Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-04-2012, n. 5824 Agevolazioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia promossa da R.P. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dal contribuente contro la sentenza della CTP di Pescara n. 197/2/2007 che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), emesso dall’Agenzia delle Entrate, con il quale, non riconoscendo la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’imposta agevolata di cui alla L. n. 388 del 2000, venivano richieste maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastali relative al rogito n. (OMISSIS) registrato il 18/10/2006. La CTR, escludeva che alla mancata sottoscrizione dell’avviso di liquidazione conseguisse la nullità dell’atto, sul rilievo che la norma di riferimento – D.P.R. n. 13 del 1986, art. 52 – non prevede la sottoscrizione tra gli elementi indefettibili nè enuncia la relativa sanzione di nullità.

La CTR inoltre escludeva la sussistenza di un vizio di motivazione in quanto "dalla lettura della motivazione appare evidente che l’Ufficio si era basato sugli elementi desumibili dall’atto rogitato e sul connesso certificato di destinazione urbanistica"; nel merito riteneva fondata la pretesa tributaria sul rilievo che "pur essendo previsti dal PRG vincoli di destinazione non era prevista l’anzidetto prevalente destinazione ad edilizia residenziale pubblica, nè essa era in altro modo desumibile in mancanza di piani particolareggiati".

La CTR infine rigettava la richiesta di non applicabilità delle sanzioni ritenendo che la norma agevolativa non si prestasse ad alcuna incertezza interpretativa.

Il ricorso proposto si articola in quattro motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1 e 3 nonchè violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52) il ricorrente assume che la CTR, nel ritenere irrilevante la mancata sottoscrizione dell’atto, qualificato come avviso di liquidazione, non avrebbe tenuto conto che l’atto aveva natura accertativa.

La censura è infondata. La CTR ha rigettato il relativo motivo di appello, aderendo ai principi espressi da questa Corte (Sentenza n. 4757 del 2009) secondo cui in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza, non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che, al di là di questi elementi formali esso sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, nonchè sul rilievo che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 non prevede la sottoscrizione tra gli elementi indefettibili di tale atto e non enuncia una relativa sanzione di nullità.

Quand’anche voglia riconoscersi all’avviso di liquidazione la natura di "accertamento", come assunto dal ricorrente, la censura è egualmente infondata aderendo questo collegio al principio già espresso da questa Corte (sentenza n. 14815 del 05/07/2011) secondo cui "Gli atti dell’Agenzia delle Entrate non devono essere necessariamente sottoscritti dal suo Direttore Generale, sia perchè l’art. 4, comma 1, del Regolamento di amministrazione, approvato, in attuazione del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 66, commi 2 e 3, con Delib. Comitato direttivo 30 novembre 2000, n. 4, attribuisce agli uffici locali le funzioni operative dell’Agenzia ed in particolare, la gestione dei tributi, l’accertamento e la riscossione e la trattazione del contenzioso, sia perchè l’art. 6 dello Statuto dell’Agenzia, approvato con delibera del Comitato direttivo 13 dicembre 2000, n. 6, attribuisce al Direttore Generale il potere di delega, sia, infine, per la possibilità di conferimento di tale delega all’interno degli uffici finanziari; ed essendo l’atto in questione sottoscritto dal Capo Area Servizi, come è pacifico tra le parti.

Con secondo motivo (con cui deduce violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, dell’art. 52, comma 2) il ricorrente assume che la CTR avrebbe violato tale disposizione nel ritenere che le indicazioni mancanti (tipo d’imposta, imponibile ed aliquota) potessero desumersi aliunde.

La censura è infondata. In tema di imposta di registro, anche a seguito dell’entrata in vigore della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 che ha esteso alla materia tributaria i principi di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato il maggior valore, con le specificazioni che si rendano in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando riservati a quest’ultima fase l’onere dell’Ufficio di fornire la prova della sussistenza in concreto dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto, e la possibilità per il contribuente di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (Sez. 5, Sentenza n. 6914 del 25/03/2011; Sez. 5, Sentenza n. 25624 del 01/12/2006).

Conforme a tali principi è la sentenza impugnata laddove ha rigettato il relativo motivo di appello sul rilievo che la qualificazione dell’imposta derivava direttamente dal rogito, che l’imponibile era quello risultante stesso indicato nell’atto rogitato e che l’aliquota applicata era quella ordinaria prevista espressamente dalla legge. Con terzo motivo (con cui deduce la violazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3) il ricorrente assume che il terreno oggetto di compravendita, caratterizzato dalla presenza di numerosi vincoli di interesse pubblico, non si differenzierebbe dal regime di edilizia PEEP. L’inesistenza del piano particolareggiato sarebbe ininfluente ai fini delle agevolazioni in parola.

Il motivo è infondato. La L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3 prevedeva "I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’1% e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento".

Il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 15 conv. In L. n. 248 del 2006 dispone: la L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, è abrogato, ad eccezione che per i trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione. Il periodo precedente ha effetto per gli atti pubblici formati e le scritture private autenticate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

L’abrogazione in parola e l’eccezione espressamente formulata con riferimento a i trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e dei canoni di locazione, non consente una interpretazione estensiva della norma tale da consentire le agevolazioni in parola anche per trasferimenti relativi ad immobili ricompresi in piani urbanistici non aventi le caratteristiche di cui all’art. 16 cit.

Con quarto motivo (con cui deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 omessa ovvero insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia) il ricorrente assume che la CTR avrebbe erroneamente escluso che nel caso in esame sussistessero condizioni di incertezza normativa.

La censura è infondata alla luce dei principi affermati da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 9320 del 20/04/2006 ) secondo cui In tema di errore sulla norma tributaria, di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 il potere della commissione tributaria di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali, previste da leggi tributarie, quando la violazione sia giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito delle disposizioni alle quali si riferisce, presuppone la sussistenza di elementi positivi di confusione, derivanti dalla equivocità di singole prescrizioni. Ciò non ricorre nel caso in esame laddove la norma dell’art. 16 cit. ha abrogato la L. n. 388 del 2000, art. 33 con eccezione dei trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 6.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *