Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38662

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 4 febbraio 2011 la Corte di Appello di Cagliari rigettava de plano la ricusazione proposta da S.S. nei confronti di A.D., giudice componente il collegio designato alla trattazione di una serie di ricorsi proposti innanzi alla corte in materia di opposizioni alle ingiunzioni di pagamento per crediti di giustizia. Rilevava che era manifestamente infondata la eccezione di incostituzionalità sollevata in ordine alla composizione del giudicante della ricusazione e nel merito dichiarava infondata la stessa, dato che le decisioni assunte in precedenza dal giudice ricusato non attestavano alcuna ostilità nei confronti del ricusante, semmai soccombente secondo le normali dinamiche processuali.

Le precedenti ricusazioni proposte avverso lo stesso giudice non integravano la previsione di cui alla dell’art. 36 c.p.p., lett. h) e la denuncia per calunnia da costei presentata nei confronti dello S. era non riconducibile a motivazioni personali e non rientrava nella lett. D dello stesso articolo. Nè vi era prova che il giudice si fosse astenuto in altra analoga situazione processuale. Infine, non si poteva ravvisare carenza di giurisdizione del collegio componente una sezione civile della corte, stante la legittimità della previsione tabellare.

Ricorre lo S. e deduce in primo luogo il difetto di giurisdizione, in quanto essendo il collegio decidente la ricusazione addetto al settore civile, il ricorso per cassazione dovrebbe essere trattato da una sezione addetta alla trattazione degli affari civili;

con i graduali motivi lamenta:

1. Difetto di giurisdizione e quindi inesistenza della ordinanza, per carenza di potere della sezione civile della Corte di Appello, che non avrebbe potuto decidere di una ricusazione riguardante un giudice penale; 2. conseguente incompetenza funzionale;

3. erronea previsione tabellare ed erronea correlativa giustificazione offerta dalla Corte di Appello;

4. mancanza di terzietà dei giudici, colleghi del ricusato e violazione degli artt. 3, 24 Cost., con conseguente eccezione di incostituzionalità degli artt. 40 e 41 c.p.p., sottolineandosi che la relativa motivazione di diniego è assertiva e non confuta le argomentazioni del ricorrente, che vengono all’uopo riportate per esteso in ricorso;

5. violazione di legge e difetto di motivazione, in ordine al merito della questione, irritualmente decisa senza contraddittorio; i giudici non avrebbero tenuto conto della grave obbiettiva inimicizia della A., che aveva ignorato conto le acquisizioni giurisprudenziali e le norme di legge, così adottando provvedimenti in danno dello S., come nel caso del disposto rinvio a giudizio per calunnia, ovvero provvedimenti ingiusti; la A. che, in precedenti analoghi procedimenti relativi al recupero spese si era astenuta, nel presente non aveva adottato lo stesso comportamento e ciò dimostrerebbe la pervicacia con cui ella si occupacene vicende del ricorrente; lo S. contesta tutti i passi della impugnata ordinanza, riportata per esteso, soffermandosi sulle singole proposizioni e segnalandone gli errori di ragionamento ed i vizi evidenti della decisione. Inoltre, ha depositato memoria difensiva, con cui ha ribadito le sue tesi, contestando la requisitoria del PG..

Motivi della decisione

1. L’impugnazione è manifestamente infondata e ne va pertanto dichiarata la inammissibilità. 2. Innanzi tutto, è da rilevare che questa sezione è competente a decidere della ricusazione in oggetto, essendo conforme la assegnazione ai criterì tabellari stabiliti da questa corte. E’ appena il caso di rilevare, poi, che le disposizioni relative all’assegnazione dei processi tra le sezioni di un medesimo Ufficio giudiziario (del quale esse compongono un’articolazione organizzatoria interna) non attengono alla capacità del giudice e non sono riconducibili alla previsione di cui all’art. 178 cod. proc. pen., lett. a), nè hanno alcun rilievo ai fini della competenza.

(così da ultimo Sez. 2, Sentenza n. 6505 del 14/01/2011 Cc e massime precedenti Conformi: N. 20288 del 2004 Rv. 229067, N. 13445 del 2005 Rv. 231338, N. 16214 del 2006 Rv. 234216, N. 38112 del 2006 Rv. 235030, N. 27948 del 2008 Rv. 240697).

3. Meno che mai, poi, e per il principio testè espresso, ricorre la dedotta violazione di legge per essere stata la ricusazione decisa da giudici addetti alla sezione civile, egualmente competenti ed affatto privi di giurisdizione; deve ribadirsi che i giudici non si distinguono, fra loro, dall’essere o meno addetti ad un settore, civile o penale che sia, in quanto lo ius edicere è unico e i magistrati ordinari sono assegna tari di procedimenti appunto in base alla ripartizione interna ed tabellare. Nel caso in esame, la corte cagliaritana ha esercitato le sue funzioni quale giudice della ricusazione, secondo il detto criterio organizzativo, a nulla rilevando che avesse normalmente competenza per i giudizi civili. E’ da rammentare che come già affermato da questa sezione con sentenza n. 29166 del 09/06/2004, che lo stesso S. sostanzialmente richiama con la produzione allegata alla memoria ora prodotta, "in caso di ricusazione di un giudice del tribunale in un procedimento penale, la competenza a decidere spetta ad una qualunque sezione della corte di appello, non distinguendo l’art. 40 cod. proc. pen., comma 1, tra sezioni civili e penali". 4. Nè maggior pregio ha la eccezione di incostituzionalità degli artt. 40 e 41 c.p.p., sollevata con riferimento alla adibizione alla decisione delle ricusazioni di giudici appartenenti allo stesso ordine giudiziario, condizione in cui sarebbe da ravvisare giuoco forza mancanza di terzietà ed imparzialità e quindi violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost..

5. La questione, che la corte di appello ha rigettato, è venuta già al vaglio di questa corte che ha affermato più volte, (e non vi è motivo di discostarsi dalla decisione già assunta, contro cui il ricorrente non apporta elementi di novità), che da un canto i giudici, quale che sia l’imputato che sono chiamati a valutare, e quindi anche se appartenente allo stesso organo, sono tenuti al rispetto della legge; dall’altro, ha ribadito che à sensi dell’art. 102 Cost., la integrazione dei collegi dei ed togati con i giudici popolari (come auspica il ricorrente) deve essere prevista da legge, il che non è nel caso della ricusazione. (sez. 5 ord. n. 22359 del 20-6-2009 e sez. 1 del 14-12-2010 n. 18342).

6. Quanto al quinto motivo, relativo alla irritualità del procedimento de plano, è da osservare che l’inammissibilità della richiesta di ricusazione per manifesta infondatezza deve essere dichiarata con procedura camerale "de plano" (Sez. 1, Sentenza n. 6621 del 28/01/2010 e Massime precedenti Conformi: N. 4490 del 1992 Rv. 189028, N. 4345 del 1996 Rv. 205494, N. 706 del 1997 Rv. 208125, N. 409 del 2000 Rv. 215372, N. 23619 del 2001 Rv. 218937, N. 7297 del 2002 Rv. 221720, N. 46771 del 2003 Rv. 227166, N. 43855 del 2005 Rv.

233057, N. 19964 del 2007 Rv. 236733, N. 46032 del 2008 Rv. 241672) dato che l’art. 41 c.p.p., comma 1, prescrive che il collegio provveda "senza ritardo" e non richiama, "al contrario del successivo comma terzo, relativo alla decisione del merito della ricusazione, le forme dell’art. 127 c.p.p.". E’ stato poi osservato che tale disposizione costituisce l’espressione della discrezionalità del legislatore nell’individuare il punto di equilibrio tra le esigenze, entrambe di rango costituzionale, dell’imparzialità del giudice e della ragionevole durata del processo, così da evitare che i tempi processuali subiscano ingiustificati allungamenti a seguito di reiterate ricusazioni (vedi, sul punto, Cass., Sez. 3^, 13.2.2002, n. 5658, che ha considerato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma in oggetto sollevata con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.).

7. Palesemente inammissibili sono poi le censure inerenti il presupposto della ricusazione.

8. Infatti, l’art. 37 c.p.p. prevede che il giudice può essere ricusato dalle parti:

9. a) nei casi previsti dall’art. 36, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g);

10. b) se, nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunziata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione.

11. Tali ipotesi di ricusazione si configurano quali norme eccezionali, con la conseguenza che i casi regolati, le formalità ed i termini di proposizione hanno carattere di tassatività (vedi Cass., Sez. 3^, 5.11.2003, n. 42193).

12. Nella specie il ricorrente fonda la sua richiesta su pretese situazioni di "interesse personale a trattare la causa" e di "inimicizia e ostilità art. 36 c.p.p., comma 1, lett. a) e d), che però, ai fini che qui interessano, non ricorrono, perchè come osservato dal giudice distrettuale, con motivazione adeguata, non possono essere identificate nelle asserite violazioni di legge ovvero nelle scelte operate dal giudice nella gestione di processi, poichè queste riguardano aspetti endoprocedimentali che possono essere risolti con il ricorso ai rimedi apprestati dall’ordinamento processuale; mentre l’interesse personale è configurabile quando ricorra una situazione obiettiva in base alla quale possa stabilirsi che il giudice rivolga a proprio vantaggio economico o morale l’attività giurisdizionale che è chiamato a svolgere e la grave inimicizia azionabile attraverso l’istituto della ricusazione deve sempre trovare riscontro in rapporti personali estranei al processo ed ancorati a circostanze oggettive ben individuate, laddove la condotta processuale può venire in rilievo solo quando presenti aspetti talmente anormali e settari da costituire momento dimostrativo di una inimicizia maturata all’esterno (vedi Cass.: Sez. 5^, 3.2.2005, n. 3756; Sez. 6^, 21.7.2003, n. 30577).

13. Tutto questo non si può riscontrare nella vicenda in esame, caratterizzata dalla circostanza che il ricusante ha prospettato una malevolenza ed un astio del giudice, con cui non ha mai avuto rapporti personali, analizzando te decisioni, che per il solo fatto di essergli contrarie, denoterebbero l’esistenza di gravi contrasti;

si tratta di proposizioni assertive e generiche, che con il ricorso odierno vengono pedissequamente ripetute senza alcun confronto con lo sviluppo dialettico della decisione impugnata. Invece, lo S. avrebbe dovuto enunciare e non lo ha fatto, nè nel grado di merito, nè tantomeno in questo, sia pure nei limiti imposti dal sindacato di legittimità, quali sarebbero i motivi per i quali la A. porrebbe in essere comportamenti persecutori nei suoi confronti.

14. Non è stata documentata, come rilevato dal giudice di merito, che pertanto ha individuato ulteriore motivo di inammissibilità dell’istanza ex art. 38 c.p.p., comma 3, la precedente astensione esercitata dalla A. in procedimenti analoghi a quello per cui è stata ricusata; ma anche ammesso non si vede quale incidenza abbia un simile comportamento, ai fini della ravvisibiltà della denuncia pervicacia persecutoria, che non può tantomeno riscontrarsi nell’avere lo stesso giudice già rigettato analoghe opposizioni proposte dallo S., trattandosi di fattispecie seriali e ripetitivi, con applicazione di principi decisori per lo più comuni a tutte. E’ acquisito, infatti, alla giurisprudenza di merito e di legittimità che non integrano pregiudizi e quindi povere di astensione l’esame di questioni di diritto analoghe o similari, scattando invece la preclusione solo nel caso di identità ossia di giudizio su medesimo fatto; il che nella fattispecie non è nè potrebbe esserlo, trattandosi di distinte opposizioni a pagamento di spese.

15. In conclusione, il ricorso è inammissibile ed il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che si reputa equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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