Cons. Stato Sez. IV, Sent., 25-11-2011, n. 6261 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente appello l’E.N.I. spa (subentrato ad A. P. spa), chiede l’annullamento della decisione del TAR con cui ha dichiarato rispettivamente:

– i ricorsi nn. 205/97 e 497/97 improcedibili, per la parte che riguarda le domande caducatorie, in conseguenza di inequivoci comportamenti e manifestazioni di volontà, incompatibili con la persistenza dell’interesse alla coltivazione dei predetti ricorsi dimostrata in passato;

– il ricorso n. 102/02 inammissibile per difetto d’interesse;

– il ricorso n. 1076/02 inammissibile per difetto di giurisdizione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Gaeta sottolineando la correttezza della decisione gravata e in via subordinata la sua estraneità alle richieste risarcitorie formulate dall’E., fermo restando una generica ed apodittica contestazione delle somme e dei criteri di calcolo posti a base della richiesta.

Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, eccependo la sua estraneità alle richieste risarcitorie, sottolineando la tempestività degli atti adottati, ivi compresa la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, e concludendo in adesione alle tesi della sentenza della quale chiede la conferma integrale.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Latina che ha svolto argomentazioni analoghe a quelle delle altre amministrazioni di cui sopra.

Chiamata all’udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

– 1.Par. Con una prima, articolata rubrica di gravame (denominata 1.A), si chiede la riforma della sentenza che ha dichiarato l’improcedibilità dei ricorsi impugnatori nn. 205/97 e 497/97 diretti avverso i provvedimenti di individuazione dell’area per la costruzione dell’impianto di depurazione a servizio della zona industriale in località Arzano di proprietà della ricorrente: area inclusa nel P.T. di coordinamento del Consorzio per lo Sviluppo Industriale SudPontino.

L’E. lamenta l’erroneità del rilievo processuale attribuito alla stipula di un accordo che, per il TAR dimostrerebbe un’obiettiva, inequivoca volontà incompatibile con la persistenza dell’interesse all’impugnativa ed un "consenso postumo prestato alla società sia alla localizzazione del depuratore che all’occupazione delle aree interessate dall’intervento, come si tanto si evince chiaramente laddove la ricorrente dichiara formalmente di assumere l’impegno a consentire l’immediata realizzazione del depuratore nella posizione individuata".

– 1.1. Al contrario, per l’appellante,quello che il TAR ha definito "accordo":

– sarebbe del tutto carente dei requisiti formali in quanto si tratterebbe di un semplice verbale di riunione tenutasi con l’intervento di dipendenti dell’allora A. P., privi di poteri formali e di procure speciali, e quindi non idonei a vincolare la società medesima ai presunti impegni assunti;

– sotto il profilo sostanziale non avrebbe assolutamente i requisiti di un "intesa negoziale", ma si sarebbe invece trattato di una mera "dichiarazione di intenti" di natura informale e preliminare. Ciò sarebbe dimostrato dalla dichiarazione secondo cui l’ENI si era dichiarato disponibile a ritirare il ricorso al Tar avverso la procedura già instaurata ma solo condizionatamente alla "pendenza di nuova procedura espropriativa".

– 1.2. L’Agip Petroli intendeva comunque ricevere un’indennità di espropriazione congrua, che tenesse conto della destinazione industriale dell’area. Il Tar avrebbe travisato la volontà della società appellante cui non sarebbe addebitabile alcun comportamento acquiescente né tanto meno alcuna sopravvenuta carenza di interesse.

– 1.3. La reale portata, preliminare ed eventuale, del verbale sarebbe stata chiarita nelle difese di primo grado: di qui il difetto di motivazione della sentenza che non ha tenuto in considerazione che il predetto accordo era subordinato al verificarsi di condizione sospensiva quale la nuova procedura espropriativa.

– 1.4. In conseguenza della richiesta di annullamento della decisione l’E. ripropone tutti i motivi formulati nel ricorso introduttivo e successivi motivi aggiunti sul primo ricorso e sul secondo ricorso, cui dichiara di avere ancora interessi.

– 1.5. Tutti i motivi, salvo il 1.2, sono privi di pregio.

Esattamente il TAR ha ritenuto che il verbale della riunione del 9 aprile 1997 con cui si procedette alla "definizione delle variazioni esecutive del progetto "Depuratore Gaeta" al fine di renderlo compatibile alla coesistenza nello stesso comprensorio di 2 depositi dello stabilimento dell’AGIP tra i quali è ubicato il sito di localizzazione del depuratore" avesse i requisiti formali e sostanziali dell’accordo di cui alla L. 7 agosto 1990 n.241. Al riguardo appaiono risolventi tre ordini di considerazioni:

– a) sotto il profilo soggettivo la riunione aveva visto l’intervento di tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, tra i quali:

) per la componente pubblica: l’assessore ed il dirigente regionale all’Utilizzo e Tutela Ambientale; l’assessore all’Ambiente della Provincia di Latina; l’assessore all’Urbanistica del Comune di Gaeta; l’ingegnere dirigente, con delega da parte del presidente, del Collegio commissariale del Consorzio degli Aurunci in Cassino; l’ingegnere – direttore dei lavori del depuratore; il rappresentante dell’A.S.I. Sud Pontino – Gaeta;

) per la parte privata il Responsabile del deposito A. P. di Gaeta; l’Ingegnere Dirigente dell’AGIP Petroli. In tale prospettiva, contrariamente a quanto erroneamente afferma l’appellante, si rileva che, in base ai principi comunitari di cui all’art. 1 della cit. L. n. 241, la partecipazione all’incontro di qualificati dirigenti dello stabilimento industriale, era una circostanza soggettivamente ed oggettivamente idonea ad indurre la radicata convinzione che gli stessi, operando nell’ambito della loro sfera di gestione, fossero in grado di parlare a nome della società.

Tale situazione era rilevante nell’ottica dei principi dell’affidamento e della legittima aspettativa.

I canoni comunitari che impongono il dovere di rispettare gli impegni assunti, costituiscono delle regole di comportamento che, per loro natura, sono "bidirezionali" nel senso che onerano direttamente tutte le parti che hanno sottoscritto l’accordo e quindi sia le Amministrazioni procedenti, che le parti private.

Al riguardo, il tardivo tentativo dell’E. di delegittimare i propri rappresentanti appare del tutto inconsistente in relazione:

– alla qualifica operativa dei dirigenti intervenuti in nome e per conto dell’azienda, sintomatica di un elevato grado di professionalità e di funzioni;

– al fatto che le scelte di politica aziendale adottate in quella sede facevano capo ad una discrezionalità normalmente in possesso solo di dirigenti di alto profilo e non di meri quadri (e l’appellante non riferisce di aver iniziato procedimenti disciplinari o civili a loro carico);

– al fatto che le decisioni in quella sede adottate con il consenso dei rappresentanti dell’azienda, successivamente, sono state comunque rispettate dalla gestione dell’impresa, la quale ha acconsentito alla realizzazione del depuratore (iniziata nel 1997 e terminata nel luglio del 1999 e delle relative opere accessorie sui suoi terreni).

In definitiva l’adesione data in quella sede dai dirigenti dell’AGIP a soluzioni condivise con le amministrazioni coinvolte non era stata un fatto momentaneo, ma era stata l’anticipazione di una precisa linea di relazioni istituzionali;

– b) sotto il profilo oggettivo l’incontro del 9 aprile 1997 era stato convocato al fine di determinare il miglior componimento dei diversi interessi coinvolti nella questione. Nel caso infatti gli obblighi a carico della società, non concernevano la cessione volontaria del bene da espropriare per cui non si applica l’art. 11 L. 7 agosto 1990 n. 241 (cfr. Cassazione civile, sez. un., 06 dicembre 2010, n. 24687) ma riguardavano l’assenso della società alle soluzioni tecniche connesse con le modalità esecutive della variante del progetto relativo ai lavori di costruzione del depuratore e delle apparecchiature elettromeccaniche della stazione di sollevamento della rete fognante nel Comune di Gaeta conseguenti alla rilocalizzazione dell’opera, allo scopo di addivenire alla "attivazione dei lavori di costruzione del depuratore".

Al riguardo esattamente il TAR ha sottolineato come la società appellante, la quale si era opposta in sede giudiziaria a tutti atti amministrativi di localizzazione e comunque dichiarativi della pubblica utilità del depuratore, successivamente aveva prestato, in sede stragiudiziale, il proprio esplicito consenso a consentire l’immediata realizzazione del depuratore nella posizione individuata e, a tal fine, permettere l’accesso all’area interessata dalla localizzazione, la realizzazione dell’impianto, e la costituzione di una servitù di acquedotto.

Per vero, il contenuto ampio ed esaustivo dell’accordo, comprensivo del consenso prestato anche per la realizzazione di opere inerenti gli allacci e gli scarichi delle acque fognanti nonché per la costituzione di una servitù di acquedotto, lascerebbe intendere che la società abbia concordato con le amministrazioni pubbliche anche l’immediata esecuzione delle opere inerenti la "rete fognante", a guisa che l’occupazione delle aree all’uopo occorrenti per i lavori (particelle nn. 41 e 112) rientrano nelle disposizioni consensuali da parte della ricorrente.

L’aver permesso l’occupazione bonaria delle aree e l’accesso alle medesime costituiva dunque un comportamento obiettivamente ed inequivocamente indicativo di volontà incompatibile con la persistenza dell’interesse alla coltivazione dei ricorsi di primo grado nn. 205/97 e 497/97.

– c) sotto il profilo procedimentale il verbaleera stato ritualmente consacrato in un atto scritto debitamente sottoscritto dalle parti intervenienti, ed approvato dal Consorzio con deliberazione n. 334 del 6 maggio 1997. In tale ipotesi, l’ottimale perseguimento del pubblico interesse per la realizzazione dell’impianto di depurazione trova la sua precisa "copertura" normativa con riferimento all’art. 11 L. n. 241 del 1990 che per l’appunto prevede l’utilizzo di strumenti consensuali per il perseguimento di finalità pubbliche (arg. ex Consiglio Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4545;Cassazione civile, sez. un., 24 giugno 2009, n. 14802).

Salva l’imposizione dell’atto scritto ai fini probatori, l’art. 11 L. n. 241/1990 non prescrive particolari formalità per la sua adozione, per cui il verbale di una riunione che si conclude con la condivisa definizione dell’assetto degli interessi, è sempre valido ed efficace nei confronti di tutte le parti pubbliche e private se è debitamente sottoscritto dai partecipanti e contenga una specifica descrizione del contenuto delle decisioni.

In definitiva sul punto, l’impegno a "consentire l’immediata realizzazione del depuratore nella posizione individuata", non solo era stato validamente sottoscritto da coloro che avevano formalmente parlato in nome e per conto della società, ma era stato successivamente confermato dai successivi coerenti comportamenti dell’azienda, caratterizzati da elementi univoci e concordanti, di postuma acquiescenza al procedimento di localizzazione e di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.

Quanto poi alla asserita presenza di una "condizione sospensiva", il il rilievo contenuto nell’accordo secondo cui alla successiva "acquisizione amministrativa dell’area" si sarebbe proceduto "come per legge" (procedimento espropriativo) "senza interferire con l’esecuzione dei lavori", appare assolutamente irrilevante per smentire le predette conclusioni in quanto non si trattava affatto di una condizione, ma di una mera chiosa di stile, come tale priva di una reale portata precettiva (il cui unico senso avrebbe forse dovuto essere quello di escludere l’acquisizione bonaria).

Deve essere integralmente confermata la declaratoria di improcedibilità dei ricorsi impugnatori nn. 205 e 497 del 1997 per sopravvenuto difetto d’interesse sui profili impugnatori operati dalla sentenza impugnata.

Al contrario ha tuttavia ragione l’ENI quando, con riferimento invece al profilo sub 1.2., afferma in linea di principio il suo diritto a ricevere un’indennità congrua con la destinazione industriale dell’area che le è stata sottratta (ma al riguardo si rinvia amplius infra sub n.3Par.).

