Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38495

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 8/11/10 (a seguito di rinvio dalla Cassazione, che qualificava come opposizione il ricorso delle parti avverso provvedimento emesso dallo stesso giudice in data 27/10/09) il Gip del Tribunale di Reggio Calabria, giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di P.S., P.A. e P.C. (costui quale esercente la potestà genitoriale sul minore P. G.) volta al dissequestro di somma di denaro (28.500 Euro) confiscata con sentenza di applicazione di pena del 27/3/09.

Premesso che la doglianza dei ricorrenti derivava dal fatto che il provvedimento veniva ad incidere su valori (deposito di titoli postali per 20.000 Euro e conto corrente bancario per il residuo) cointestati al destinatario di esso ( P.C.) e ad un terzo quale la moglie deceduta C.A. (di qui la titolarità dei tre figli), il giudice osservava che la doglianza medesima doveva essere esercitata impugnando la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti, dove peraltro il consenso del Pm era stato espressamente subordinato alla confisca.

In ogni caso i valori sequestrati costituivano specifico profitto del reato ed erano nella diretta disponibilità dell’indagato, di talchè le norme penali sul sequestro preventivo, funzionali ad evitare il perdurare di una tale disponibilità, prevalevano su quelle civili che regolano i rapporti tra gli eventuali cointestatari.

Ricorreva per cassazione la difesa degli interessati, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione: premesso che la richiesta di revoca della confisca era parziale e fondava sulla stessa ratto del provvedimento (limitato a suo tempo a quei valori ed a quella somma ad evitare pregiudizio alle ragioni dei terzi e dello stesso imputato per un’eventuale eccedenza), evidenziava come i richiedenti fossero terzi estranei al reato (associazione, truffa, corruzione), andando pertanto applicato il terzo comma dell’art. 240 c.p.. Nè era stata dimostrata l’illecita provenienza dei beni intestati ai terzi (anzi, la defunta esercitava da anni la professione di insegnante).

Artificioso, infine, da parte del giudicante distinguere il denaro confiscato dal rapporto bancario su cui esso era appostato. Chiedeva l’annullamento.

Nel suo parere il PG, pur ritenendo esperibile l’incidente di esecuzione da parte di soggetti (come nel caso) estranei al procedimento penale, osservava nel merito come la semplice contitolarità del deposito titoli o del conto bancario non fosse sufficiente a dimostrare l’appartenenza dei relativi valori, incombendo sull’interessato la prova della provenienza da sè delle specifiche quote. Deponeva in contrario, nella specie, la circostanza che i valori sequestrati fossero stati concentrati, per le ragioni ricordate dal giudice di merito, su quelli in oggetto e che sulla loro confisca avesse concordato lo stesso imputato. Concludeva per l’inammissibilità del ricorso. Con memoria di replica 21/9/11 la difesa insisteva nelle sue ragioni e nella richiesta di annullamento, sottolineando come i coniugi P. fossero in regime di comunione di beni e sul conto cointestato confluissero anche i redditi da insegnante e i risparmi della moglie defunta, totalmente estranea al reato. Incombeva sull’accusa la prova contraria. Irrilevante il consenso prestato dal P. in sede di patteggiamento.

Premessa l’esperibilità dell’incidente di esecuzione da parte del soggetto estraneo al processo penale (che non avrebbe potuto autonomamente impugnare la sentenza che lo definiva), nel merito il ricorso è infondato e va respinto.

Come correttamente rilevato dal PG, la confisca ha riguardato esclusivamente una somma che costituiva profitto del reato o che allo stesso era equivalente (già restituita agli aventi diritto l’eccedenza sequestrata pari a 34.923 Euro) ed ha formato oggetto di specifico accordo tra le parti tradottosi nella sentenza di applicazione della pena su richiesta, dove il Pm ha espressamente subordinato il suo consenso alla confisca.

11 rilievo supera ogni questione sull’onere della prova, ferma la giurisprudenza in proposito, anch’essa richiamata dal PG, per cui (Cass., 1, sent. n. 48128 del 5/11/09, rv. 245624, Succu) "il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, che agisca in sede esecutiva per ottenere la restituzione di effetti cambiari o di altri titoli confiscati, ha l’onere di dimostrare di essere titolare del diritto incorporato negli stessi in base ad un titolo lecito, non essendo sufficiente che adduca d’essere il formale intestatario" (in motivazione la Corte ha precisato che, analogamente, ove si tratti di denaro depositato su un conto corrente, non sarebbe sufficiente la mera intestazione formale del conto, ma la prova dell’effettiva appartenenza del denaro).

Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del processo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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