Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38640 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza resa il 29 settembre 2009, la Corte di Appello di Trieste ha ribadito la responsabilità di Z.R. per il delitto, commesso in concorso con il minore C.E., di cessione di 257 pastiglie di ecstasy ad un agente di pg sotto copertura e ridimensionato il trattamento sanzionatorio. Osservava in motivazione essere certo che il condannato fosse correo del C. e non si trovasse solo casualmente presente alla cessione, dato che egli in un precedente abboccamento avuto dal minore con l’agente T. aveva contattato l’imputato, utilizzando il cellulare dell’agente, che aveva così potuto identificare il chiamato; tale familiarità non era giustificata dalla necessità di ottenere un passaggio, visto che al successivo appuntamento per la consegna delle pillole, lo Z., presente ed attivo nelle operazioni di scambio, non manifestò alcuna contrarietà, come sarebbe stato ragionevole, in caso di un suo coinvolgimento incolpevole. Del resto i due si conoscevano, come attestato dalla madre dell’imputato e sicuramente lo Z. era uno dei fornitori del C., che non risiedeva in Italia, posto che costui, all’acquirente, in uno degli abboccamenti avuti, aveva assicurato che le pastiglie erano già nel territorio nazionale. La corte, infine, valutava irrilevanti alcune discrasie nella dichiarazione del C. rispetto alla versione dell’agente provocatore.

2. Ricorre il condannato e deduce che la Corte abbia in violazione di legge ritenuto credibile il minore, che, invece, al fine di sottrarsi alle sue responsabilità aveva addossato allo amico un ruolo di compartecipe, non riscontrato oggettivamente e logicamente incompatibile con le circostanze e modalità dell’azione che non attestavano inequivocamente l’intervenuto accordo fra i due. Il ricorrente ripercorre tutti i passaggi della pronuncia ed indica per ciascuno le contraddizioni e la diversa e più logica interpretazione del suo comportamento. Con altro motivo reitera la richiesta di concessione della attenuante speciale, data la scarsa qualità della droga ed il non certo rilevante peso.

Motivi della decisione

1. E’ principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e con l’ulteriore specificazione che l’illogicità censurabile è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi (Sez. un., 29.9.2003, Petrella; conf. SU n. 6402/97 rv 207944; SU n. 24/99 rv 214794; SU n. 12/2000 rv 216260).

2. In particolare alla Corte di cassazione è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno; ed invero, avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi a cui essa è geneticamente informata, ancorchè questi siano ipoteticamente sostituibili da altri.

3. Avuto riguardo a tali principi, ed in applicazione degli stessi, i motivi di ricorso appaiono inammissibili, afferendo ad improponibili profili di merito, a fronte di motivazione congrua e corretta che ha individuato nello Z. l’autore delle condotta materiale ascritta nel capo di imputazione, alla stregua di un percorso logico ineccepibile che ha valorizzato circostanze probatorie certe e le ha logicamente fra loro coordinate.

4. Il giudice di appello ha, infatti, messo in evidenza come fosse da escludere la partecipazione occasionale e non consapevole dell’imputato alla consegna della droga, sia considerando gli elementi anteriori all’incontro con lo acquirente, che riconducevano alla sua persona, quale la telefonata effettuata al suo numero, per stabilire l’abboccamento ad opera del suo correo ed in presenza dell’agente sotto copertura, la assicurazione data dal primo al secondo circa la presenza in Italia della droga, in possesso della persona che lo avrebbe accompagnato, sia quelli contestuali alla consegna, attestanti la sua partecipazione attiva, dato che egli aveva condotto gli altri due in un parcheggio e che aveva illuminato, grazie ad un accendino, il sacchetto contenente le pillole. A fronte di detti elementi, che sono stati collegati fra loro con corretta tecnica valutativa, il ricorrente oppone censure che non hanno il carattere della novità rispetto a quelle già esaminate e attengono a rilevi che la corte d’appello ha disatteso con argomentazioni corrette e prive di vizi logici.

5. Non ha pregio nemmeno,la censura relativa alla mancata concessione della attenuante speciale, che la Corte ha escluso considerando che il notevole quantitativo di droga (trattandosi di pillole è peraltro irrilevante il peso, mentre è decisivo il numero) era oggettivamente consistente, tale da prevalere su ogni altro elemento; si tratta di una motivazione aderente ai principi espressi in materia da questa corte, che ha rilevato come sia preminente la valutazione quantitativa della sostanza per la configurabilità della speciale attenuante del fatto lieve, cui il ricorrente non oppone, peraltro, specifiche e ragionate considerazioni contrarie.

6. In conclusione, il ricorso è da dichiarare inammissibile ed il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuale e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *