Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2011) 25-10-2011, n. 38479

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza pronunciata il 5/7/10 la Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in parziale riforma della sentenza 9/10/09 del Tribunale di quella città, che condannava K. M. alla pena di anni nove di reclusione per il reato di tentato omicidio in danno di H.M. (commesso in (OMISSIS)), concedeva all’imputato le circostanze attenuanti generiche e rideterminava la pena in anni sei di reclusione.

La sera del 14/12/08 i CC di Sava, in seguito ad una segnalazione, si recavano in una via di quel centro, dove trovavano riversi al suolo due giovani feriti di nazionalità marocchina, i fratelli H. M. ed E.H.J.: il primo attinto da una "profonda ferita da taglio emitorace destro con emo-pneumo-torace", per cui veniva ricoverato presso l’ospedale di Manduria con prognosi riservata, il secondo con ferite al volto e un trauma cranico con prognosi di guarigione di venti giorni (per il che, in assenza di querela, non si procedeva per i reati in suo danno). Si procedeva invece per i reati in danno di H.M., che il giorno dopo il ferimento ne indicava l’autore, riconoscendolo, anche in fotografia, nel connazionale K.M.: si era trattato di una lite insorta nell’appartamento da loro abitato tra più marocchini, in occasione della quale il K., dopo avere sferrato un pugno a J., aveva inseguito in strada (insieme ad altri) entrambi i fratelli, portando con sè un grosso coltello da cucina, con il quale infine, dopo averlo raggiunto, colpiva il M. al torace. I fatti erano confermati dall’altro aggredito, E.H.J. (e l’imputato, come attestato dal Gip nell’occ, presentava in sede di interrogatorio una vistosa ferita al collo).

La versione era però ritrattata il 28/12/08 dallo stesso H. M. (che in seguito si rendeva irreperibile, giusta il verbale di vane ricerche dei CC di Sava del 18/8/09), il quale (come pure il fratello J.) metteva in dubbio il riconoscimento fotografico effettuato e ciò a ragione della scarsa visibilità notturna del tratto di strada dove era avvenuto il ferimento.

Le sue dichiarazioni erano tuttavia acquisite al processo ai sensi dell’art. 512 c.p.p. per l’oggetti va ed imprevedibile impossibilità di assumere il testimone a seguito della sua – volontaria ma non intenzionale (ex art. 526 c.p.p., comma 1-bis) – irreperibilità e le stesse, ritenute attendibili, fondavano le condanne sia di primo che di secondo grado (questa solo attenuata nella sanzione finale).

Ricorreva per cassazione la difesa del K., deducendo: A) violazione dell’art. 111 Cost., di altre norme penali sostanziali e processuali e vizio di motivazione per essersi utilizzate le dichiarazioni di un teste che si era volontariamente sottratto al giudizio; B) violazione dell’art. 111 Cost., delle norme sulla valutazione della prova e vizio di motivazione per esseri fondato il giudizio di colpevolezza su accuse comunque ritrattate e senza disporre, come richiesto dalla difesa, una perizia medica che avrebbe potuto accertare, a fronte del solo colpo infetto, l’idoneità dell’atto e lo stesso intento omicida del soggetto agente. Chiedeva l’annullamento.

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva il rigetto del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.

Il ricorso è fondato e la sentenza va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Lecce.

In proposito la giurisprudenza di questa Corte è univoca: "La regola dettata dall’art. 526 c.p.p., comma 1-bis, (così Cass., sez. 3, sent. n. 27582 del 15/6/10, rv. 248053, imp. R.), vieta al giudice di fondare, in modo esclusivo o significativo, l’affermazione della responsabilità penale su atti di cui è stata data lettura per sopravvenuta impossibilità di ripetizione" (in motivazione la Corte ha precisato che tale soluzione è imposta dalla necessità di interpretare l’art. 512 c.p.p. conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza dalla Corte di Strasburgo in applicazione dell’art. 6 CEDU). Allo stesso modo si sono anche pronunciate le S.U. con sent. n. 27918 del 25/11/10, rv. 250199, imp. D.F.: "Le dichiarazioni predibattimentali rese in assenza di contraddittorio, ancorchè legittimamente acquisite, non possono – conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza europea, in applicazione dell’art. 6 della CEDU – fondare in modo esclusivo o significativo l’affermazione della responsabilità penale".

La giurisprudenza che legittima la loro acquisizione ( art. 512 c.p.) per l’oggettiva ed imprevedibile impossibilità di assumere il teste a seguito della sua – volontaria ma non intenzionale, ex art. 526 c.p.p., comma 1-bis – irreperibilità implica, poi, che l’oggettiva irreperibilità sia appunto sopravvenuta e imprevedibile e non dettata dalla prevedibile volontà di sottrarsi all’esame dibattimentale: nel caso in esame, dopo la ritrattazione dell’ H. (per ragioni che la sentenza impugnata ha potuto solo ipotizzare), è lecito ritenere che l’assenza del teste dal dibattimento non sia dovuta solo alla precarietà del suo status di extracomunitario irregolare, ma anche e soprattutto alla sua deliberata (e prevedibile) volontà di sottrarsi al processo.

Valuterà pertanto il giudice del rinvio – inutilizzabili le dichiarazioni della parte lesa rese nella fase delle indagini – il mutato quadro probatorio a carico dell’imputato e ciò non solo sotto il profilo della sua individuazione come autore del fatto ma anche della volontà omicida, oggettivamente basata nel primo giudizio solo sulla profondità del colpo inferto e la regione corporea attinta.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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