Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 25-10-2011, n. 38726

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 19 aprile 2006, la Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza emessa in data 31 maggio 2004 dal GUP del Tribunale di Savona nei confronti di R.M.B.M. (alias J.R.) – imputato di concorso in rapina aggravata e concorso in violazione della legge sugli stupefacenti in relazione all’illecita detenzione di sostanza stupefacente pari a circa 274 grammi di cocaina provento della rapina – con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per la rapina, ed assolto dal reato relativo alla detenzione di droga perchè l’azione penale non poteva essere iniziata per precedente giudicato. Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato e questa Corte (Terza Sezione Penale) annullava l’impugnata decisione limitatamente alla mancata valutazione della ravvisabilità della continuazione tra il delitto di rapina oggetto del procedimento in corso e quello di detenzione illecita della sostanza stupefacente, provento della rapina, per il quale era già intervenuta sentenza irrevocabile di condanna (come peraltro era desumibile dalla stessa assoluzione pronunciata dal GUP del Tribunale di Savona, appunto per precedente giudicato per il medesimo reato), e rinviava quindi ad altra Sezione della Corte d’Appello di Genova limitatamente alla questione relativa alla continuazione ed alla eventuale nuova determinazione della pena.

La Corte d’Appello di Genova, decidendo in sede di rinvio, riconosceva la sussistenza del vincolo della continuazione e, valutato quale reato più grave quello di rapina aggravata, determinava per tale reato la pena base in anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa ed applicava un aumento di mesi sei di reclusione ed Euro 700,00 di multa per la continuazione con i fatti concernenti la violazione della legge sugli stupefacenti; sulla pena complessiva pari ad anni cinque di reclusione ed Euro 2.700,00 di multa, la Corte distrettuale operava la diminuzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato così pervenendo alla pena finale di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa.

La Corte territoriale, quanto ai criteri per la determinazione della pena base, riteneva non ravvisabile la violazione del divieto della reformatio in pejus in relazione alla determinazione della pena per il delitto di rapina aggravata in misura superiore alla pena inflitta all’imputato per tale reato; la Corte stessa ancorava detto convincimento ad una pronuncia di questa Corte (Sez. 6, 27 marzo 2007, n. 21200) secondo cui deve escludersi che si verifichi violazione del divieto della reformatio in pejus "qualora, avendo il giudice di primo grado stabilito, per una pluralità di reati, soltanto la pena complessiva, il giudice di appello individui fra detti reati quello più grave e determini autonomamente la relativa pena base, sulla quale operi, quindi, l’aumento anche per il reato meno grave già giudicato".

Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo censure che possono sintetizzarsi come segue: a) violazione del divieto della reformatio in pejus, avendo la Corte distrettuale aumentato, per il delitto di rapina aggravata, la pena inflitta dal Tribunale per tale reato con la sentenza di primo grado, confermata poi dalla Corte d’appello con la sentenza annullata dalla Cassazione esclusivamente in relazione alla continuazione con altro reato ed alla eventuale rideterminazione della pena; b) asserita eccessività dell’aumento di pena a titolo di continuazione per il delitto relativo alla droga ed oggetto della sentenza passata in giudicato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato in relazione alla denuncia di violazione del principio del divieto della "reformatio in pejus".

La Corte d’appello, giudicando in sede di rinvio in conseguenza dell’annullamento da parte di questa Corte di precedente sentenza di secondo grado, ha ritenuto sussistente il vincolo della continuazione del reato di rapina aggravata, oggetto del presente procedimento, con altro (concernente la violazione della legge sugli stupefacenti) per il quale era già intervenuta sentenza passata in giudicato; e, ai fini del trattamento sanzionatorio con riferimento al ritenuto vincolo della continuazione, ha individuato nel reato di rapina aggravata quello più grave, determinando la pena base, per detto reato, in anni 4 mesi 6 di reclusione ed Euro 2.000,00, oggettivamente più elevata rispetto a quella (anni 4 di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa) che era stata stabilita, per lo stesso reato, dal primo giudice con la sentenza confermata dalla Corte d’appello con la decisione poi annullata da questa Corte in punto di continuazione. Di tal che, contrariamente a quanto opinato dalla Corte distrettuale, appare di tutta evidenza, la reformatio in pejus alla luce dell’interpretazione – ormai consolidata, anche perchè avallata dall’autorevole intervento delle Sezioni Unite – affermatasi nella giurisprudenza di legittimità: è stato infatti precisato che il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione (cfr. Sez. Un. 27 settembre 2005, William Morales, RV 232066). Con specifico riferimento alla continuazione è stato altresì precisato quanto segue: "In caso di appello presentato dal solo imputato per il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati per cui è intervenuta condanna, il divieto di "reformatio in peius" riguarda ogni componente che concorre alla determinazione della pena complessiva e pertanto il giudice d’appello non può rideterminare la pena per il reato ritenuto più grave in misura superiore a quella individuata dal primo giudice, ancorchè la pena complessiva irrogata risulti comunque inferiore a quella applicata nel precedente grado di giudizio" (Cass., Sez. 4, 3 giugno 2008 – 3 ottobre 2008 – Ahrad, n. 37980, RV 241216).

Nè – in presenza dell’impugnazione del solo imputato – può essere posta in discussione la ravvisata configurabilità della continuazione, che in ogni caso si pone in linea con la giurisprudenza di questa Corte quanto alla configurabilità della continuazione tra reato oggetto di procedimento in corso e reato già giudicato con sentenza definitiva: "In tema di reato continuato, al giudice del merito non è inibita l’applicazione del trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 81 c.p., commi 1 e 2, quando sia stata già pronunciata una sentenza irrevocabile di condanna nei confronti dell’imputato per fatto anche meno grave di quello sottoposto al suo giudizio. In siffatta ipotesi la pena complessiva va determinata sulla base di quella da infliggersi per il reato più grave sottoposto al giudizio in corso e va apportato l’aumento ritenuto equo in riferimento al reato meno grave già giudicato" (Cass. 6, 12 marzo 2004, Del Regno, RV 229917).

E’ viceversa infondato il motivo di ricorso relativo all’entità dell’aumento per la continuazione pari a mesi 6 di reclusione ed Euro 700,00 di multa; ed invero la censura risulta dedotta con formulazioni generiche e l’entità dell’aumento appare peraltro certamente contenuto: sul punto il ricorso deve essere quindi rigettato.

Tutto ciò premesso, rileva il Collegio che, trattandosi di operazione meramente aritmetica, può procedersi direttamente in questa sede alla rettificazione del trattamento sanzionatorio muovendo dalla pena base quale era stata determinata dal primo giudice (4 anni di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa), tenendo conto dell’aumento per la continuazione (6 mesi di reclusione ed Euro 700,00 di multa) e della diminuzione di un terzo per la scelta del rito abbreviato; la pena deve essere dunque rideterminata complessivamente in anni tre di reclusione ed Euro 1.467,00 di multa ed in tal senso l’impugnata sentenza deve essere dunque annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e questo determina in anni tre di reclusione ed Euro 1.467,00 di multa.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *