Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38496

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 27/1/10 la Corte di Appello di Reggio Calabria, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da G. C., in proprio e quale tutrice di G.G., e da R.F., revocava la confisca del libretto postale aperto presso l’ufficio di (OMISSIS) cointestato alle prime due e rigettava nel resto (confermando la confisca dei libretti aperti presso lo stesso ufficio l'(OMISSIS), intestato alla prima, e l'(OMISSIS), intestato alla terza). Premesso che i libretti erano stati confiscati a seguito della definitiva condanna di R. C. (marito di G.C. e padre di R. F.) per i reati di associazione di tipo mafioso e di estorsione sul rilievo dall’assoluta sproporzione tra il reddito familiare e le somme depositate (43.541,83 Euro il primo, 7.652,47 Euro il secondo, 12.108,73 Euro il terzo), la Corte dava atto che G.C. era tutrice di G.G., percettrice da anni di assegno pensionistico per invalidità irreversibili: di qui il dissequestro del libretto a lei cointestato, mentre nulla consentiva di affermare che denaro da lei proveniente fosse depositato sugli altri libretti, portatori peraltro di somme assai rilevanti.

Ricorreva per cassazione la difesa delle opponenti, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: sotto il primo aspetto il giudice aveva presunto la provenienza illecita delle somme senza dare conto della documentazione offerta dalle interessate, dimostrativa dell’accantonamento delle specifiche somme portate dai libretti oggetto di confisca; sotto il secondo aspetto, e a sua dimostrazione, il libretto restituito pareva "scelto" a ragione del suo minor importo. Chiedeva l’annullamento.

Nel suo parere scritto il PG, valutando la manifesta infondatezza del ricorso, chiedeva dichiararsi la sua inammissibilità.

Il ricorso, generico e manifestamente infondato, è inammissibile. La disciplina della L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies, come già correttamente rilevato dal PG nel suo parere scritto, pone una presunzione di illecita accumulazione patrimoniale da parte del condannato per certi delitti superabile solo attraverso una giustificazione credibile circa la legittimità della loro provenienza da parte dei soggetti che hanno la titolarità o la disponibilità dei beni. Tale presunzione opera anche nei confronti del coniuge o dei figli del soggetto quando vi sia sproporzione tra il loro reddito ed i beni in questione (senza che rilevi il vincolo di pertinenzialità con il delitto). Nel caso in esame esiste la suddetta sproporzione (ritenute non plausibili dal giudice le deduzioni difensive circa la lecita provenienza delle rilevanti somme depositate nel tempo nel libretto intestato a G.C.) e il libretto cointestato a G.C. e G. è stato dissequestrato per la sola e trasparente ragione (di cui la parte non dovrebbe lagnarsi) che in esso confluivano le lecite somme di pertinenza della seconda, di cui la prima era tutrice.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue per legge la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese e di una congrua sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

visti l’art. 606 c.p.p., comma 3, e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di 1.000 Euro ciascuna alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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