Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5837 Tributi locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente, proprietaria di un capannone per la lavorazione e il commercio all’ingrosso di ortofrutta posto in comune di (OMISSIS), ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana che ha respinto il suo appello avverso la decisione di primo grado, della commissione tributaria provinciale di Lucca, che aveva dichiarato l’inammissibilità di un ricorso contro alcuni avvisi di accertamento emessi da Ascit servizi ambientali s.p.a. – gerente il servizio di smaltimento del comune anzidetto – evidenzianti una maggiore superficie tassabile ai fini della tariffa d’igiene ambientale (c.d. tia). La commissione regionale ha ritenuto tempestiva l’originaria impugnazione, diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado, ma ha disatteso l’appello nel merito delle questioni sollevate, "per carenza di idonea documentazione probatoria e quindi dell’impossibilità di una cancellazione del dovuto e/o di una riduzione della parte variabile della tariffa". La ricorrente deduce due motivi di ricorso per cassazione, ai quali Ascit resiste con controricorso e con ricorso incidentale condizionato sulla questione pregiudiziale suddetta.

Entrambe queste parti hanno depositato una memoria. Il comune di Capannori non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. – il primo motivo del ricorso principale, rubricato come "error in procedendo – violazione art. 112 c.p.c. per omessa motivazione su questioni decisive ai fini del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4", lamenta che la commissione regionale, con "criptica motivazione" abbia ritenuto di respingere in toto l’appello di essa società senza pronunciarsi sui motivi ivi riproposti.

Tali motivi erano, in base all’incontroversa allegazione della ricorrente medesima, quelli (1) di nullità degli avvisi per carenza di potere del direttore della concessionaria emittente; (2) di carenza del presupposto regolamentare, stante l’avvenuta revoca degli atti in conseguenza dei quali gli avvisi erano stati notificati; (3) di inammissibilità dell’accertamento in correlazione coi vizi del regolamento comunale separatamente dedotti in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo; (4) di carenza di motivazione dell’accertamento detto; (5) di illegittima pretesa dell’Iva; (6) di illegittima pretesa di sanzioni e interessi.

Il secondo motivo, deducendo "erroneità della motivazione su fatto controverso decisivo", ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, lamenta l’incomprensibilità della decisione in ordine alle ragioni per le quali la domanda – involgente la contestazione della superficie soggetta a tariffa – era stata ritenuta priva di supporto probatorio.

2. – Seppure in parte manchevole nelle modalità di formulazione (attesa la confusa associazione di concetti tra loro distinti, quali quelli di motivazione e di pronuncia), il primo motivo, per le ragioni che seguono, è da ritenere fondato nel suo nucleo essenziale.

3. – La sentenza riferisce che la società aveva impugnato la decisione di primo grado sullo specifico profilo della ritenuta inammissibilità del ricorso per tardività.

Riferisce inoltre che, nel merito, l’impugnante aveva altresì sostenuto la carenza di motivazione e l’illegittimità dell’accertamento, l’erroneità e irragionevolezza del medesimo, l’illegittimità dei coefficienti applicati, l’illegittima pretesa dell’Iva. A fronte di una siffatta integrale devoluzione, la sentenza ha condiviso la censura attinente alla statuizione pregiudiziale di rito (ritenendo in effetti tempestivo l’originario ricorso avverso gli avvisi di accertamento e in tal senso discostandosi dalla sentenza di primo grado), ma ha rigettato l’appello nel merito sulla base dell’unica affermazione che "l’appello non può essere accolto per carenza di idonea documentazione probatoria e quindi dell’impossibilità di una cancellazione del dovuto e/o di una riduzione della parte variabile della tariffa".

Sennonchè appare evidente che, in tal guisa, la commissione regionale ha reso una motivazione soltanto apparente, inidonea a evidenziare la ratio decidendi e niente affatto calibrata sui profili di censura ivi riproposti; i quali profili invero essa non ha considerato in modo alcuno, al punto da non potersi alla corrispondente statuizione attribuire dignità di pronuncia sui motivi di gravame.

Da tanto discende che il primo motivo del ricorso principale va accolto, con consequenziale assorbimento del secondo motivo.

4. – Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, Ascit s.p.a. denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2964 c.c. e segg. e art. 14 preleggi con riferimento agli artt. 7 e 9 del regolamento del comune di Capannori per l’applicazione dell’accertamento con adesione.

Censura il capo della sentenza d’appello relativo alla questione pregiudiziale di rito, avendo la sentenza ritenuto tempestivo il ricorso della società avverso gli avvisi di accertamento nonostante l’avvenuta redazione, nell’ambito del procedimento di adesione disciplinato dal regolamento detto, di un verbale di mancato accordo.

Il motivo si basa sulla pretesa inutilità di mantenere sospeso, per i previsti 90 giorni, il termine di impugnazione in ossequio alle esigenze di concentrazione e di efficienza che ne impongono, in casi simili, la ripresa di decorrenza.

5. – Il ricorso incidentale non è fondato, seppure necessitando la motivazione della sentenza impugnata di apposita integrazione sullo specifico profilo, nella sentenza liquidato con la insufficiente notazione che "il periodo di sospensione deve essere ricondotto all’ipotesi disciplinata dall’art. 7, comma 2 del citato regolamento". 6. – Giova premettere che la previsione regolamentare posta a base del punto controverso è rappresentata dall’art. 7 del regolamento del comune di Capannori per l’applicazione dell’accertamento con adesione alla tariffa di igiene ambientale. Codesta norma attiene, invero, al "procedimento ad iniziativa dell’utente" e disciplina gli effetti sospensivi consequenziali alla presentazione dell’istanza, per un periodo di 90 giorni, dei termini per l’impugnazione dell’avviso di accertamento (non preceduto dall’invito a comparire) e di quelli per il pagamento della tariffa.

Il dato posto al fondo della censura è costituito dal combinato dei commi 4 e 6 del predetto art. 7, a misura del fatto che il comma 4 prevede che entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza di definizione sia appunto formulato, dal soggetto gestore, l’invito a comparire ai fini del contraddittorio sul procedimento di adesione, mentre il comma 6, disciplina l’effetto – automaticamente conclusivo dell’Iter procedimentale – della comunicazione secondo la quale il gestore non intende o non può applicare l’istituto invocato; dacchè "dalla notifica della comunicazione di rigetto, riprendono a decorrere i termini per impugnare gli atti avanti la commissione tributaria provinciale e per il pagamento della tariffa". 7. – La divergenza interpretativa trova terreno di contesa, tra le parti del presente giudizio, giustappunto sul significato da annettere alla succitata previsione, che, per la ricorrente incidentale, andrebbe intesa secundum tenorem rationis, vale a dire come sintomatica della inutilità del mantenimento della sospensione anche allorchè il procedimento di adesione si sia chiuso con la redazione del verbale di mancato accordo.

In proposito tuttavia il collegio osserva che, seppure in certo qual modo sorretta da un argomento logico-razionale, l’interpretazione offerta da Ascit, non può essere condivisa a motivo della necessità di garantire un’applicazione dell’istituto su base sistematica coerente con la conforme legislazione nazionale.

Nel senso che la previsione del regolamento del comune di Capannori, pur legittimamente inserita nello spazio di intervento per l’autonomia regolamentare previsto dalla L. 18 dicembre 1997, n. 449, art. 50 (nonchè, su base generale, quanto ai tributi locali, dall’art. 119 Cost., comma 2), necessita in ogni caso di un’interpretazione coerente coi principi dettati dalla giurisprudenza quanto all’omologo istituto disciplinato, per i tributi statali, dal D.Lgs. n. 218 del 1997. Riguardo al quale questa Corte ha già affermato che la chiusura del procedimento di adesione, prima del decorso del termine di 90 giorni previsto dal corrispondente D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6 non comporta la rinuncia del contribuente a giovarsi della sospensione dei termini di impugnazione concessa a coloro che si avvalgono della procedura in questione (Cass. n. 15170/2006).

Una simile conclusione è sorretta dal riferimento al principio per cui, in materia tributaria, il puro e semplice riconoscimento del contribuente, nell’ambito di una procedura di accertamento, di essere tenuto al pagamento di un tributo, non produce l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, essendo l’obbligazione tributaria rigidamente regolata dalla legge, e non dalla volontà del contribuente. E trova definitiva conferma nell’interpretazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6 recentemente offerta anche dalla Corte costituzionale.

Avendo il procedimento per l’accertamento con adesione generale finalità di prevenire l’impugnazione dell’atto di accertamento tributario notificato, e di favorire l’instaurazione di un contraddittorio con il contribuente finalizzato a una definitiva e concordata definizione preventiva della controversia, è stata ritenuta non irragionevole la previsione, a tal fine, di un periodo fisso di sospensione dei termini di impugnazione, idoneo giustappunto a consentire un proficuo esercizio del contraddittorio in sede di adesione (C. cost. n. 140/2011, ord.). E tanto per la ragione che, durante il detto esercizio, il contribuente e l’ufficio hanno sempre agio di valutare liberamente la situazione controversa, allacciando, ed eventualmente sciogliendo e riannodando, le trattative.

In questo senso, la redazione del verbale di mancato accordo – che rileva in seno al motivo – pur risolvendosi in una presa d’atto del mancato raggiungimento dell’accordo, non può essere equiparata nè a una definitiva rinuncia del contribuente all’istanza di accertamento con adesione, nè a un epilogo comunque definitivamente conclusivo del procedimento, espressivo della volontà di escludere, anche per il futuro, la composizione della controversia in via amministrativa.

Conseguenza logica è che al medesimo verbale, proprio in quanto privo di attitudine definitoria rispetto alla sorte del procedimento amministrativo di adesione, non può attribuirsi alcuna funzione ostativa rispetto alla ratio della (perdurante) sospensione del termine di impugnazione dell’avviso di accertamento.

8. – Sulla base delle esposte considerazioni devesi pertanto accogliere il primo motivo del ricorso principale e rigettare l’incidentale condizionato.

L’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla medesima commissione regionale, diversa sezione, per nuovo esame nel merito. La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo; rigetta il ricorso incidentale condizionato; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla commissione tributaria regionale della Toscana anche per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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