– 2.Par. Con secondo nucleo sostanziale di censura si lamenta l’erroneità della declaratoria di difetto di interesse del ricorso n. 102/02, con cui l’ex A. aveva impugnato le determinazioni relative all’indennità di asservimento delle due particelle di terreno interessate all’intervento.

Per l’appellante erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che l’ "… impugnativa, siccome strettamente condizionata e dipendente dalla vicenda presupposta a suo tempo incardinatasi con il ricorso n. 1026/99, risente però negativamente, in termini di efficacia caducante, degli effetti della sentenza. del medesimo TAR n. 334/20000 in forza della quale era già stata definitivamente annullata sia la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera che la procedura occupativa conseguentemente avviata; atti rispetto ai quali l’asservimento delle aree (oggetto d’impugnativa) s’appalesa, invero, meramente consequenziale".

– 2.1 Per l’E. invece inesattamente il Tar avrebbe affermato che l’impugnativa concernesse la delibera n. 49/1999 di approvazione del progetto del depuratore (in realtà già realizzato) mentre al contrario oggetto di impugnazione era la costruzione della fognatura, e quindi non ci sarebbe stata una diretta consequenzialità con l’annullamento di cui alla sentenza cit. n. 334.

– 2.2. non sarebbe perciò esatta la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse per la presunta acquiescenza.

– 2.3. L’E. afferma pertanto l’attualità del suo interesse all’impugnazione gli atti impugnati e di conseguenza, ripropone tutti i motivi dedotti in primo grado.

– 2.4. L’assunto deve essere complessivamente disatteso.

Erroneamente l’E. assume che il TAR avrebbe fatto riferimento all’impugnazione della delibera n. 49/1999, in quanto come è evidente dalla specifica in "fatto" della sentenza impugnata al contrario il ricorso era diretto avverso "gli atti risultanti dalla nota n.2/259 del 19 novembre 2001 con la quale il Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci di Cassino ha comunicato l’asservimento di due particelle di terreno necessarie per la costruzione della rete fognante, riviera occidentale, di Gaeta".

Pertanto, una volta annullata la dichiarazione di pubblica utilità da parte del Tar Latina con la precedente sentenza n. 344, esattamente la decisione impugnata ha concluso che restavano conseguentemente travolti anche i provvedimenti conseguenti, ivi compresi quelli connessi all’asservimento delle due particelle di terreno interessate all’intervento.

Il secondo motivo va dunque complessivamente respinto e di conseguenza deve dichiararsi il difetto di interesse relativamente alla riproposizione in questa sede alle censure di primo grado.

– 3.Par. Con un terzo capo di doglianza l’E. lamenta l’erroneità della declaratoria dell’inammissibilità del ricorso n. 1076/2002 e delle domande risarcitorie articolate sui ricorsi n.205/1997, n. 497/1997, e n. 102/2002.

– 3.1. Con un primo profilo, l’appellante sottolinea che l’orientamento posto a base della sentenza del primo giudice (Consiglio di Stato Sezione IV° n. 909/2005) è stato superato dalla decisione dell’Adunanza Plenaria 30 agosto 2005 n. 4 che, nel risolvere i contrasti interpretativi tra le diverse sezioni giurisdizionali, ha concluso che rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia edilizia ed urbanistica la domanda di risarcimento del danno sopportato dalla parte privata in conseguenza dello spossessamento dell’area di sua proprietà sulla quale è stata realizzata l’opera pubblica durante il periodo nel quale il provvedimento di occupazione ha esplicato i suoi effetti.

Nel caso di specie erroneamente il TAR avrebbe affermato che il depuratore sarebbe stato realizzato in presenza di un’occupazione assentita dalla stessa società ricorrente a seguito dell’accordo del 9 aprile 1997.

Al contrario il depuratore sarebbe stato realizzato in esecuzione dell’accordo di programma ai sensi dell’articolo 27 della legge sulle AA.LL. n. 142/1990; ed a seguito della declaratoria di pubblica utilità di cui al decreto dell’amministrazione provinciale n. 17 del 14 settembre 1999 (peraltro adottato quando il depuratore era già stato realizzato) e per effetto dell’occupazione d’urgenza del terreno da asservire per la realizzazione della viabilità di accesso all’impianto medesimo (poi annullata con la ricordata sentenza n. 334/2000).

Per l’E. si sarebbe comunque verificata l’occupazione acquisitiva, e non usurpativa, dei fondi dell’appellante atteso che lo spossessamento era comunque riconducibile in via mediata, ad atti amministrativi e non invece a meri comportamenti materiali dell’amministrazione appellata.

– 3.2 L’accordo cui fa riferimento il primo giudice sarebbe stato giuridicamente irrilevante e quindi ininfluente in ordine al procedimento relativo culminato col decreto di occupazione d’urgenza;

– 3.3. I danni non sarebbero stati cagionati da comportamenti materiali dell’amministrazione, come afferma la sentenza, ma bensì sarebbero riconducibili all’attività provvedi mentale, per cui la presente fattispecie costituirebbe la lesione di diritti patrimoniali consequenziali alle richieste di annullamento degli atti amministrativi (in parte accolte con la sentenza n. 334/2000).

Anche in la Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 281/2004 avrebbe affermato che spetta al giudice amministrativo riconoscere i diritti patrimoniali consequenziali, ivi incluso il risarcimento del danno, delle ipotesi nelle quali, in base alle di disciplina previgente, il giudice era già munito di giurisdizione tanto di legittimità quanto esclusiva ed erroneamente il giudice avrebbe quindi declinato la propria giurisdizione sulle richieste risarcitorie.

– 3.4. Inoltre con riferimento la richiesta risarcitoria di cui al ricorso n. 102/2002 l’appellante sottolinea l’erroneità dell’affermazione del primo giudice laddove afferma la totale assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, per effetto dell’annullamento del Tar con la sentenza 334/2000. Al contrario il ricorso n.102 cit. investirebbe un procedimento ablatorio, tant’è vero che la dichiarazione di pubblica utilità era implicita nella impugnata delibera di giunta comunale n. 49/1999 tuttora efficace di approvazione del progetto per la realizzazione delle condutture della rete fognante.

– 3.5. Non sarebbe esatto poi che la ricorrente non avesse postulato la reintegrazione in forma specifica, in quanto al punto 5 del ricorso di primo grado, a pagina 12, avrebbe invece espressamente richiesto la restituzione del fondo.

– 3.6. L’assunto merita di essere integralmente condiviso.

Sulla scia dell’Adunanza Plenaria n. 4/2005 invocata dall’appellante si deve rilevare che la domanda di risarcimento del danno sopportato dalla parte privata — in conseguenza dello spossessamento dell’area di sua proprietà sulla quale è stata realizzata l’opera pubblica durante il periodo nel quale il provvedimento di occupazione ha esplicato i suoi effetti — deve essere ricondotta all’esplicazione del pubblico potere ed in conseguenza deve essere attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia. E ciò ancorchè il vulnus recato al diritto soggettivo, nell’ipotesi in esame, debba forse farsi risalire in parte all’esplicazione dei pubblici poteri ed in parte a comportamenti invasivi sine titulo nella sfera del privato nel perseguimento con mezzi impropri di finalità pubblicistiche.

In linea di principio è sempre devoluta alla giurisdizione del g.a. la domanda di risarcimento dei danni per il mancato godimento proposta dal proprietario, ogni volta che gli atti del procedimento ablativo intrapreso dall’ente convenuto siano venuti comunque meno o siano stati annullati (arg. Cassazione civile, sez. un., 05 maggio 2011, n. 9844).

Rientrano invece nella giurisdizione ordinaria le domande risarcitorie e restitutorie relative a fattispecie dell’occupazione c.d. usurpativa, intese come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di provvedimenti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 04 aprile 2011, n. 2113) né tale situazione risulta modificata a seguito della sentenza della Corte costituzionale 8 ottobre 2010 n. 293 che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 43, d.P.R. n. 327 del 2001.

Nel caso in esame dunque non vi sono dubbi che la preesistenza di un provvedimento ablatorio abbia radicato la competenza del G.A.

In conseguenza la decisione impugnata deve essere riformata sul punto della declaratoria del difetto di giurisdizione, dovendosi per l’effetto procedere all’esame delle richieste risarcitorie dall’ENI.

– 4. Con il sesto profilo l’appellante reitera, e specifica, le richieste di risarcimento del danno ingiusto, fatta in primo grado per un parziale di Euro 2.305.923,50, a cui deve aggiungersi l’ulteriore richiesta di risarcimento, non quantificata, di cui alle lettere f) e g) che seguono.

A tal fine, chiede che la Sezione ordini, ai sensi dell’articolo 35, II° co. del d.lgs. n. 80/1998 alle amministrazioni resistenti, di proporre il pagamento a titolo di risarcimento del danno di una somma entro un congruo termine, sulla base delle seguenti quantificazioni del danno:

a) per l’area pari a 14.875 m² dell’impianto di depurazione, illegittimamente occupata, si sarebbe verificata l’accensione invertita per cui valutando Euro 20,66/m² risulterebbe un danno pari a Euro 307.317,50;

– b) per l’area, pari a 84.000 m², gravata della fascia di rispetto e per l’imposizione del vincolo di inedificabilità (computata a 20,10/m²) l’E. richiede un danno lordo di Euro 1.688,400,40 da cui deve dedursi la riduzione per l’attuale parziale utilizzazione del deposito per 12.600 m² e per il connesso preesistente vincolo di rispetto di 12.200 m².

Tenendo quindi conto che la detta deduzione è limitata dall’appellante al 50% dell’area occupata di 24.800 per 20,10/m²; il danno emergente richiesto assomma a Euro. 1.439.160;

– c) per l’allaccio dei collettori della rete fognante il danno sarebbe ricollegato ai 1690 m² della viabilità di accesso al sito, e concernerebbe la sola parte che non ricade nella fascia di rispetto del depuratore; nella residua area asservita, e sulla quale preesisteva un vincolo di rispetto dal limitrofo serbatoio petrolifero. Pertanto il danno emergente, in considerazione del permanere dell’utilizzazione da parte dell’appellante di tale area, è richiesto in ragione del 50% (600 m² x Euro 20,10/m² x 0,50%) per Euro 6030,00;

– d) per la realizzazione di manufatti del depuratore, in particolare recinzioni a distanza inferiore al prescritto limite non aedificandi da due preesistenti condotte dell’oleodotto di proprietà della ricorrente pari – in rettifica della prima richiestaalla realizzazione di due oleodotti in sostituzione di quelli esistenti per i quali non viene garantita la misura di sicurezza per Euro 1200 al metro lineare per 200 ml. per un totale di Euro 480.000;

– e) per gli accessi carrabili all’impianto di Depurazione Euro 73.416,00.

Tale richiesta, ad integrazione della domanda di danni lamentati in primo grado è connessa al fatto che sono stati realizzati due ingressi all’impianto di elaborazione, uno all’angolo sudest della struttura prossima a v. Arzano e l’altro sull’angolo sudovest approssima via Sant’Agostino a valle dell’impianto cui si accede attraverso strade di servizio al deposito petrolifero delle quali viene interessata una lunghezza di metri lineari 360 (con attraversamento, in corrispondente un ingresso dell’impianto di due condotte dall’oleodotto) riservate rispettivamente alla movimentazione dei prodotti e delle acque reflue. In conseguenza, a tale titolo, chiede:

– e.a. per l’indennità di asservimento pari a 360 m lineari di lunghezza per metri 6 di larghezza della strada valutato a Euro 20,10 (valore unitario del terreno considerato nella sua interezza a compenso della quota del corso di costruzione della strada di accesso all’impianto altrimenti addebitabile) pari ad Euro43.416,00;

– e.b. per la realizzazione di una struttura in conglomerato cementizio armato a protezione delle due condotte dell’oleodotto al corpo Euro 30.000;

– f) per gli ulteriori profili di danno conseguenti alla vicinanza ai serbatoi di stoccaggio del depuratore che ricade nella fascia di rispetto del depuratore, a causa del mancato rispetto delle distanze di sicurezza dai depositi petroliferi fissato in 75 ml dal DM 31 luglio 1943: la distanza di soli 42 ml. in corrispondenza la cabina di trasformazione elettrica a servizio del depuratore ed il perimetro del serbatoio n.6 fa sì che le cisterne subiscano il diffondersi di sostanze gassose corrosive provenienti dal depuratore.

Inoltre la protezione dell’irraggiamento calorico, che deriverebbe da un eventuale incendio di un serbatoio, imporrebbe onerose misure aggiuntive quali schemi fisici ed una barriera d’acqua cui potrebbero ovviarsi ove gli impianti di depurazione fossero a loro volta resi resistenti al fuoco e disponessero di idonei sistemi di rilevamento.

Pertanto l’adozione di misure aggiuntive di sicurezza antincendio costituisce un profilo di danno per i costi ancora da valutare da parte delle amministrazioni resistenti;

– g) per gli ulteriore danni, allo stato non quantificati, afferenti la realizzazione – su terreni di proprietà dell’E. — delle apparecchiature elettromeccaniche di sollevamento delle acque reflue e delle relative canalizzazioni (conseguenti al fatto che la rete fognaria del comune di Gaeta è posta a valle ed il depuratore è a monte).

– 4.2. Passando all’esame delle richieste formulate dall’appellante deve rilevarsi che la verifica in concreto della misura della fondatezza delle pretese risarcitorie necessita di un approfondimento istruttorio in relazione alla complessità della vicenda.

Certamente, non vi sono dubbi, in linea di principio, che al proprietario per lo spossessamento dei propri terreni spetti il pieno ristoro del danno ingiustamente subito.

Nel caso di specie poi deve essere altresì sottolineato il comportamento collaborativo della società, la quale ha comunque consentito la realizzazione di un’infrastruttura fondamentale per la salute e lo sviluppo turistico della zona.

Ciò premesso, la Sezione ritiene che sia necessario, ai fini del decidere, acquisire ulteriori elementi sia al fine di determinare l’esatto ed equo ammontare del quantum del risarcimento richiesto dall’E. per un parziale di Euro 2.305.923,50 fatti salvi gli ulteriori danni oltre ai frutti naturali del credito; e sia per poter individuare in concreto i soggetti istituzionalmente responsabili cui porre a carico, proporzionalmente o in solido, il risarcimento per cui è causa.

L’affastellamento di diversi sub procedimenti per il completamento dell’infrastruttura per cui è causa, rende difficile identificare i profili finali dell’intervento per cui, anche in relazione alle cifre esposte dall’ENI, è necessaria una specifica delimitazione spaziale delle aree interessate, delle date di occupazione effettiva, e delle esatte responsabilità dei singoli enti.

Al riguardo deve infatti rilevarsi problematicamente che:

– tutte le parti costituitesi – nella specie il Comune di Gaeta, la Provincia di Latina, la Regione Lazio ed il Consorzio Sviluppo Industriale Sud Pontino — hanno ciascuna eccepito la loro estraneità alle richiesta di risarcimento dell’E.;

– vi sono dubbi sulla completezza del contradditorio: nella memoria in primo grado dell’8 marzo 2004, il Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci esecutore dell’opera — che comunque aveva sempre operato su delega delle Amministrazioni titolari — aveva precisato, di avere ormai cessato le proprie funzioni. Pertanto, non essendosi costituito in appello, occorre verificare all’attualità la gestione dell’Impianto e di conseguenza verificare l’integrità del contraddittorio questa la intimazione delle parti processualmente necessarie.

In conseguenza, occorre disporre ai sensi dell’art. 64, III co. del c.a.p. l’acquisizione dei seguenti chiarimenti e documenti:

– I.Par.. dalla gestione liquidatoria del Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci, o comunque dalla società, o dall’ente subentrato nella gestione dell’impianto di depurazione:

1.1. eventuali transazioni con l’E., sopravvenute nelle more del presente giudizio;

1.2. eventuali nuovi provvedimenti, dell’amministrazione che utilizza gli immobili in questione in assenza di un valido ed efficace procedimento espropriativo, adottati ai sensi dell’art. 42bis del D.P.R. 08 giugno 2001 n. 327 (aggiunto dall’art. 34, del D.L n. 98/ 2011) di acquisizione non retroattiva del cespite, al suo patrimonio indisponibile, con lo specifico riconoscimento al proprietario:

a) dell’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale o determinato in misura corrispondente all’effettivo valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità conformato a criteri di ragionevolezza nella determinazione del valore dell’area di proprietà dell’appellante ovvero, per terreni edificabili, sulla base delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7; maggiorato a titolo risarcitorio dell’interesse del cinque per cento annuo sul valore delle somme spettanti al proprietario per il periodo di occupazione senza titolo computato a titolo risarcitorio;

b. del pregiudizio non patrimoniale liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene;

– II.Par.. A carico di tutte le Amministrazioni convenute, nessuna esclusa (compreso quindi il Consorzio Industriale): elenco cronologico di tutti gli atti amministrativi da ciascuno adottati sul procedimento de quo di cui sopra, in ordine di tempo: — con specifica indicazione degli estremi, dell’oggetto; — con la sintetica descrizione del contenuto degli atti; – con tutte le notizie disponibili circa la stima delle aree, le relative coperture finanziarie per l’acquisizione delle stesse allocate in sede di progetto e delle eventuali liquidazioni operate a tale titolo;

– III.Par.. A carico del Consorzio, o della società, o comunque dell’ente che gestisce attualmente il depuratore:

– III.Par..1. le planimetrie complessiva dell’area con l’esatta allocazione e l’identificabilità di tutte le strutture realizzate nell’area;

– III.Par.. 2. specifica relazione — corredata dallo Stato finale e dal Certificato di Collaudo finale dei lavori — contenente:

– tutte le informazioni relative alle date di occupazione effettiva delle aree finalizzate ai lavori di costruzione dell’impianto;

– l’indicazione della superficie esatta in mq. delle singole aree rispettivamente occupate, ovvero asservite per la realizzazione del depuratore, della rete fognante, delle relative vie d’accesso e delle connesse fasce di rispetto.

I dirigenti responsabili dei competenti settori dovranno produrre i predetti elementi – anche se negativi — entro 45 giorni dalla notifica o comunicazione in via amministrativa a cura della Segreteria della presente decisione con l’avvertenza che,il mancato o incompleto adempimento dell’onere, costituirà elemento valutabile ai sensi dell’art. 64, 3° co del c.p.a..

Resta sospesa, nelle more ogni decisione, pregiudiziale,di rito,di merito e sulle spese fino alla decisione definitiva all’Udienza pubblica di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

1. respinge, in parte, l’appello come in epigrafe proposto, e di conseguenza conferma la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara l’improcedibilità dei ricorsi impugnatori nn. 205 e 497 del 1997 e n. 102/2002 per sopravvenuto difetto d’interesse;

2. accoglie, in parte, l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata annulla la declaratoria di inammissibilità delle domande risarcitorie articolate sui ricorsi del ricorso n. 1076/2002, n.205/1997, n. 497/1997, e n. 102/2002;

3. dichiara in conseguenza la competenza del giudice amministrativo a definire la pretesa risarcitoria;

4. A fine di definire la predetta pretesa, sospesa, nelle more, ogni altra residua decisione, pregiudiziale, di rito, e di merito:

4.1. ordina a tutte le amministrazioni l’incombente istruttorio di cui in motivazione assegnando all’uopo un termine di 45 giorni; dalla notifica o comunicazione in via amministrativa a cura della segreteria della presente decisione.

4.2. fissa l’udienza pubblica per la residua definizione del giudizio alla data del 27.3.2012.

– 5. Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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