Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38499 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 25/1/11 la Corte di Appello di Palermo, giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza di M. F. volta al riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con cinque sentenze definitive nei suoi confronti, riconosceva il vincolo in relazione a tre di esse (Corte di Appello di Palermo 6/7/93 e 18/6/93 e Gip del Tribunale di Palermo 19/10/99) con relativa rideterminazione della pena (anni nove di reclusione e multa) e rigettava nel resto, i reati di cui alla sentenza 15/2/93 della Corte di Appello di Palermo (bancarotta fraudolenta e altro del 22/9/91) essendo già stati riconosciuti in continuazione con quelli della sopra citata sentenza 19/10/99 con provvedimento 1/10/01 del Gip del Tribunale di Palermo e il reato di cui alla sentenza 27/10/06 della Corte di Appello di Messina (ricettazione) essendo stato commesso tre anni dopo tutti gli altri.

Ricorreva per cassazione il M., deducendo violazione di legge:

premesso che tutti i reati derivavano dalla sua dichiarazione di fallimento avvenuta nel 1989/90 (dopo la quale egli si era ininterrottamente adoperato per far fronte, anche in modo illecito, alle pressanti richieste dei creditori che non si erano insinuati nel passivo), non si poteva negare che anche l’ultima ricettazione del 6/3/94 giudicata a Messina fosse legata agli altri reati dall’unicità del disegno criminoso (tra essi già variamente riconosciuto) e ciò nonostante i due anni e poco più passati dal fallimento. Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Nel suo parere scritto il PG presso questa S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, risolventesi in indimostrate censure di fatto.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

Esso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita valutazione delle circostanze di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, sovrapponendo la propria a quella del giudicante.

L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato il contenuto delle cinque sentenze e, con motivazione sia pur sintetica ma congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale, sostanziale e processuale, ha illustrato le ragioni di fatto (in quanto tali – si ripete – insindacabili in sede di giudizio di legittimità) ostative al riconoscimento della continuazione.

La reiterazione delle condotte criminose del ricorrente attestano solo la sua proclività a delinquere nel settore specifico.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una congrua sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

visto l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di 1.000 Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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