Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-09-2011) 25-10-2011, n. 38720

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza dell’11 novembre 2008 il Tribunale di Gela in composizione monocratica dichiarava C.L. colpevole del reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di V.A. e VI.An. e del reato di cui all’art. 189 C.d.S. perchè, dopo avere causato un incidente stradale con lesioni in danno di V.A. e An., non ottemperava all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle due donne, allontanandosi repentinamente dal luogo dell’incidente e la condannava alla pena di mesi sei di reclusione, concesse le circostanze attenuanti generiche e uniti i reati nel vincolo della continuazione, pena sospesa e condonata ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1.

Avverso tale decisione ha proposto appello il difensore dell’imputata. La Corte di Appello di Caltanissetta in data 28.10.2010, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Gela e condannava l’imputata al pagamento delle spese processuali del grado.

Avverso la predetta sentenza C.L., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento con rinvio per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b).

Secondo la ricorrente erroneamente la Corte territoriale aveva mantenuto congiuntamente i benefici della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p. e dell’indulto ex L. n. 246 del 2006, art. 1 in quanto, a suo avviso, l’applicazione dell’indulto avrebbe dovuto escludere la concessione del beneficio di cui all’art. 163 c.p., non solo perchè risulta logicamente inconcepibile la sospensione condizionale di una pena dichiarata contestualmente estinta, ma soprattutto in considerazione del principio del favor rei e dell’interesse dell’imputato.

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Secondo la ricorrente la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, avrebbe operato un "travisamento della prova", in quanto avrebbe omesso di considerare circostanze decisive rilevanti. In particolare la sentenza impugnata aveva ritenuto che ci fosse compatibilità tra il luogo in cui l’incidente si è verificato ed il tragitto che la C. doveva compiere per fare rientro dal posto di lavoro presso la sua abitazione, mentre invece tale circostanza sarebbe smentita dalla lettura dello stralcio dello stradario del Comune di Gela allegato al ricorso. Osservava inoltre la ricorrente che non furono le persone offese a prendere nota dell’autovettura Y10 di colore granata che aveva determinato l’incidente, ma fu la teste Cr. a riportare il numero di targa in un foglietto di carta che poi consegnò alle signore V.. Lamentava peraltro la ricorrente che agli atti di causa non c’era traccia di questo foglietto che non era stato allegato alla denuncia querela e che, quindi, non poteva escludersi senza ombra di dubbio il verificarsi di un errore nell’indicazione del numero di targa dell’autovettura e della persona che aveva causato l’incidente.

Motivi della decisione

I proposti motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Per quanto attiene al primo, osserva la Corte che la questione dell’applicazione congiunta, che la ricorrente assume essere erronea, dei benefici della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p. e dell’indulto ex L. n. 246 del 2006, art. 1 è stata proposta per la prima volta in sede di ricorso per cassazione, non avendo mai formato oggetto dei motivi di appello. Il motivo in questione è pertanto inammissibile, non potendo la questione di cui sopra essere proposta per la prima volta in sede di legittimità. Per quanto attiene poi al secondo motivo di ricorso, lo stesso è manifestamente infondato in quanto ripropone questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mira ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.

I giudici della Corte di appello di Caltanissetta hanno infatti indicato con congrua e logica motivazione le ragioni che hanno consentito di ritenere che sia stata proprio l’imputata a cagionare le lesioni a V.A. e An. con la condotta colposa descritta nel capo di imputazione. La sentenza impugnata ha infatti correttamente rilevato che la identificazione dell’imputata è stata effettuata sulla base delle dichiarazioni testimoniali assolutamente convergenti delle due persone offese e di Cr.Ma.Lu. e L.M.. La Cr., che, insieme alla L., aveva assistito all’incidente, annotò poi su di un foglietto, il numero di targa dell’autovettura che è risultata, sia per quanto attiene al modello, che per quanto attiene al colore, assolutamente coincidente con quella descritta dalle testi.

Correttamente quindi i giudici della Corte territoriale hanno ritenuto inidonei ad inficiare il percorso logico argomentativo seguito dal giudice di primo grado i dubbi avanzati sia in ordine all’esistenza del biglietto su cui era stato annotato il numero di targa, sia in ordine alla possibilità di un errore nella rilevazione del numero di targa.

Il ricorso proposto da C.L. manca pertanto di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la mancanza o la contraddittorietà della motivazione, si duole del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto a ascrittole in chiave a lei favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

Pertanto nè rispetto ai capi nè rispetto ai punti della sentenza impugnata, nè rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, sono stati in alcun modo configurati il "travisamento della prova", nè l’assenza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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