Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-04-2012, n. 5964

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale "F. Miulli" convenne in giudizio l’Inps avanti al Tribunale di Bari e premesso che:

– l’Istituto convenuto, con atto del 4.12.1996, aveva disposto il suo trasferimento, con decorrenza dal 1.4.1987, dal ramo "Enti" a quello "Terziario", con attribuzione, al fine degli adempimenti contributivi e previdenziali, dei codici relativi: alle aziende industriali, artigiane e commerciali che avevano alle dipendenze esclusivamente personale non soggetto all’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS) in quanto iscritto a fondi di previdenza non gestiti dall’Inps, alle aziende esonerate dal versamento contro la disoccupazione involontaria e alle aziende destinatane dei benefici degli sgravi e della fiscalizzazione degli oneri sociali;

– in base al dettato della L. 11 aprile 1955, n. 379, art. 39, aveva optato per l’iscrizione dei propri dipendenti alla Cassa pensioni per i dipendenti degli enti locali, pertanto provvedendo al pagamento della contribuzione invalidità, vecchiaia e superstiti presso tale Cassa;

– successivamente, ai sensi della L. 8 agosto 1991, n. 274, art. 5, aveva optato per il mantenimento dell’iscrizione alla predetta Cassa dei propri dipendenti, conseguendone pertanto, quale datore di lavoro, la permanenza dell’obbligo al versamento alla medesima della contribuzione previdenziale IVS;

– il versamento della contribuzione in questione era stato continuato, successivamente alla soppressione della Cassa, presso l’Inpdap;

– doveva essere assimilato, ai fini degli sgravi degli oneri sociali, con particolare riferimento a quelli contemplati dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59 e dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 4, espressamente riconosciuto alle imprese che già risultavano beneficiane dello sgravio contributivo generale di cui al D.L. n. 669 del 1996, art. 27, comma 1, convertito in L. n. 30 del 1997;

– nonostante il versamento della contribuzione IVS all’Inpdap, aveva diritto a fruire degli sgravi contributivi posti a carico dell’Inps;

tutto ciò premesso, chiese che fosse accertato il suo diritto agli sgravi degli oneri sociali dal 1 gennaio 1988 al 31 dicembre 1999, con conseguente condanna dell’Inps ai pagamento degli importi corrispondenti, oltre interessi legali.

Radicatosi il contraddittorio e sulla resistenza dell’Inps, il Giudice adito, riconosciuto il diritto agli sgravi degli oneri sociali previsti da tutta la normativa emanata in materia e da determinarsi sul complesso dei contributi IVS non gestiti dall’Inps, condannò l’Istituto al pagamento in favore della parte ricorrente della somma di Euro 32.214.102,96 per sorte capitale relativa ai periodo 2.5.1990 – 31.12.1999, oltre agli interessi legali.

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 13.5 – 29.7.2010, rigettò il gravame proposto dall’Inps.

A sostegno del decisum, la Corte territoriale, ritenuti non controversi i fatti di causa, per quanto relativi all’iscrizione dei lavoratori dipendenti dall’Ente Ecclesiastico presso l’Inpdap e ai pagamento a quest’ultimo della contribuzione IVS, ritenne quanto segue:

– l’affermazione del primo Giudice secondo cui i fatti costitutivi del diritto agli sgravi non erano stati oggetto di specifica contestazione non era stata censurata da parte dell’appellante e, in effetti, dall’esame della comparsa di costituzione e risposta appariva evidente che l’Inps non aveva svolto nessuna contestazione in punto di fatto in merito ai fatti costitutivi posti dal ricorrente a fondamento della pretesa;

– era priva di fondamento la questione dell’inammissibilità del doppio inquadramento dell’Ente; questione peraltro mai prospettata nel giudizio di primo grado e quindi nuova rispetto al thema decidendum era condivisibile l’affermazione del primo Giudice secondo cui anche agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti esercitanti professionalmente assistenza ospedaliera, doveva essere attribuita, ricorrendone, come nella specie, i presupposti, la qualità di imprenditore;

– l’espressione legislativa "sul complesso dei contributi da corrispondere all’INPS" stava ad indicare "un mero parametro funzionante ed applicabile anche nei casi in cui i suddetti contributi non siano dovuti all’INPS ma ad altro ente previdenziale", in considerazione della finalità degli sgravi contributivi, costituenti una forma speciale di intervento dello Stato nell’economia al fine di sostenere le imprese operanti nel Mezzogiorno e di incentivare l’occupazione in favore dei lavoratori residenti i quei tenitori, "con assunzione, in ogni caso, dell’onere finanziario relativo a carico dello Stato", nel mentre l’Inps funge "da mero strumento di pagamento delle somme riconosciute ovvero di adiectus solutionis causa ex lege", secondo un meccanismo di erogazione di provvidenze statali già riconosciuto a proposito delle prestazioni economiche di invalidità civile, e dovendo tenersi conto anche della circolare dello stesso Inps n. 263 del 3.10.1994, in base alla quale, a proposito degli sgravi per il Mezzogiorno, emergeva che destinatari di tali sgravi potevano essere anche i soggetti che versano i contributi ad enti diversi dall’Inps, quali l’Inpdai o l’Enpal;

– l’espressione "sul complesso dei contributi da corrispondere all’INPS" non poteva quindi considerarsi così chiara da non consentire alcuna interpretazione diversa dal senso fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore ed un’interpretazione di tal genere si sarebbe prestata a fondati sospetti di incostituzionalità, stante l’irragionevole discriminazione delle imprese economiche che versavano i contributi ad enti previdenziali diversi dall’Inps e, a maggior ragione, in danno di un ente ecclesiastico, in violazione dei principi di cui all’art. 20 Cost., cosicchè, in presenza di una pluralità di interpretazioni possibili, doveva essere scelta quella che conduceva ad un risultato costituzionalmente compatibile;

– doveva considerarsi atto necessario l’avvenuto espletamento, in prime cure, di CTU intesa alla verifica dei conteggi di parte ricorrente ed alla determinazione di quanto in ipotesi spettante sulla base delle sue pretese, non contestate in punto di fatto dall’Istituto, nel mentre la metodologia usata dall’ausiliario era stata oggetto di doglianze del tutto generiche, senza alcuna indicazione di specifici errori nei quali lo stesso sarebbe incorso;

– il presupposto dell’applicazione del CCNL di categoria costituiva un fatto mai contestato dall’Istituto;

– non poteva attribuirsi rilievo alla circostanza che le somme richieste avrebbero dovuto essere erogate a distanza di decenni dal presunto versamento dei contributi, perchè in tal modo si sarebbe introdotta surrettiziamente una sorta di decadenza non prevista dalla legge;

– il termine di prescrizione, applicato dal primo Giudice, era quello decennale, trattandosi di fattispecie inquadrabile nell’ambito dell’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., risultando infondata e tardiva l’eccezione dell’Inps concernente l’idoneità ad interrompere la prescrizione del ricorso indirizzato al Comitato Esecutivo dell’Istituto con raccomandata ricevuta il 2.5.1990 ed "abnorme per illogicità" l’affermazione dell’appellante (che nè in primo grado, nè nel ricorso d’appello, aveva dedotto di non avere ricevuto il ricorso) secondo cui non vi sarebbe certezza che la ricevuta di ritorno allegata agli atti facesse espresso riferimento a detta nota.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, l’inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi. L’intimato Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale "F. Miuili" ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, "ove occorra anche condizionato", fondato su un motivo;

ha altresì depositato memoria.

Motivi della decisione

1. In sede di discussione l’Istituto ricorrente ha eccepito il difetto di rappresentanza del controricorrente, che si è costituito "in persona del Vescovo della Diocesi Altamura – Gravina in Puglia – Acquaviva delle Fonti ed, in tale qualità, Governatore legale rappresentante pro tempore del predetto Ente Ecclesiastico".

Osserva la Corte che, nel giudizio di primo grado, la rappresentanza dell’Ente venne assunta da un procuratore generale ad lites, in forza di procura notarile rilasciatagli dallo stesso Vescovo della Diocesi di Altamura, Gravina in Puglia e Acquaviva delle Fonti ed, in tale qualità, Governatore legale rappresentante dell’Ente. Ne consegue che l’accoglimento della domanda costituì implicito riconoscimento della sussistenza della rappresentanza sostanziale dell’Ente in capo all’Autorità ecclesiastica che aveva rilasciato la suddetta procura generale.

Non constando che la questione, non trattata dalla Corte territoriale, sia stata oggetto di specifico motivo di gravame, deve riconoscersi l’avvenuta formazione del giudicato interno sul punto.

Dal che discende l’inammissibilità dell’eccezione all’esame (cfr, ex plurimis, Cass., n. 1752/2003).

1.1 In base alle considerazioni che precedono appare poi infondata l’ulteriore eccezione di invalidità della procura speciale notarile ad litem conferita all’avv. Achille Chiappetti dal Vescovo della Diocesi di Altamura, Gravina in Puglia e Acquaviva delle Fonti, quale Governatore legale rappresentante dell’Ente.

2. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, deducendo che, sulla scorta della richiamata normativa di riferimento, doveva ritenersi, contrariamente all’avviso della Corte territoriale, che qualsivoglia tipo di sgravio contributivo introdotto dal legislatore passa attraverso la corrispondenza biunivoca fra obbligo del versamento della contribuzione IVS da parte del datore di lavoro presso l’Inps e diritto in capo al medesimo datore di lavoro del beneficio contributivo, cosicchè, in mancanza di tale corrispondenza biunivoca, discende la strutturale impossibilità di fruire del beneficio contributivo; dovevano peraltro essere esclusi i temuti profili di incostituzionalità di siffatta interpretazione e apparivano del tutto ultronee le argomentazioni in tema di benefici assistenziali e i riferimenti alla circolare dell’Inps.

Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione, assumendo che doveva ritenersi destituito di fondamento, alla luce del contenuto del ricorso d’appello, l’avviso della Corte territoriale secondo cui non sarebbe stata oggetto di specifica censura l’affermazione del primo Giudice in ordine al non essere stati contestati i fatti costitutivi del diritto agli sgravi; dovendo al contrario ritenersi che, ogni qual volta la parte soccombente impugni la decisione affermando che non esistono i fatti costitutivi del diritto azionato dal ricorrente in primo grado, a fortiori sia stato impugnato l’eventuale capo di sentenza che afferma non esservi stata, da parte del convenuto in prime cure, alcuna contestazione in punto di esistenza dei fatti costitutivi del diritto azionato.

Con il terzo motivo il ricorrente principale denuncia violazione di plurime norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale, avendo erroneamente ritenuto che non fosse stato impugnato il capo della sentenza di primo grado ove era stato statuita la mancata contestazione dell’esistenza dei fatti costitutivi del diritto agli sgravi, abbia conseguentemente omesso qualsivoglia esame delle doglianze prospettate sul versante probatorio e afferenti: all’inesistenza di prova a supporto della domanda prospettata; al distorto utilizzo della CTU da parte del primo Giudice; al distorto utilizzo, da parte dell’ausiliario, dei poteri allo stesso assegnati, essendo stato proceduto all’acquisizione non autorizzata di documentazione mai ritualmente entrata nel giudizio e all’individuazione degli sgravi contributivi tempo per tempo eventualmente spettanti attraverso l’utilizzo de metodo a campione; ha quindi riproposto le doglianze dichiaratamente non esaminate dal Giudice del gravame.

Con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., rilevando che, nonostante la ritenuta sussistenza del giudicato interno su una serie di questioni tendenti a rimettere in discussione i presupposti di fatto della pretesa azionata, con il dispositivo il ricorso in appello dell’Ente previdenziale era stato rigettato, con conseguente conferma della sentenza appellata, e riproponendo tutte le eccezioni di giudicato interno sollevate in sede di costituzione nel medesimo giudizio di appello.

3. In ordine al primo motivo di ricorso, il controricorrente ne ha eccepito l’inammissibilità, sul rilievo che le eccezioni svolte dovevano ritenersi coperte dal giudicato interno, per non essere stati oggetto di alcuna contestazione gli elementi di fatto e le ragioni di diritto affermati dai Giudici di merito, risultando la ricostruzione della disciplina degli sgravi degli oneri sociali del tutto avulsa dai contesto delle plurime ragioni, distinte ed autonome, poste a sostegno del decisum.

Osserva il Collegio che l’eccezione investe nella sostanza il preteso difetto di specificità del motivo in relazione alle considerazioni svolte dalla Corte territoriale; trattasi peraltro di eccezione infondata, poichè la prospettazione da parte del ricorrente principale di un’interpretazione in diritto della normativa di riferimento, in tesi aderente al suo tenore letterale, nonchè la critica svolta in ordine ai ritenuti profili di incostituzionalità di siffatta interpretazione, implica il superamento delle ragioni poste dalla Corte territoriale a sostegno del decisum, siccome non valorizzargli ai fini de quibus.

3.1 Nel merito, premesso che costituisce dato pacifico in causa che la parte odierna controricorrente ha versato la contribuzione previdenziale IVS, per le annualità per cui è causa, all’Inpdap e non all’Inps, deve rilevarsi, in termini generali, che gli sgravi contributivi per il Mezzogiorno, nel cui ambito si inquadrano quelli in esame, vennero introdotti sul finire degli anni sessanta, in un momento di aggravata recessione economica, sviluppandosi e protraendosi nel corso dei successivi decenni, in parallelo con l’intenzione di una imminente riforma della Cassa per il Mezzogiorno e dei suoi istituti. La relativa normativa, dettata dal D.L. n. 918 del 1968, art. 18, convertito con modificazioni in L. n. 1089 del 1968, nonchè dalla L. n. 183 del 1976, art. 14, rifluì poi quasi integralmente nel D.P.R. n. 218 del 1978, art. 59 (Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), i cui primi otto commi individuano gli elementi oggettivi e temporali (paghe dal 31 agosto 1968 al 31 dicembre 1980 – termine poi più volte prorogato) che caratterizzano lo sgravio concesso "sui complesso dei contributi da corrispondere all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale", e ne regolano la misura, articolando in percentuale lo sgravio generale (comma 2), lo sgravio ulteriore generale o di fedeltà (comma 4), lo sgravio aggiuntivo (commi 5 e 6) e lo sgravio supplementare (comma 8), mentre il comma 9 riscrive lo sgravio totale di cui al ricordato art. 14, della L. n. 183 del 1976; il sistema originariamente bloccato del comma 9, in quanto ancorato a precisi elementi temporali (assunzioni nel periodo 1 luglio 1976/31 dicembre 1980), venne poi reso mobile con successivi provvedimenti legislativi.

Giova comunque ricordare, per quanto di specifico rilievo ai fini del decidere, le disposizioni del D.P.R. n. 218 del 1978, suddetto art. 59: "A decorrere dal periodo di paga successivo a quello in corso alla data del 31 agosto 1968 e fino a tutto il periodo di paga in corso alla data del 31 dicembre 1980, è concesso uno sgravio sul complesso dei contributi da corrispondere all’Istituto nazionale della previdenza sociale dalle aziende industriali che impiegano dipendenti nei territori indicati dall’art. 1 del presente Testo Unico.

Lo sgravio contributivo è stabilito nella misura del 10% delle retribuzioni assoggettate alla contribuzione per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria corrisposte ai dipendenti che effettivamente lavorano nei territori di cui al precedente comma, al netto dei compensi per lavoro considerato straordinario dai contratti collettivi e, in mancanza, dalla legge.

(omissis).

Per i nuovi assunti dal 1 luglio 1976 al 31 dicembre 1980, ad incremento delle unità effettivamente occupate alla data del 30 giugno 1976 nelle aziende industriali operanti nei settori che saranno indicati dal CIPI, lo sgravio contributivo di cui al primo comma è concesso in misura totale dei contributi posti a carico dei datori di lavoro, dovuti all’Istituto nazionale della previdenza sociale sino al periodo di paga in corso al 31 dicembre 1986 sulle retribuzioni assoggettate a contribuzioni per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti gestito dall’INPS. Gli imprenditori sono tenuti a fornire all’INPS tutte le notizie e le documentazioni necessarie a dimostrare il diritto all’applicazione degli sgravi e l’esatta determinazione degli stessi.

I datori di lavoro deducono l’importo degli sgravi dal complesso delle somme dovute per contributi all’INPS. Il datore di lavoro che applichi gli sgravi in misura maggiore di quella prevista a norma del presente art., sarà tenuto a versare una somma pari a cinque volte l’importo dello sgravio indebitamente applicato.

I proventi derivanti all’INPS dall’applicazione delle sanzioni previste dal comma precedente sono devoluti alla gestione per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria. Ai fini del versamento all’INPS degli importi relativi allo sgravio contributivo concesso per il periodo 1973-1980 ai sensi del primo e secondo comma del presente art., il Ministro del tesoro è autorizzato ad effettuare – a partire dall’anno 1977 – operazioni di ricorso al mercato finanziario, fino alla concorrenza degli importi risultanti dai rendiconti annuali dell’INPS, nella forma di assunzione di mutui con il Consorzio di credito per le opere pubbliche o con altri Istituti di credito a medio e lungo termine, a ciò autorizzati, in deroga anche a disposizioni di legge e di statuto, oppure di emissioni di buoni poliennali del tesoro, o di certificati di credito. Si applicano le disposizioni di cui all’art. 2, commi dal secondo al nono, della L. 4 agosto 1975, n. 394".

Mette conto altresì di ricordare il D.L. n. 299 del 1994, art. 19, comma 2, convertito con modificazioni in L. n. 451 del 1994, secondo cui "Per i nuovi assunti dal 1 dicembre 1993 al 30 giugno 1994, ad incremento delle unità effettivamente occupate alla data del 30 novembre 1993, nelle aziende industriali operanti nei settori indicati dal CIPE, lo sgravio contributivo di cui all’art. 59, comma 1, del testo unico di cui al comma 1 è concesso in misura totale dei contributi posti a carico dei datori di lavoro, dovuti all’Istituto nazionale della previdenza sociale, per un periodo di un anno dalla data di assunzione del singolo lavoratore, sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendente, nonchè alcune disposizioni di cui al dm Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 5.8.1994 (Nuovo regime degli sgravi degli oneri sociali nei territori del Mezzogiorno) e, in particolare:

l’art. 1:

"A decorrere dal periodo di paga in corso al 1 luglio 1994 è stabilito uno sgravio sul complesso dei contributi posti a carico dei datori di lavoro da corrispondere all’INPS da parte delle imprese già beneficiarle dello sgravio generale previsto dal D.L. 16 maggio 1994, n. 299, art. 19, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1994, n. 451.

Tale sgravio va calcolato sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti corrisposte ai dipendenti al netto dei compensi per lavoro considerato straordinario dai contratti collettivi e, in mancanza, dalla legge. Esso è riconosciuto per le attività svolte nei territori delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna e limitatamente alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti che effettivamente lavorano nei predetti territori per i periodi di paga afferenti ai seguenti periodi e secondo le seguenti misure:

(omissis)" L’art. 4, commi:

"17. Alle imprese già beneficiarie dello sgravio contributivo generale previsto, da ultimo, dal D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 27, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30, operanti nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, è concesso a decorrere dal periodo di paga dal 1 dicembre 1997 fino al 31 dicembre 2001 un contributo, sotto forma capitaria, peri lavoratori occupati alla data del 1 dicembre 1997 che abbiano una retribuzione imponibile ai fini pensionistici non superiore a lire 36.000.000 su base annua nell’anno solare precedente. Il contributo spetta altresì, fermo restando il requisito retributivo anzidetto, per i lavoratori assunti successivamente al 1" dicembre 1997 a seguito di turn-over ed escludendo i casi di licenziamento effettuati nei dodici mesi precedenti all’assunzione.

"18. Il contributo capitario di cui al comma 17 è concesso nella misura annua di seguito indicata ed è corrisposto in quote mensili fino ad un massimo di dodici, mediante conguaglio di ogni quota con contributi mensilmente dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali dell’INPS, fino a concorrenza dell’importo contributivo riferito a ciascun lavoratore interessato: (omissis) "21. Per i nuovi assunti nei periodi di cui al comma 17 e successivamente al 30 novembre 1997 e al 30 novembre 1998 ad incremento, rispettivamente, delle unità effettivamente occupate alle stesse date, nelle imprese di cui al comma 17, lo sgravio contributivo di cui alla L. 2 maggio 1976, n. 183, art. 14, è riconosciuto esclusivamente per le attività svolte nei territori indicati nel predetto comma 17, con l’aggiunta di quelli dell’Abruzzo e del Molise, in misura totale dei contributi dovuti all’INPS a carico dei datori di lavoro, per un periodo di un anno dalla data di assunzione del singolo lavoratore, sulle retribuzioni assoggettate a contribuzioni per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

"22. L’onere derivante dall’applicazione dei commi da 17 a 21, che è rimborsato dallo Stato all’INPS sulla base di apposita rendicontazione, è pari a lire 1.440 miliardi per l’anno 2000 ed a lire 950 miliardi per l’anno 2001". 3.2Secondo la giurisprudenza di legittimità, nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge o regolamentare sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, mercè l’esame complessivo del testo, della mens legis, specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma così come inequivocabilmente espressa dal legislatore; soltanto qualora la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sì che il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare, potendo, infine, assumere rilievo prevalente rispetto all’interpretazione letterale soltanto nel caso, eccezionale, in cui l’effetto giuridico risultante dalla formulazione della disposizione sia incompatibile con il sistema normativo, non essendo consentito all’interprete correggere la norma nel significato tecnico proprio delle espressioni che la compongono nell’ipotesi in cui ritenga che tale effetto sia solo inadatto rispetto alla finalità pratica cui la norma stessa è intesa (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 3359/1975; 2454/1983; 3495/1996; 5128/2001; nonchè, in applicazione di tali principi, ex plurimis, Cass., nn. 12081/2003;

3382/2009; 26299/2011).

Inoltre, sempre in materia di interpretazione della legge, tra le varie interpretazioni in astratto possibili debbono scegliersi quelle che non si pongono in contrasto con la Costituzione e va privilegiata quella ad essa più conforme (cfr, ex plurimis, Cass., n. 14900/2002).

3.3 Alla stregua di tali principi non appare condivisibile l’avviso dei Giudici del merito secondo cui con l’espressione "sul complesso dei contributi da corrispondere all’INPS" si sarebbe voluto indicare "un mero parametro funzionante ed applicabile anche nei casi in cui i suddetti contributi non siano dovuti all’INPS ma ad altro ente previdenziale".

Ed invero, oltre all’inequivocità della suddetta espressione, fatta palese dal significato proprio delle parole secondo la loro connessione, la conforme intenzione del legislatore emerge con chiarezza dal complesso delle ricordate disposizioni, laddove, in particolare, è espressamente stabilito che:

– dal complesso delle somme dovute all’Inps (e non ad altro ente) i datori di lavoro devono dedurre l’importo degli sgravi;

– i proventi derivanti all’Inps per le sanzioni conseguenti agli sgravi indebitamente applicati sono devoluti alla gestione per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

– gli importi relativi allo sgravio contributivo sono versati all’Inps fino alla concorrenza di quanto risultante dai rendiconti annuali dello stesso Istituto;

– in base al D.L. n. 299 del 1994, art. 19, comma 2, convertito con modificazioni in L. n. 451 del 1994, lo sgravio contributivo di cui all’art. 59, comma 1, del testo unico è concesso in misura totale dei contributi posti a carico dei datori di lavoro, dovuti all’Inps sulle retribuzioni assoggettate a contribuzione per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti;

– il contributo capitario richiamato dal D.M. 5 agosto 1994, art. 4, comma 17, è corrisposto in quote mensili fino ad un massimo di dodici, mediante conguaglio di ogni quota con i contributi mensilmente dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali dell’Inps;

– giusta il dettato del successivo comma 22, medesimo D.M., è espressamente previsto che il rimborso all’inps degli oneri derivanti dalle precedenti disposizioni avvenga sulla base di apposita rendicontazione.

3.4 L’interpretazione seguita dalla Corte territoriale non è quindi ricavabile nè dal contenuto testuale della normativa di riferimento, nè dalla intenzione del legislatore dalla medesima evincibile, sicchè neppure potrebbe farsi applicazione del ricordato principio secondo il quale, tra le varie interpretazioni in astratto possibili, devono scegliersi quelle che non si pongono in contrasto con la Costituzione e va privilegiata quella ad essa più conforme. La stessa pretesa contrarietà ai principi costituzionali dell’interpretazione sostenuta dall’Inps risulta peraltro manifestamente insussistente, dovendo considerarsi che:

– come osservato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 261 del 12.6.1991, per le finalità legislative di incentivare e di accelerare lo sviluppo economico del Mezzogiorno e di favorire le zone economicamente depresse, nonchè di mantenervi e di incrementarvi l’occupazione, di agevolarvi l’installazione di nuovi insediamenti industriali, di potenziarvi quelli già esistenti, di sostenere le attività commerciali e turistico – alberghiere che vi si svolgono, sono state predisposte varie misure, tra cui lo sgravio dei contributi Inps, la fiscalizzazione di alcuni oneri sociali, a concessione di mutui a tasso agevolato e di contributi a fondo perduto;

– a talune di tali misure possono accedere anche i soggetti che, non versando la contribuzione all’Inps, non possono beneficiare dei relativi sgravi;

– rientra nella discrezionalità del legislatore individuare gli strumenti attraverso cui perseguire le suddette finalità e, conseguentemente, delinearne, non irragionevolmente, un diverso ambito applicativo a seconda dell’Ente destinatario delle contribuzioni sulle quali vanno determinati gli sgravi e, conseguentemente, dei soggetti che tali contribuzioni concretamente versano.

Del tutto insussistenti devono anche ritenersi eventuali profili di incostituzionalità per contrarietà all’art. 20 Cost., posto che l’esclusione del beneficio che qui ne occupa riguarda tutti i datori di lavoro versanti la contribuzione IVS ad enti diversi dall’Inps, e non soltanto quelli tutelati per il loro carattere ecclesiastico o per il fine di religione o di culto.

4. La fondatezza, per le ragioni testè indicate, del primo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento degli altri.

5. Il ricorso incidentale è infondato, poichè le ritenute preclusioni da giudicato interno riguardano i "fatti costitutivi posti dal ricorrente a fondamento della sua pretesa", essendo stato peraltro evidenziato nella sentenza impugnata che le difese dell’Inps, a parte l’eccezione di prescrizione, erano incentrate sulla contestazione "in punto di diritto" della pretesa ed essendo state poi confutate, nei termini diffusamente già esposti nello storico di lite, le suddette difese.

Pertanto processualmente corretta, ancorchè non condivisibile nel merito per le ragioni già espresse, è stata la formula di rigetto utilizzata dalla Corte territoriale.

6. In definitiva il ricorso principale va accolto nei termini suindicati, mentre quello incidentale va rigettato.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione alla censura accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda.

Il difforme esito dei gradi di merito, la complessità delle questioni affrontate e la mancanza di precedenti specifici di legittimità consiglia la compensazione delle spese afferenti all’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti gli altri motivi e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; spese dell’intero processo compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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