Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5836 Tributi locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società contribuente, proprietaria di uno stabilimento per la produzione e il confezionamento di vernici e di solventi posto in comune di (OMISSIS), ricorre per cassazione nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana che ha confermato la decisione di primo grado, della commissione tributaria provinciale di Lucca, di rigetto di un ricorso avverso distinti avvisi di accertamento emessi da Ascit servizi ambientali s.p.a. – gerente il servizio di smaltimento del comune medesimo – evidenzianti una maggiore superficie tassabile ai fini della tariffa d’igiene ambientale (c.d. tia).

La commissione regionale, premessa la generale intassabilità di aree destinate a lavorazioni industriali ove non idonee alla produzione di rifiuti, ha ritenuto la contestazione del contribuente indeterminata e priva di documentazione a supporto con specifico riferimento agli elementi intesi a quantificare l’ammontare della riduzione richiesta rispetto ai rifiuti prodotti. Ha ritenuto assorbite le restanti questioni, affermando che, in ogni caso, le stesse erano state correttamente risolte dal giudice di primo grado.

Contro la statuizione di rigetto la ricorrente deduce quattro motivi di ricorso, variamente articolati al loro interno e illustrati anche da memoria.

Ascit resiste con controricorso, anch’esso illustrato da successiva memoria.

Il comune di Capannori non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. – Il primo motivo denunzia contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sul fatto controverso che "le aree produttive, compresi i magazzini coperti in quanto funzionalmente collegati al ciclo produttivo, e le aree esterne sono esenti dall’obbligazione di pagamento della Tia". Deduce al riguardo che con riferimento a tali aree la società non usufruisce del servizio pubblico di raccolta e smaltimento, ma deve provvedervi in proprio; e assume di aver offerto in comunicazione, a dimostrazione di ciò, la planimetria del capannone industriale di cui essa è titolare, e i modelli Mud con allegate fatture attinenti alla produzione di rifiuti speciali.

Il secondo motivo deduce l’erroneità della motivazione su un fatto controverso decisivo ( art. 360 c.p.c., n. 5). Si lamenta che la commissione regionale avrebbe omesso di pronunciarsi sui singoli motivi di gravame, ritenendo assorbite le relative questioni nelle considerazioni sopra riportate, nel contempo affermando che le stesse erano state peraltro correttamente risolte dal giudice di primo grado.

Il terso motivo denunzia motivazione insufficiente su fatto controverso decisivo, ancora nel rilievo appena evidenziato.

Il quarto motivo deduce una violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, lamentando non esser vero che la commissione provinciale aveva adeguatamente affrontato e risolto le "altre questioni" sottoposte a vaglio giurisdizionale.

2. – Il primo motivo è infondato.

Si assume a premessa che, nel ricorso introduttivo, era stato chiesto l’annullamento degli atti impositivi per l’avvenuta sottoposizione a tia di maggiori superfici del capannone industriale non idonee a produrre rifiuti urbani o assimilati; nonchè, in ipotesi, per la parte eccedente gli spazi destinati a uso uffici e le aree di base.

La ricorrente ascrive alla sentenza d’appello un vizio di contraddittorietà della motivazione per avere affermato, da una parte, che la tia non è applicabile in relazione alle zone dello stabilimento in cui vengono svolte lavorazioni industriali, a prescindere dalla prova dello smaltimento in proprio; e, dall’altra, che l’appellante aveva presentato una richiesta indeterminata (anche per mancanza di idonea documentazione) non avendo quantificato l’ammontare della riduzione richiesta rispetto ai rifiuti prodotti.

Osserva il collegio che il vizio dedotto sub specie di contraddittorietà della motivazione non sussiste in quanto esso presupporrebbe che le ragioni, poste a fondamento della decisione, fossero sostanzialmente contrastanti in guisa tale da elidersi a vicenda (v. per tutte Cass. n. 3951/2011; n. 15693/2004). Mentre così non è nella specie, giacchè nell’impugnata sentenza l’affermazione previa (e solo in parte centrata) , che non sono assoggettabili al tributo le zone di uno stabilimento in cui vengono svolte (sole) lavorazioni industriali, risulta resa quale mera petizione di principio, senza assurgere a propria ratio decidendi, la decisione essendo stata motivata, difatti, dall’unico rilievo del mancato adempimento dell’onere della prova in ordine all’"ammontare della riduzione dei rifiuti prodotti". 3. – Gli altri motivi attengono – tutti – alla statuizione afferente i singoli residui profili di gravame avverso la sentenza di primo grado. Con riguardo ai quali la sentenza si è in effetti limitata ad affermare che "le restanti questioni, tutte adeguatamente affrontate nel giudizio di primo grado, restano assorbite nelle considerazioni sopra riportate" e che "in ogni caso, le stesse sono state correttamente risolte dal giudice di primo grado e, nell’appello, viene ribadito quanto già sostanzialmente esposto in ricorso".

In proposito si palesa fondato il 4 motivo dell’odierno ricorso, sebbene nei termini di seguito esposti.

4. – il detto quarto motivo, pur rubricato – con certo qual grado di approssimazione – come "error in procedendo – violazione art. 112 c.p.c. per omessa motivazione su questione controversa e decisiva per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)", contiene al suo interno un previo addebito di motivazione solo apparente.

Il motivo è difatti concluso (a pag. 25 del ricorso) dalla censura che "in conclusione ed in sintesi, la sentenza impugnata appare viziata anche (..) per aver omesso la CTR di Firenze di illustrare le motivazioni logiche ed i principi di diritto" posti a base del rigetto di tutti i motivi del ricorso originario; tali essendo stati invero, in base all’incontroversa allegazione della ricorrente medesima, quelli (1) di nullità degli avvisi per carenza di potere del direttore della concessionaria emittente; (2) di carenza del presupposto regolamentare, stante l’avvenuta revoca degli atti in conseguenza dei quali gli avvisi erano stati notificati; (3) di inammissibilità dell’accertamento in correlazione coi vizi del regolamento comunale separatamente dedotti in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo; (4) di carenza di motivazione dell’accertamento detto; (5) di illegittima pretesa dell’iva; (6) di illegittima pretesa di sanzioni e interessi.

Codesta doglianza è fondata in quanto la sopra riportata unica frase, con la quale la commissione regionale ha liquidato i restanti profili consegnati ai motivi d’appello (della cui riproposizione in quella sede pur la sentenza ha dato atto nell’inciso che dall’appellante era stato "ribadito quanto già sostanzialmente esposto in ricorso"), non è idonea – per la genericità del rinvio alla soluzione offerta dal giudice di primo grado – a esprimere alcuna concreta ratio decidendi.

Si osserva, invero, che, il limite della motivazione per relationem della sentenza pronunziata in sede di gravame è che il giudice di appello, ancorchè facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima in ogni caso, sia pure sinteticamente, le ragioni della conferma della pronunzia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (ex plurimis, Cass. n. 10490/2010; n. 15483/2008). Il che non è nel caso di specie, in quanto la laconicità della motivazione adottata dalla commissione regionale, formulata in termini di mera adesione a un percorso argomentativo neppure minimamente accennato a proposito della sentenza di primo grado, non consente in alcun modo di ritenere che alla affermazione di condivisione del giudizio anteriore il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.

5. – L’accoglimento del quarto motivo assorbe l’esame del secondo e del terzo e determina la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla medesima commissione regionale toscana, diversa sezione, la quale provvederà a esaminare i profili di impugnazione summenzionati in applicazione dei principi appena esposti.

La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il quarto e dichiara assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale della Toscana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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