Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-04-2012, n. 5971 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – A.E. e B.M. convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Verona, Av.Er., per sentire dichiarare, per inadempimento del convenuto, la risoluzione del contratto preliminare di vendita in data 24 gennaio 1985, con cui l’ Av. si era impegnato a vendere, al prezzo di L. 95.000.000, "la casa bifamiliare quota di metà per alloggi uno alla sezione a fg. 3, mapp. 118/d, 119/s, 114/d; la casa viene venduta completamente finita solo esternamente con le condizioni stabilite verbalmente davanti al geom. D.T.d.V.".

Gli attori dedussero di avere versato, al momento del preliminare, la somma di L. 3.000.000, e precisarono che l’ Av., richiesto di adempiere agli impegni assunti, aveva opposto rifiuto, tanto che essi si erano visti costretti a notificare al convenuto diffida ad adempiere, rimasta senza seguito.

L’ Av. si costituì, resistendo. Osservò che inadempienti erano gli attori, i quali pretendevano di individuare l’oggetto del preliminare nella casa avente una maggiore superficie di terreno; ed eccepì la nullità del preliminare per indeterminatezza dell’oggetto.

Con sentenza in data 10 aprile 2002, il Tribunale ritenne determinato l’oggetto del contratto, sulla base delle indicazioni del geom. D. T., all’uopo incaricato quale arbitratore dalle parti nello stesso preliminare, avendo costui riferito come teste circa la volontà dei contraenti nell’indicare, quale bene compravenduto, al momento della visita in loco, la metà di destra della villetta a schiera, vale a dire quella che fruiva di una maggiore porzione di terreno rispetto all’altra attigua; e, su questa base, pronunciò la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ Av., condannandolo alla restituzione dell’acconto e al risarcimento del danno.

2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 23 febbraio 2006, la Corte d’appello di Venezia ha accolto il gravame dell’ Av. e, in riforma della pronuncia del Tribunale, ha dichiarato la nullità, per indeterminatezza dell’oggetto, del negozio inter partes, condannando l’ Av. alla restituzione del solo acconto ricevuto.

2.1. – La Corte territoriale ha rilevato:

– che nella scrittura privata del 14 gennaio 1985 mancano gli elementi volti ad identificare esattamente il bene oggetto del contratto;

– che il geom. D.T. non risulta avere ricevuto l’incarico di scegliere la porzione, vale a dire la singola villetta oggetto della vendita, tanto più che tale eventuale incarico di arbitraggio, trattandosi di compravendita immobiliare, avrebbe dovuto risultare per iscritto;

– che l’incertezza sull’oggetto del bene si desume pure dal testo letterale della scrittura privata in questione, la quale fa riferimento non ad una delle due villette bifamiliari, intesa come bene individualmente identificato, ma alla quota del 50% dell’intero;

– che non soccorre, nel senso auspicato dai compratori, il giudicato di cui alla sentenza del Pretore di Isola della Scala n. 43/88, trattandosi di sentenza pronunciata tra parti diverse ( Av. – D.T.) e che si è occupata soltanto Incidenter tantum della questione inerente alla validità vendita.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello l’ A. ed il B. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 21 giugno 2006, sulla base di due motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. – Con il primo mezzo (violazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ.) i ricorrenti prospettano di avere eccepito, in sede di costituzione nel giudizio dinanzi alla Corte territoriale, che l’atto di appello era nullo perchè privo della sommaria esposizione dei fatti. Poichè l’atto di appello inizia con il primo motivo di impugnazione, avrebbe errato la Corte a non prendere in esame la detta eccezione, non essendo il vizio denunciato sanato per effetto della costituzione dell’appellato.

1.1. – Il motivo è infondato.

Il requisito della "sommaria esposizione dei fatti", richiesto dall’art. 342 cod. proc. civ., non esige una parte espositiva formalmente autonoma ed unitaria, ma, in quanto funzionale alla individuazione delle censure mosse dall’appellante, può ritenersi soddisfatto anche qualora tale individuazione sia consentita indirettamente dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno dei motivi di appello (Cass., Sez. lav., 3 gennaio 2005, n. 21;

Cass., Sez. 2^, 29 gennaio 2007, n. 1790).

Nella specie l’atto di appello, pur recando subito l’esposizione delle censure, senza una parte preliminare dedicata ad una sintesi dello svolgimento del processo, fornisce tuttavia agevolmente, sia pure per il tramite della lettura dei motivi di doglianza, gli elementi necessari per l’individuazione dei termini della controversia e della soluzione offerta dalla sentenza impugnata.

Su questa base, correttamente la Corte del gravame, con l’esame del fondo dell’impugnazione, ha implicitamente disatteso l’eccezione preliminare di inammissibilità. 2. – Con il secondo mezzo si censura la violazione dell’art. 1346 cod. civ.. Ad avviso dei ricorrenti, per la validità del preliminare di vendita di immobile è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni ma idonei a consentirne l’identificazione in modo inequivoco, che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile. Avrebbe errato il giudice d’appello a non considerare che la tesi della nullità è smentita della sentenza, passata in giudicato, del Pretore di Isola della Scala, che ha definito la controversia tra lo stesso Av. ed il T., promossa dal secondo per il pagamento delle prestazioni professionali consistenti nell’aver procurato la vendita dell’appartamento in questione ai coniugi A. e B.. Infine, la Corte territoriale non avrebbe considerato la deposizione del teste D.T., il quale ha dichiarato che le parti in occasione del preliminare avevano convenuto la necessità di eseguire dei lavori che sarebbero stati a carico del venditore per la parte esterna: e tale convenzione, ad avviso dei ricorrenti, presupporrebbe necessariamente l’accordo anche in ordine all’oggetto del preliminare.

2.1. – Il motivo è privo di fondamento.

Il requisito della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto a norma dell’art. 1346 cod. civ., nell’ipotesi di un preliminare di vendita immobiliare, postula che nell’atto scritto sia specificata l’ubicazione del bene promesso in vendita, o il criterio della sua individuazione (Cass., Sez. 2^, 16 gennaio 1996, n. 300;

Cass., Sez. 2^, 29 maggio 2007, n. 12506; Cass., Sez. 2^, 30 giugno 2008, n. 17906; Cass., Sez. 2^, 18 febbraio 2010, n. 3925).

Nella specie la Corte d’appello ha rilevato che nel contratto preliminare difetta assolutamente l’identificazione l’immobile oggetto della promessa per il tramite di dati oggettivi incontrovertibilmente conducenti al fine e idonei a non lasciare margini di dubbio: il testo della scrittura, infatti, non indica i confini del bene, non fa riferimento ad una delle due porzioni bifamiliari, intesa come parte destra o sinistra, nè contiene alcun altro criterio identificativo, ma parla, genericamente, di metà della casa bifamiliare per alloggi uno.

La Corte territoriale, quindi, con incensurabile indagine in fatto condotta attraverso tutti gli elementi desumibili dal testo dell’atto negoziale in esame, ha accertato che da esso non era desumibile quale delle due porzioni di bifamiliare, aventi, ciascuna, una diversa ampiezza di terreno a corredo, sia stata promessa in vendita, ed ha indicato adeguatamente le ragioni poste a base della decisione adottata, correttamente escludendo l’idoneità dell’incarico soltanto verbale di arbitraggio conferito al terzo.

Il procedimento logico-giuridico sviluppato nell’impugnata sentenza è privo di mende logiche e giuridiche ed il risultato dell’interpretazione delle clausole del detto contratto è fondato su un’indagine condotta nel rispetto dei comuni canoni di ermeneutica.

Nè è configurabile la dedotta violazione del giudicato esterno discendente dalla sentenza n. 43 del 1988, emessa dal Pretore di Isola della Scala a conclusione della controversia promossa dal geom.

D.T. nei confronti dell’ Av. per ottenere il pagamento delle prestazioni professionali consistenti nell’aver procurato la vendita dell’immobile in questione ai coniugi A. – B..

In quella sentenza, infatti, emessa a definizione di un giudizio nel quale questi ultimi non erano parte, la validità del contratto preliminare, sotto il profilo della identificazione o della identificabilità del bene, non ha costituito l’oggetto del processo, ma unicamente di un accertamento incidentale in un procedimento avente diverso petifcum e differente causa petendi.

3. – Il ricorso è rigettato.

Nessuna statuizione sulla spese deve essere emessa, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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