T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 25-11-2011, n. 1905

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1-Ai sensi dell’art. 39 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne; parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi.

Tale disciplina è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo del mezzo di offesa.

I provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.

I provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto fermo restando in capo all’amministrazione l’onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l’ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.

2- Tanto premesso può affrontarsi la controversia per cui è causa.

Il provvedimento di divieto di detenzione delle armi è stato motivato unicamente in relazione alla denuncia del ricorrente per "furto aggravato".

Lo stesso provvedimento, tuttavia, non contiene alcuna specifica controdeduzione alle osservazioni formulate dall’interessato e rivolte a dimostrare, anche con l’ausilio di documentazione, l’infondatezza della denuncia e, in particolare, l’esistenza del suo diritto di proprietà sulla vettura, oggetto peraltro di un giudizio civile,

In tale situazione il Collegio con l’ordinanza 14 giugno 2011 n. 191 ha disposto incombenti istruttori a carico dell’Amministrazione intimata la quale, tuttavia, ha fornito dai parziali e comunque incompleti, in quanto non ha per nulla descritto "gli accertamenti compiuti per verificare chi fosse l’effettivo proprietario dell’autovettura" ,

Orbene, ritiene il Collegio che il provvedimento impugnato sia sprovvisto di adeguata motivazione e sia viziato da irragionevolezza per i seguenti motivi:

(a) alla suddetta denuncia , per quanto risulta, non è seguita alcuna concreta condanna;

(b) l’Amministrazione non ha indicato evidenze o fatti ulteriori né ha fornito una più approfondita motivazione concernente la personalità del ricorrente e la sua affidabilità

(c)per quanto emerge dagli atti, prescindendo dall’episodio cui si fa riferimento nel provvedimento impugnato e che allo stato sembra configurare una controversia civilistica del tutto irrilevante ai fini che in questa sede interessano, il ricorrente risulta "di buona condotta" e, nonostante la denuncia , "iin pubblico gode di buona stima e reputazione".

In definitiva, quantomeno allo stato, non esiste alcun accertamento oggettivo dei "fatti" posto a fondamento del provvedimento di divieto e ciò mina alle fondamenta la congruità e proporzionalità del dispositivo.

Deve ritenersi, infatti, che il fatto denunciato, la cui dinamica è oggetto di antitetiche ricostruzioni, in assenza di adeguati ulteriori riscontri (testimonianze, episodi simili, carichi penali pendenti) che possano suffragare una lettura dell’ episodio quale indice sintomatico di scarso equilibrio caratteriale e di indole incline alla violenza, non appare idoneo a supportare un giudizio di pericolosità sociale dell’interessato per l’ordine e la sicurezza pubblica poiché, nella sua isolatezza, non rende verosimile un giudizio prognostico ex ante circa l’inaffidabilità del ricorrente

4-Tanto basta per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento del provvedimento impugnato senza che neppure occorra soffermarsi sulle altre censure formulate dall’interessato.

Le spese di giudizio, ricorrendone giusti motivi, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato con salvezza delle ulteriori determinazioni che l’Amministrazione riterrà di dover adottare.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *