntuali coefficienti numerici per la determinazione dei punteggi.

Pertanto, nonostante l’esistenza di una suddivisione in due parti separate, resta ferma l’esigenza di esplicitare la giustificazione dei punteggi assegnati.

9. La necessità di un’adeguata motivazione deriva anche dalla circostanza che i punteggi analitici attribuiti al dott. Bove per le altre categorie risultano particolarmente elevati. Di conseguenza, una valutazione sintetica per la Categoria V non altrettanto lusinghiera, pur non essendo di per sé illegittima, avrebbe richiesto, comunque, un’idonea spiegazione, ancorché succinta.

10. Il rigetto dell’appello principale dell’amministrazione comporta l’inammissibilità, per carenza di interesse, dell’appello incidentale con cui il dott. Bove ripropone i motivi di gravame disattesi dal TAR.

11. In definitiva, quindi, l’appello principale dell’amministrazione deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *