Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-04-2012, n. 5966 Azioni a difesa della proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ro.Er. e R.E., premesso che con scrittura privata del 29 dicembre 1980, trascritta il 13 gennaio 1981, avevano acquistato da D.M.E., D.M.E.B., D.M. G.I. e D.M.A. un terreno sito in comune di (OMISSIS), successivamente frazionato in alcune particelle e che talune di esse erano occupate senza titolo da D.M.S. e D.M.M., agirono in giudizio contro di essi chiedendo che fosse dichiarata la loro proprietà dei beni e le controparti condannate al loro rilascio.

Si costituirono distintamente i convenuti, che si opposero alla domanda assumendo di essere divenuti proprietari del terreno in oggetto per maturata usucapione, così come accertato dalla sentenza n. 210 del 1983 del Pretore di Bassano del Grappa, che aveva nel contempo dichiarato improduttiva di effetti la precedente sentenza n. 66 del 1975, con cui i danti causa degli attori erano stati riconosciuti titolari del bene per il medesimo titolo; aggiunsero che, con successiva sentenza 236 del 1996, il medesimo Pretore aveva respinto l’opposizione di terzo promossa dagli odierni attori avverso la decisione del 1983.

Il Tribunale di Bassano del Grappa accolse le domande proposte dai coniugi Ro., disattendendo le eccezioni dei convenuti sulla base della considerazione che le sentenze da loro invocate non potevano essere opposte agli attori tenuto conto che, con riferimento a quella del 1983, essa risultava emessa senza la partecipazione in giudizio di tutti i litisconsorzi necessari, mentre la sentenza del 1996 si era limitata a dichiarare inammissibile l’opposizione di terzo, senza scendere nel merito della controversia. Interposto gravame da parte di entrambi i convenuti, con sentenza n. 229 del 1 febbraio 2010 la Corte di appello di Venezia confermò integralmente la pronuncia impugnata. A sostegno della sua decisione, il giudice di secondo grado, accertata l’integrità del contraddittorio, per essere stata la domanda proposta nei confronti di coloro che si dichiaravano proprietari dei beni e li occupavano, affermò che la sentenza n. 210 del 1983, pronunciata tra gli odierni appellanti e i consorti D. M. danti causa degli attori, non era opponibile a questi ultimi in quanto essi non erano stati citati in giudizio, pur essendo legittimi contraddittori per avere acquistato il bene e trascritto il loro atto di acquisto prima della proposizione delle relative domande; che nemmeno era loro opponibile, in quanto di mero rito, la sentenza del 1996 che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione di terzo da essi avanzata avverso la sentenza del 1983; che, al fine di ottenere l’inefficacia di tale ultima decisione, gli attori non avevano, quale unico mezzo, così come sostenuto dagli appellanti, l’opposizione di terzo revocatoria, atteso che la loro posizione era quella di litisconsorzi necessari pretermessi, sicchè essi non potevano ritenersi pregiudicati da una sentenza che non poteva avere effetto nei loro confronti.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato l’11 marzo 2010, ricorre D.M.W., quale tutrice della minore D.M. A., unica erede di D.M.S., affidandosi a cinque motivi. Con atto notificato il 20 aprile 2010, propone ricorso incidentale D.M.M., sulla base di 3 motivi.

R.E., Ro.Pa. e Ro.Mi., quali eredi di Ro.Er., resistono con distinti controricorsi.

D.M.A., divenuta maggiorenne, si è costituita personalmente. Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Vanno per primi esaminati il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale proposto da D.M.A. ed il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale avanzato da D.M.M., che investono, sotto profili diversi, la statuizione del giudice di appello che ha dichiarato inefficace nei confronti degli attori la sentenza n. 210 del 1983, con la quale il Pretore di Bassano del Grappa aveva revocato la sentenza n. 66 del 1975 e dichiarato D. M.S. e D.M.M. proprietari per usucapione dei beni oggetto di controversia. Il quarto motivo del ricorso principale denunzia nullità della sentenza per avere dichiarato, in via incidentale ed in assenza di specifica domanda ex art. 404 cod. proc. civ., l’inutilità della sentenza n. 210 del 1983 nella parte in cui aveva dichiarato l’inefficacia della sentenza n. 66 del 1975, assumendo che gli attori, quali aventi causa dei consorti D.M., avrebbero potuto ottenere la dichiarazione di inefficacia della sentenza del 1983 solo attraverso lo speciale mezzo dell’opposizione revocatoria. L’affermazione della Corte di merito, secondo cui tale rimedio non era necessario per essere gli attori non terzi ma litisconsorzi pretermessi, non ha considerato che i Ro., avendo acquistato dai consorti D.M., traggono il loro titolo di acquisto dalla sentenza del 1975 che aveva dichiarato questi proprietari per usucapione del bene, sicchè in tanto potevano essere ritenuti proprietari in quanto risultavano rimossi gli effetti della sentenza del 1983 che, pronunciando sull’opposizione di terzo, aveva dichiarato l’inefficacia dell’accertamento del 1975.

Il quinto motivo denunzia violazione degli artt. 325 e 327 c.p.c. e art. 404 c.p.c., comma 2, assumendo che la Corte di appello con la sua statuizione ha finito per violare il giudicato formatosi sulla sentenza n. 210 del 1983, che avrebbe potuto essere dichiarata inefficace solo in forza dell’esercizio dell’opposizione revocatoria.

Il primo motivo del ricorso incidentale di D.M.M. denunzia violazione dell’art. 404 cod. proc. civ., assumendo che l’affermazione della Corte di appello laddove ha ritenuto inefficace nei confronti degli attori la sentenza del 1983 non essendo essi stati evocati nel relativo giudizio, contrasta con il principio che gli aventi causa del procedimento deciso con la sentenza impugnata ex art. 404 non sono litisconsorzi necessari, dovendo il giudizio di opposizione svolgersi soltanto tra le parti del procedimento conclusosi con la sentenza impugnata.

Sotto altro profilo, la Corte di merito non ha poi considerato che la sentenza emessa senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari non è inutiliter data, costituendo il difetto di integrità del contraddittorio un vizio denunziabile con gli ordinari mezzi di impugnazione che, se non sollevati, non escludono il formarsi del giudicato.

Il secondo motivo di ricorso, che denunzia violazione dell’art. 2909 cod. civ. ribadisce che i Ro., quali acquirenti del bene, avrebbero dovuto essere considerati non litisconsorzi necessari pretermessi, ma aventi causa della res litigiosa, e cioè soggetti direttamente all’efficacia della sentenza del 1983, nei cui confronti essi avrebbero pertanto potuto proporre appello e non opposizione di terzo.

Tutti i suesposti motivi vanno respinti.

Le censure sollevate contestano la statuizione impugnata laddove, sul presupposto che gli odierni attori non avevano partecipato nel relativo giudizio di opposizione di terzo, ha dichiarato inopponibile nei loro confronti la sentenza n. 210 del 1983 del Pretore di Bassano del Grappa, che aveva revocato la precedente sentenza n. 66 del 1975 dichiarativa dell’usucapione in favore dei danti causa degli attori e dichiarato proprietari dei beni gli odierni convenuti. Entrambi i ricorrenti motivano la loro critica alla decisione impugnata sulla base dell’argomentazione che, nel giudizio di opposizione di terzo, litisconsorzi necessari sono solo ed esclusivamente le parti che hanno partecipato al giudizio in cui è stata emanata la sentenza impugnata.

Va premesso che le questioni sollevate dal motivi hanno natura processuale e che pertanto questa Corte, al fine del loro esame e della loro soluzione, ha piena facoltà di accedere agli atti di causa, senza essere vincolata alla rappresentazione dei soli fatti prospettati dalle parti o dalla stessa sentenza impugnata.

Tanto precisato, si rileva che proprio il principio processuale invocato dai ricorrenti, per la parte che sicuramente non è in discussione, laddove cioè individua come litisconsorzi necessari del giudizio di opposizione di terzo le parti nei cui confronti risulta emessa la sentenza opposta, debba portare, nel caso di specie, alla reiezione delle censure. Dall’esame degli atti di causa risulta infatti che la sentenza di opposizione di terzo n. 210 del 1983 fu pronunciata senza evocare i giudizio le parti a cui danno fu pronunciata la sentenza dichiarativa di usucapione n. 66 del 1975.

Come esattamente ha rilevato la decisione di primo grado del Tribunale di Bassano del Grappa, D.M.G. (a cui, nel corso del processo, successe D.M.M.) e D.M.S. promossero il giudizio di opposizione di terzo solo nei confronti degli usucapenti D.M.E., M.E., D.M.G. I., D.M.A. e non anche delle parti convenute, in danno delle quali l’usucapione era stata dichiarata, D.M.R., D.M.G., D.M.L., D.M.I., D.M.C. V., D.M.A.E., P.M., D.M. E. e B.V..

Il giudice di primo grado ha dedotto da tale mancanza l’inefficacia, in termini di non opponibilità, della sentenza di opposizione di terzo n. 210 del 1983. La conclusione va senz’altro condivisa e confermata. Da un lato, infatti, i predetti convenuti nel giudizio di usucapione culminato con la sentenza impugnata erano litisconsorzi necessari del giudizio di opposizione di terzo (Cass. n. 6416 del 1998; Cass. n. 8103 del 1997); dall’altro, va ribadito che, in base ad un indirizzo consolidato non solo della giurisprudenza ma anche della dottrina, la sentenza emessa in difetto di integrità del contraddittorio, nei casi previsti dall’art. 102 cod. proc. civ., è inutiliter data, vale a dire inefficace nei confronti di tutti e quindi insuscettibile di acquistare autorità di giudicato sostanziale agli effetti di cui all’art. 2909 cod. civ., con l’effetto che tale causa di invalidità può essere rilevata indipendentemente dal suo passaggio in giudicato formale, in un successivo e separato giudizio (Cass. n. 24201 del 2006; Cass. n. 5566 del 1988; cfr. anche Cass. n. 27521 del 2011; Cass. n. 27412 del 2008; Cass. n. 5566 del 1988). Priva di pregio è d’altra parte l’assunto che l’inefficacia di una sentenza possa essere dichiarata solo in esito ad un apposito procedimento, e non già in via di eccezione nel giudizio promosso da chi vanti, in base ad essa, un proprio diritto.

La statuizione del giudice di appello che ha dichiarato inopponibile nei confronti degli attori la sentenza n. 210 del 1983 merita quindi conferma, sia pure, invero, per una ragione diversa da quella fatta propria dal giudice a quo, la cui motivazione va pertanto corretta, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., nel senso sopra precisato. La rilevata causa di inefficacia della sentenza n. 210 del 1983 rende infatti ormai assorbita l’ulteriore questione, che ha formato oggetto di censura da parte dei ricorrenti, su cui appare incentrata la sentenza impugnata, se, nel giudizio di opposizione di terzo, avrebbero dovuto essere convenuti, per essere litisconsorzi necessari, anche gli odierni attori, quali acquirenti del bene controverso. L’esame di tale punto della decisione non appare infatti necessario, dovendosi l’indagine fermarsi alla rilevazione della causa di inopponibilità della sentenza sopra indicata, la quale già di per sè impedisce che le parti convenute possano fondare su di essa le proprie pretese nei confronti dei terzi acquirenti.

Il primo motivo del ricorso principale denunzia la nullità della sentenza per omesso esame della censura sollevata in appello che aveva dedotto "l’illegittima estensione della causa di inutilità della sentenza n. 210/1983 (…) anche alle diverse, autonome domande di usucapione, incluse nell’insieme di quelle decise con la sentenza n. 210/1983, ed anche in assenza del contraddittorio di tutti i soggetti interessati alle corrispondenti declaratorie di usucapione".

Il secondo motivo denunzia mancanza di motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per non avere motivato in modo adeguato sulla eccezione sollevata dall’appellante descritta nel precedente motivo.

I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

In tal senso appare assorbente il rilievo che la già rilevata inopponibilità della statuizione della sentenza n. 210 del 1983 che, in accoglimento della domanda di opposizione di terzo, aveva dichiarato inefficace la precedente pronuncia del 1975, necessariamente si estende anche al capo della sentenza che aveva dichiarato l’usucapione in favore degli opponenti, verificandosi anche rispetto a tale domanda, che rappresenta la fase rescissoria del giudizio di opposizione, il difetto di integrità del contraddittorio sopra evidenziato. In ogni caso si osserva che la Corte di merito non è incorsa sul punto in alcun difetto di omessa pronuncia, avendo respinto l’eccezione dell’appellante sulla base della considerazione che la sentenza del 1983, che aveva dichiarato l’acquisto per usucapione del bene in favore di D.M.S. e D.M.M., non era opponibile nei confronti degli attori in quanto essi, che avevano acquistato il bene e trascritto il loro acquisto in data antecedente alla introduzione dell’azione, ed erano quindi, rispetto alla domanda di usucapione, i legittimi contraddittori, non erano mai stati evocati nel relativo giudizio.

II terzo motivo del ricorso principale denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 102 cod. proc. civ., assumendo che l’eventuale nullità della sentenza del 1983 che aveva dichiarato in favore dei convenuti l’usucapione del bene avrebbe dovuto essere dichiarata in presenza di tutti i soggetti che avevano partecipato al relativo giudizio, laddove invece nel processo erano presenti soltanto D.M.S. e D.M.M. e non anche le parti nei cui confronti essa era stata pronunciata.

Il motivo è infondato, tenuto conto che la sentenza impugnata non ha affatto pronunciato la nullità della sentenza del 1983, ma ne ha, più semplicemente, dichiarato la inopponibilità nei confronti degli attori, accogliendo la loro controeccezione e così disattendendo la tesi difesiva dei convenuti che proprio su tale provvedimento avevano preteso di poter fondare un titolo di proprietà del bene contrapposto a quello vantato dalle controparti.

Il terzo motivo del ricorso incidentale di D.M.M. denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. in relazione al disposto della sentenza n. 236 del 1996, censurando l’affermazione del giudice di merito circa l’irrilevanza del giudicato formatosi sulla opposizione di terzo avanzata dai Ro. avverso la sentenza del 1983 sulla base della considerazione che la relativa decisione si era limitata a dichiarare inammissibile l’opposizione, senza entrare nel merito della controversia. Ad avviso del ricorso tale conclusione è errata, atteso che la decisione del 1996 è da qualificarsi solo apparentemente di rito, avendo in realtà svolto un indagine di merito sul petitum, sancendo l’opponibilità ai Ro. della sentenza del 1983. Anche quest’ultimo mezzo va respinto.

Parte ricorrente richiama la sentenza del 1996 al fine di sostenere il proprio assunto che gli attori, quali successori a titolo particolare, sarebbero soggetti all’efficacia della sentenza di opposizione di terzo pronunciata nei confronti dei loro danti causa.

Ed invero non vi è dubbio che la pronuncia del 1996 qualifichi gli attori successori a titolo particolare del diritto controverso, negandogli, per tale ragione, la legittimazione a proporre, a loro volta, opposizione di terzo. Tanto precisato, non sembra però dubbio che ogni censura sul punto resti assorbita dalla già rilevata inopponibilità, nei confronti degli attori Ro., della sentenza del 1983, per le ragioni sopra indicate. Tale conclusione è infatti sufficiente a sostenere la decisione qui impugnata laddove ha respinto l’eccezione dei convenuti di essere titolari della proprietà dei beni sulla base di tale sentenza, sicchè appare superflua ogni indagine ulteriore diretta a verificare la posizione assunta dagli attori rispetto al giudizio di opposizione di terzo.

Entrambi i ricorsi vanno pertanto respinti.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi di D.M.A. e D.M.M., che condanna in solido al pagamento delle spese di giudizio in favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 2.200, di cui Euro per 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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