Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5826

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società in epigrafe indicata impugnava in sede giurisdizionale gli accertamenti, emessi dalla ASCIT SPA per conto del Comune di Capannori, inerenti la tariffa TIA, relativa all’anno 2005.

La CTP di Lucca, rigettava il ricorso, ritenendo sussistenti i presupposti impositivi.

La CTR, pronunciando sull’appello della contribuente, lo accoglieva in parte, dichiarando non soggetti alla quota variabile TIA i locali di produzione dei rifiuti speciali e non dovuta l’IVA; dichiarava, altresì, la carenza di legittimazione passiva del Comune di Capannori.

L’ASCIT SPA, giusto ricorso notificato l’8-12 luglio 2011, ha chiesto la cassazione della decisione di appello, sulla base di due mezzi.

La SICI SRL, giusto atto notificato il 28-30 settembre 2011, ha chiesto il rigetto del ricorso principale con la conferma, in parte qua, della decisione di appello e con contestuale impugnazione incidentale, affidata a quattro mezzi, ha chiesto la cassazione della medesima sentenza, nella parte a se sfavorevole.

L’intimato Comune di Capannori non ha svolto difese in questa sede.

Sia la ricorrente che la controricorrente hanno depositato memorie, ex art. 378 c.p.c., con cui hanno ulteriormente illustrato le rispettive difese.

Motivi della decisione

L’impugnazione principale è a ritenersi inammissibile nei confronti del Comune di Capannori, avuto riguardo alla statuizione del Giudice di appello ed alla relativa omessa impugnazione.

Il primo mezzo, con cui la decisione di appello viene censurata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, e art. 49, commi 3 e 4 nonchè del Regolamento TIA del Comune di Capannori, ed altresì dell’art. 2697 c.c. e per insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, va esaminato congiuntamente, stante l’intima connessione, con il quarto motivo dell’impugnazione incidentale, che denuncia la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, commi 3 e 4.

Le doglianze riguardano la decisione nella parte in cui, dopo avere riconosciuto che la quota fissa della TIA è sempre e comunque dovuta in base ai rifiuti urbani prodotti, ha,- si sostiene erroneamente,- ritenuto ed affermato, che la normativa statuale, che attualmente regola la materia impone di ritenere esentata dal pagamento della tariffa l’impresa che dimostri che i rifiuti prodotti nel proprio stabilimento, nell’esercizio della specifica attività, vengono smaltiti in proprio, restando salva la facoltà del Comune, – che accerti la promiscuità dei rifiuti (urbani e speciali) prodotti su tali aree,- di pretendere "anche la quota variabile previa riduzione". Le questioni poste dai mezzi, in relazione ai rispettivi sottesi interessi, si ritiene vadano risolte alla stregua di condiviso orientamento giurisprudenziale. Per quanto riguarda il profilo di censura con il quale si denuncia il vizio di violazione di legge, i mezzi devono ritenersi infondati, avuto riguardo a quanto affermato, da ultimo, da questa Corte (Cass. n. 627/2012, la quale, dopo avere evidenziato che "la disciplina stabilita per i rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, – nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producono rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinari, – l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali", ha affermato che "In tema di avviamento al recupero dei rifiuti speciali assimilati (e assimilabili), l’operatore economico ha l’onere di dimostrare l’effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti, innanzitutto, a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs. n. 22 del 1997 e i quali poi abbiano rilasciato il prescritto formulario di identificazione o, in caso di mancata ricezione di questo, altra idonea attestazione", precisando pure che "l’esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero dall’art. 21, comma 7 del Decreto Ronchi, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3 per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto – a consuntivo – in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2 e poi, più specificamente, dall’art. 49, comma 14 Decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2 il quale, nell’approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai Comuni anche ai fini TARSU".

La decisione impugnata, sul punto, appare in linea con il principio desumibile da tale decisione e non giustifica le formulate censure, essendo pervenuta alla rassegnata decisione, sulla base della fondamentale considerazione che la società contribuente non solo aveva sempre sostenuto di avere prodotto, nell’area oggetto di accertamento, rifiuti speciali e di avere sempre provveduto al relativo smaltimento a propria cura e spese, ma pure che aveva fornito la prova di tali circostanze, mentre il Comune non si era fatto carico di superare e vincere gli elementi probatori offerti dalla contribuente.

Per ciò che attiene, invece, il profilo motivazionale le censure risultano fondate, in quanto il Giudice di merito afferma, apoditticamente, che la contribuente ha sempre dichiarato e dimostrato di avere prodotto rifiuti speciali e di avere provveduto a propria cura e spese allo smaltimento. Nel caso, infatti, la CTR non fa riferimento ad alcun documento e, d’altronde, la ricorrente assume che, nei gradi di merito la contribuente non ha prodotto documentazione alcuna od altro mezzo di prova, idonei ad attestare la produzione di rifiuti speciali non assimilati, il relativo smaltimento a propria cura e spese tramite ditta autorizzata, e quant’altro indispensabile per ritenere assolto l’onere probatorio sulla stessa incombente.

L’espressione utilizzata dalla CTR, in buona sostanza, si rivela insufficiente a rendere conto del procedimento logico sottostante, in quanto non è detto da quali elementi la valutazione afferente sia stata tratta, ragion per cui impinge nel denunciato vizio avendo fatto malgoverno del principio secondo cui "Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logico e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento" (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006).

Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3 e L. n. 133 del 1999, art. 6, comma 13 nonchè del D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, sostenendosi che avrebbe errato la CTR nel riconoscere alla TIA natura tributaria, così escludendone l’imponibilità ai fini IVA. Il mezzo va rigettato, dovendosi escludere l’applicazione dell’IVA, avuto riguardo alla natura tributaria della TIA, riconosciuta dalla Corte Costituzionale con le decisioni n. 238 del 2009 e n. 64 del 2010 e confermata da questa Corte, con le decisioni delle SS.UU. n. 14903/2010 e n. 25929/2011. Con tali decisioni, che si condividono e dalle quali non si ravvisano ragioni per discostarsi, è stato, infatti, puntualizzato che l’inesistenza di un nesso diretto tra il servizio e l’entità del prelievo, porta ad escludere, in assenza di specifica previsione legislativa, la sussistenza del rapporto sinallagmatico, costituente presupposto dell’assoggettamento ad IVA, del D.P.R. n. 633 del 1972, ex artt. 3 e 4.

Il primo motivo del ricorso incidentale, censura l’impugnata decisione per erronea motivazione sul fatto decisivo relativo al potere di sottoscrizione dell’accertamento da parte del Direttore dell’Ufficio. Trattasi di censura inammissibile, stante la mancata specificazione del fatto controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per "fatto" non una questione od un punto della sentenza, bensì un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo; tale non può considerarsi il riferimento all’implicito potere di emettere avvisi di accertamento riconosciuto in capo al Direttore della società.

Anche il secondo mezzo, con cui si prospetta insufficiente motivazione sulla controversa e decisiva questione della carenza di valido presupposto normativo degli avvisi di accertamento impugnati, è inammissibile, in quanto estranea all’assunto vizio di motivazione in ordine ad un fatto controverso. La ricorrente, invero lamenta la mancata declaratoria di nullità degli avvisi di accertamento in quanto fondati, a suo dire, su delibere consiliari successivamente revocate, censura questa da proporsi, se del caso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 o 4. Del pari, inammissibile, per difetto di autosufficienza e per il carattere della novità è il terzo mezzo. Invero, perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità il vizio di omessa pronuncia, è necessario che al Giudice di merito siano state rivolte una domanda od una eccezione autonomamente apprezzabile e ritualmente formulate e che le relative istanze siano specificamente riportate nel ricorso per Cassazione, con l’indicazione degli atti in cui sono contenuti (Cass. n. 21226/2010, n. 6361/2007).

Nel caso, la censura risulta generica, tenuto conto che la stessa contiene un rinvio per relationem agli atti della fase di merito.

Conclusivamente, va dichiarata inammissibile l’impugnazione nei confronti del Comune di Capannori e va accolto, nei termini indicati, il primo motivo del ricorso principale, mentre vanno rigettati il secondo motivo del ricorso principale, nonchè tutti motivi dell’impugnazione incidentale; in relazione al profilo di censura accolto, va cassata l’impugnata decisione e la causa va rinviata ad altra sezione della CTR della Toscana, anche per la pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile l’impugnazione nei confronti del Comune di Capannori. Accoglie il ricorso principale nei sensi di cui alla parte motiva e lo rigetta per il resto; rigetta, altresì, l’impugnazione incidentale; cassa, in relazione alle doglianze accolte, la decisione impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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