Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38639 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza resa il 25 novembre 2009, la Corte di Appello di Torino ha confermato quella resa dal Tribunale di Novara il 15-10- 2008, con cui è stata affermata la responsabilità di H.P. per il delitto di plurime cessioni a G.M. di quantitativi imprecisati di cocaina dal 6 febbraio al 17 marzo 2007 e condannato, con la diminuente del rito abbreviato, alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione ed Euro 21.000 di multa.

2. Ricorre il condannato e deduce che difetto di motivazione e violazione di legge per non avere la Corte valutato la eccezione di incompetenza per territorio, ritualmente sollevata in prime cure, sotto il profilo che il primo passaggio dello stupefacente, essendosi egli rifornito da certo J., in territorio di Busto Arsizio, della droga da rivendere in Novara, aveva radicato la competenza presso altro circondario; ciò in quanto in tema di stupefacente occorre fare riferimento al luogo di compimento della prima attività; con il secondo motivo si reitera la eccezione di inutilizzabilità delle sit del G., perchè questi aveva commesso, negando di conoscere il venditore dello stupefacente, il delitto di favoreggiamento e, dunque, andavano adottate le cautele processuali dovute all’imputato di reato connesso; in ogni caso, ed è questo il tema del terzo motivo, si deduce la equivocità delle conversazioni intercettate tra le parti, che non offrono la prova certa che egli sia il fornitore del G.; in ultimo si lamenta che il trattamento sanzionatorio, eccessivo in relazione alla vicenda, relativa a "droga parlata": ne deduce che la pena era da ridimensionare, sia con la concessione dell’attenuante speciale, sia con diverso giudizio di prevalenza per le concesse generiche, immotivatamente non riconosciute.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo non ha alcun fondamento: il principio di diritto richiamato dal ricorrente non si attaglia affatto alla fattispecie contestata all’imputato, giacchè costui, come è pacifico, ha posto in essere le sue condotte di spaccio in territorio di Novara, come esattamente osservato dai giudici di merito, a nulla rilevando che l’acquisto della sostanza fosse stato compiuto dall’imputato aliunde, perchè si trattava comunque di attività eseguita al di fuori di quella "contestualità" fra diverse, condotte aventi ad oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente, che consente di ravvisare un concorso formale, incidente sulla competenza territoriale.

3. Parimenti, non ha pregio alcuno il motivo, pedissequamente ripetuto rispetto quello enunciato con l’appello, della inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’acquirente G., sotto il profilo che costui, avendo negato inizialmente di conoscere lo spacciatore, avesse la qualità di imputato di reato connesso per il delitto di favoreggiamento. La Corte di merito ha rilevato che la iniziale reticenza del tossicodipendente non aveva affatto integrato l’ipotesi delittuosa invocata, giacchè il G. era stato fermato, quando già era stata raggiunta dagli inquirenti la certezza che egli avesse comprato dall’imputato la dose: ora, pur se il reato in esame è di pericolo, non va trascurato che la condotta deve consistere in un’attività che abbia frapposto un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini, che abbia, cioè, provocato una negativa alterazione – quale che sia – del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero, comunque, potute svolgere, cosa nella specie esclusa; è ancora da dire che nei confronti del tossicodipendente, per pacifica giurisprudenza, l’esimente di cui all’art. 384 c.p. è configurabile per avere negato l’acquisto ed il consumo di sostanze stupefacenti, in considerazione del rischio di un grave ed inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore derivante dalla prospettiva dell’applicazione nei suoi confronti delle sanzioni amministrative previste dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75. 4. Nel merito, le censure proposte sono ripetitive di quelle proposte con l’appello, senza alcun confronto dialettico con la decisione di secondo grado, che ha risolto, con adeguata e logica motivazione, le questioni poste relative alla intercettazioni, all’inequivoco significato dei dialoghi intercorsi con il G., confortate non solo dalle dichiarazioni di costui, ma anche dal ritrovamento di due dosi di cocaina, del peso di 3,9 gr circa ciascuna, pervenendo ad una conclusione di merito più che giustificata ed aderente ai fatti.

A fronte della quale, il ricorrente, oltre al rilevato profilo di genericità, oppone argomentazioni di fatto, che in quanto tendenti alla rivisitazione della vicenda ed ad introdurre una versione a sè favorevole, non possono trovare ingresso in questa sede.

5. Quanto infine alla determinazione della pena, è da obbiettare che la Corte ha motivato diffusamente le ragioni ostative alla concessione della attenuante speciale, richiamando la reiterazione delle condotte e la consistenza obbiettiva delle dosi consegnate, che escludevano la minima offensività del fatto, il difetto di elementi positivi che consentissero un diverso bilanciamento delle generiche, in considerazione della negativa personalità dell’imputato; tanta basta per soddisfare l’obbligo motivazionale, in presenza, peraltro, di censure attinenti a dati di merito, di cui si chiede una nuova valutazione, del tutto inibita in questa fase di legittimità. 6. In conclusione, il ricorso è da dichiarare inammissibile ed il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuale e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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