Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38498

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 11/11/10 il Tribunale di sorveglianza di Napoli confermava il decreto 20/7/10 del Magistrato di sorveglianza di quella Città, che rigettava le istanze di Z.A. (detenuto per tentato omicidio in concorso e associazione mafiosa aggravati) volte al differimento provvisorio della pena per grave infermità fisica con concessione della detenzione domiciliare.

Il Tribunale osservava che le pur serie condizioni di salute dello Z. (affetto da cardiopatia ischemica ed esiti di intervento cardochirurgico di vascolarizzazione miocardica, iperlipemia, ipertensione arteriosa, disturbi del visus con cataratta cronica all’occhio destro, insufficienza circolatoria agli arti inferiori, atralgie riferite diffuse, broncopatia cronica, disuria e stranguria ed epigastalgia), in quanto gestibili anche in ambiente carcerario (con eventuali ricoveri esterni) e di fatto ben gestite, non fossero tali da determinare una situazione di incompatibilità intramuraria (ovviabile con la detenzione domiciliare) o di sofferenza aggiuntiva, contraria al senso di umanità.

Ricorreva per cassazione la difesa dello Z., deducendo inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio di motivazione: l’ordinanza impugnata aveva omesso di rispondere alla deduzioni difensive contenute nell’istanza originaria e in un ulteriore scritto difensivo, alle quali erano allegate ben tre perizie di parte, la prima antecedente e le altre due successive all’intervento cardo-chirurgico del 9/6/10 (dott. C., dott. R., prof. P.). L’ultima, in particolare, evidenziava le peggiorate condizioni del soggetto, che nonostante l’intervento rimaneva a rischio di vita. Il provvedimento, invece, si era basato unicamente sulle deduzioni dei sanitari del CDT della CC di Secondigliano, che peraltro non contraddicevano l’ipotesi di una detenzione domiciliare, che ben avrebbe potuto essere disposta dal giudice dopo gli approfondimenti che avesse ritenuto opportuni.

Nel suo parere scritto il PG presso questa S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto risolventesi in censure di fatto.

Il ricorso è infondato e va rigettato.

In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte il differimento facoltativo della pena per motivi di salute può essere concesso solo se sia stata diagnosticata una "grave infermità fisica" e ricorra un serio e conclamato pericolo quoad vitam (Cass., sez. 1, sent. n. 8936 del 22/11/00, rv. 21829, proc. Piromalli;

Cass., sez. 1, sent. n. 27313 del 24/6/08, rv. 240877, proc. Commisso) o venga accertata l’impossibilità di praticare utilmente in ambiente carcerario le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena. In quest’ultimo, caso poi, occorre valutare se le condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative proprie della pena e colle concrete possibilità di reinserimento sociale dello stesso conseguenti all’attività rieducativa svolta, cosicchè l’espiazione della pena debba essere legittimamente differita solo se, per la natura particolarmente grave dell’infermità del soggetto, la sua esecuzione possa ritenersi avvenuta in aperto dispregio del diritto alla salute e del senso d’umanità, al quale deve essere improntato il trattamento dei detenuti, per le eccessive ed ingiustificate sofferenze che essa possa arrecare al condannato (Cass., sez. 1, sent. n. 28555 del 18/6/08, rv. 240602; Cass., sez. 1, sent. n. 4690 del 23/9/96, rv. 205750) e le cure necessarie non siano praticabili in istituto, considerando peraltro che le eventuali situazioni acute e di crisi ben possono essere fronteggiate con il ricovero esterno L. n. 354 del 1975, ex art. 11 (Cass., sez. 1, sent. n. 36856 del 28/9/05, rv. 232511, La Rosa).

Ciò posto, si osserva che il ricorso, largamente volto ad una non consentita rilettura in fatto, pur deducendo (per valutazione tecnica di parte) una situazione sanitaria più grave di quella accertata, non invoca nè un immediato pericolo di vita, nè un’effettiva incompatibilità con l’ambiente carcerario e neppure scadimento al disotto della soglia minima di dignità umana, limitandosi a rilevare l’aggravamento delle condizioni del detenuto. Correttamente, peraltro, il giudice di merito ha dato adeguatamente conto, con motivazione immune da errori logici e giuridici, delle ragioni che hanno portato a ritenere la compatibilità delle condizioni di salute lamentate con il regime carcerario in atto, ribadendo che il trattamento intra moenia non costituisce allo stato ostacolo alla sottoposizione ad adeguate cure ovvero potendo il condannato essere appoggiato eventualmente ad altre strutture facenti parte dell’amministrazione penitenziaria o in luoghi esterni ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 11, peraltro di pronta fruibilità. Nè, a fronte di tali evidenze, era necessario alcun altro accertamento, ivi compreso quello peritale suggerito dalla difesa.

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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