T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1910

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1-Con ricorso in esame il sig. C.C. ha impugnato il decreto col quale il Questore di Salerno ha respinto la sua domanda di revoca dell’avviso orale adottato nei suoi confronti il 24 aprile 2009 ai sensi della L. 27 dicembre 1956, n. 1423.

A tal fine – dopo aver ricordato il contenuto degli atti sopra citati e dopo aver fatto presente che i procedimenti penali ai quali è stato sottoposto non sono stati definiti e comunque non hanno particolare valenza – ha lamentato con due motivi di ricorso la violazione degli artt.1 e 4 L. n. 1423 del 1956 cit. nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità, ingiustizia e sviamento.

L’Amministrazione intima si è costituita in giudizio e, oltre a produrre documentazione, ha controdedotto alle argomentazioni avversarie chiedendo che il ricorso sia respinto.

2-Il Collegio ricorda che l’art. 1 della L. 27 dicembre 1956, n. 1423 stabilisce che i provvedimenti ivi previsti si applicano nei confronti:

– di coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

– di coloro, che per la condotta ed il tenore di vita, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

– di coloro che, per il loro comportamento, debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Il successivo art. 4 (come modificato dall’art. 5 L. 3 agosto 1988, n. 327) della stessa L. n. 1423 del 1956 soggiunge che l’applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 3 (sorveglianza speciale della pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) è consentita dopo che il Questore nella cui provincia la persona dimora ha provveduto ad avvisarla oralmente che esistono sospetti a suo carico e ad indicare i motivi che li giustificano, invitando la persona destinataria a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.

Pertanto, l’avviso orale di cui all’art. 4 della L. n. 1423 del 1956, come modificato dalla L. n. 327 del 1988 è esclusivamente l’avvertimento della sussistenza di sospetti a carico di una persona, per la quale si profilano "elementi di fatto" che facciano ritenere l’appartenenza ad una delle categorie previste dall’art. 1 della L. n. 1423 del 1956, e non ha altro effetto se non quello di consentire la proposta all’Autorità giudiziaria, entro tre anni, di applicazione delle misure di prevenzione.

Insomma, proprio perché si tratta solo di un avvertimento, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto avvisato non richiede la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti su elementi di fatto tali da indurre l’Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale che possono dar luogo, da parte del giudice, all’applicazione delle misure di prevenzione.

Ne consegue che è legittimo procedere all’avviso orale anche in assenza di condanne definitive e di addebiti specifici, purché emerga una situazione rivelatrice di personalità incline a comportamenti asociali o antisociali (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. IV 4 maggio 1984, n. 312; TAR Campania, Napoli, Sez. III, 22 febbraio 2003 n. 1252).

3-Nella fattispecie, il sig. C. con l’avviso orale (il cui dispositivo con i successivi atti in questa sede impugnati è stato confermato dal Questore) è stato avvisato oralmente e formalmente che a suo carico esistono taluni elementi – nel contesto dell’atto stesso specificamente indicati – ed invitato, quindi, a tenere, per il futuro una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, perdurando la di lui censurabile condotta e pericolosità per la sicurezza pubblica, venga avanzata nei suoi confronti la proposta all’Autorità giudiziaria dell’applicazione della sorveglianza speciale.

In detto avviso è precisato, infatti, che l’interessato è stato destinatario denuncie per "tentato furto aggravato, danneggiamento aggravato in concorso" ha ricevuto il, "divieto di accedere ai luoghi ove si disputano competizioni sportive" è sottoposto ad indagini per "turbata libertà degli incanti aggravata in concorso, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, associazione a delinquere finalizzata corruzione, alla turbativa d’asta aggravata e al falso in atto pubblico".

Tanto basta per far constatare che nel contestato verbale di avviso orale (e, sostanzialmente, anche nel successivo provvedimento del Questore intervenuto a seguito della richiesta di revoca) sono facilmente enucleabili le ragioni sostanziali a giustificazione dell’atto medesimo: il fatto "storico", comunque risultante agli atti, che il ricorrente è stato più volte denunciato per vari reati.

È proprio sulla base di siffatti presupposti, dunque, che l’Autorità di PS si è poi rivolto "oralmente e formalmente" all’interessato, facendo presente – con un provvedimento motivato con specifico riferimento a tali circostanze – che a suo carico esistono gli elementi nell’apposito avviso indicati, invitandolo a tenere, per il futuro, una condotta conforme alla legge al fine di evitare che, nei termini previsti dalla norma predetta, sia avanzata – nel caso che il suo censurabile comportamento prosegua – la proposta dell’applicazione a suo carico, da parte dell’Autorità giudiziaria, della misura della sorveglianza speciale.

Come è stato, infatti già evidenziato, presupposto per l’emanazione dell’avviso in questione non è l’esistenza, secondo quanto sopra precisato, di "specifiche prove" sulla commissione di reati, essendo sufficienti, appunto, anche meri sospetti sugli elementi di fatto che, secondo la regola della logica e della ragionevolezza, inducano la competente Amministrazione a ritenere la sussistenza di quelle condizioni di pericolosità sociale che possano dar luogo all’applicazione di misure di prevenzione.

Trasferendo, insomma, i richiamati principi al caso particolare oggetto di esame, deriva che la fase istruttoria del procedimento finalizzato ad emettere l’impugnato avviso orale e del successivo atto di reiezione della domanda di revoca dello stesso, in effetti, si è nella specie concretata nella valutazione delle informazioni di cui le autorità di pubblica sicurezza erano in possesso al fine di verificare, sulla base di tali risultanze, la possibile pericolosità sociale del ricorrente.

Di conseguenza, per giudicare l’eventuale fondatezza della censura centrale proposta nell’originario gravame di difetto di istruttoria e insufficienza della motivazione, occorre solo verificare se gli elementi di fatto siano stati dall’Amministrazione correttamente acquisiti, valutati e confrontati; occorre, in definitiva, valutare se il suddetto giudizio di prognosi sia stato correttamente formulato.

Orbene, nel caso di cui trattasi, ritiene il Collegio che il potere pubblico sia stato correttamente esercitato, non sussistendo né la violazione della L. n. 1423 del 1956, né il vizio di eccesso di potere, sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione.

Secondo i principi giurisprudenziali, peraltro, il giudizio di pericolosità sociale che giustifica l’irrogazione della misura di prevenzione è tipica valutazione di merito, che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se non sotto profili di abnormità dell’iter logico o di incongruenza della motivazione, profili nella specie non sussistenti.

Appare insomma evidente che tutti gli elementi sopra ricordati contribuiscono a delineare nel complesso un quadro di fatto, rispetto al quale il giudizio di pericolosità formulato dall’Amministrazione – nei limiti in cui esso è sindacabile nella presente sede di legittimità – appare tutt’altro che irragionevole o arbitrario.

5-Il ricorso deve essere, pertanto, respinto.

Le spese di giudizio seguono,come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese di giudizio che, comprensive di diritti, onorari ed altre competenze, sono liquidate in complessivi Euro2000 (duemila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *