Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38481

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 4/10/10 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza 25/2/09 del Tribunale di Lecce che con le attenuanti generiche condannava C.A.M.L. alla pena (sospesa) di mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed Euro 100 di multa per il reato di illegale detenzione di arma comune da sparo (capo C: in Ruffano, il 2/4/04), disponeva che della detta pena non venisse fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale.

Il procedimento penale traeva origine dalla denuncia del marito della donna, C.F., che alle 19 del 2/4/04 informava i CC di Ruffano che la moglie, turbata per la notificazione di una citazione a giudizio da parte di un’impresa di Galatina con cui in passato i due coniugi avevano avuto motivi di attrito, aveva sottratto dal cassetto della scrivania dove egli la teneva una pistola Smith & Wesson cal. 38 Special (da lui regolarmente denunciata nel 1988) e l’aveva nascosta in un luogo che non gli aveva voluto rivelare.

Preoccupato dallo stato emotivo della moglie, l’uomo aveva nascosto a sua volta il munizionamento della pistola (50 proiettili) e si era recato dai CC. L’intervento del comandante della Stazione convinceva infine la C., dopo molte resistenze, a restituire l’arma, che aveva nascosto nei pressi dell’abitazione, a ridosso del muro di cinta della stessa, nascosta in un mucchio di tufo. Quindi l’imputazione a suo carico – e la condanna – per l’illegale detenzione della pistola (prosciolto in udienza preliminare il marito per l’omessa custodia dell’arma e prescritta in suo favore la mancata denuncia delle munizioni).

Ricorreva per cassazione la difesa della C., deducendo: A) violazione di legge lì dove era stato ritenuto che l’imputata avesse detenuto la pistola per un apprezzabile periodo di tempo, mentre dalle dichiarazioni del marito risultava solo che la donna gli aveva mostrato l’arma (scarica) per poi uscire di casa per nasconderla e da nulla risultava l’ora in cui ciò era avvenuto (mancando pertanto la prova di una detenzione stabile per un tempo apprezzabile); B) vizio di motivazione sulle effettive intenzioni della donna e la sua consapevolezza di mettere in pericolo la pubblica incolumità.

Chiedeva che venisse dichiarata la nullità della sentenza.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione dell’impugnazione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per la ricorrente.

Il ricorso è infondato e va rigettato. Se è vero che dagli atti del procedimento non risulta che il nascondimento dell’arma da parte dell’imputata avvenne la mattina del 2/4/04 (come si legge nella sentenza impugnata), laddove è certo che la denuncia del fatto da parte del marito avvenne nel pomeriggio, è anche vero che dal complessivo tenore della denuncia medesima (se non altro per i ripetuti tentativi posti in essere dall’uomo per convincere la moglie a restituire la pistola sottratta) si trae all’evidenza che il tempo trascorso tra l’un fatto e l’altro ebbe una durata apprezzabile, tale cioè da permettere al soggetto non abilitato di avere un’autonoma e protratta disponibilità dell’arma, violando così il bene giuridico protetto (che è di ordine pubblico). Proprio lo specifico bene protetto (inerente all’integrità delle funzioni di controllo sulle armi demandate all’autorità di polizia) esclude la rilevanza delle effettive intenzioni (lesive o meno) della donna in relazione al diverso bene della pubblica incolumità.

Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del processo ( art. 616 c.p.p.).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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