Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-04-2012, n. 5963 Categoria, qualifica, mansioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4.11.2008 – 10.11.2009 la Corte d’Appello di Roma confermò la sentenza di prime cure che aveva riconosciuto il diritto di C.R. nei confronti della Colgate Palmolive Italia srl all’inquadramento nel livello A, posizione organizzativa apicale 1, CCNL 19.3.1994 per l’industria chimica, ritenendo peraltro la fondatezza della prescrizione quinquennale eccepita dalla parte datoriale.

A sostegno del decisum, per ciò che ancora qui specificamente rileva, la Corte territoriale ritenne che:

– nell’ambito del livello A, la posizione organizzativa 1 è riservata, tra gli altri, al profilo professionale di responsabile di "più settori di acquisto materiali operante in uno stabilimento complesso" e, conformemente a quanto ritenuto dal primo Giudice, dal raffronto con le precedenti previsioni collettive (CCNL 13.3.1983;

CCNL 6.12.1986), le quali, per il profilo in questione, facevano riferimento alla "responsabilità … di più unità organizzative di notevole importanza", doveva ritenersi che il CCNL de 1994 si riferisse ad una diversa articolazione organizzativa, individuandosi "il connotato qualificante del profilo rivendicato nella responsabilità di una pluralità di settori, che non sono assimilabili alle unità produttive di notevole importanza, ma sono definibili in base alla diversità delle caratteristiche merceologiche, implicanti una diversa tipologia di pianificazione e negoziazione", rimanendo valorizzati "l’incremento di professionalità e di responsabilità, da un punto di vista decisionale, della organizzazione e del coordinamento, che postula la attribuzione di più settori di acquisto"; tale connotato era ravvisabile nella posizione del C. – inquadrato nel massimo livello impiegatizio (8A) e, con lettera del 8.9.1994, nella categoria A, con inferiore posizione organizzativa 3 -, il quale era dapprima responsabile, all’interno della direzione generale tecnica dello stabilimento di Anzio, del settore acquisti materie prime e, dal 1985, anche del settore prodotti finiti; si trattava infatti di "attività distinte per funzioni commerciali, personale e codifica dei prodotti: il primo relativo alla ricerca, approvvigionamento, acquisto da terzi dei materiali, utilizzati per la fabbricazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti; il secondo, relativo alla selezione dei fornitori ai quali affidare la produzione delle merci in regime di terziarizzazione"; sulla base delle risultanze testimoniali, le mansioni accertate presentavano "i connotati ulteriori, richiesti per la posizione rivendicata, che prevede, tra i requisiti salienti, responsabilità nell’approvvigionamento dei materiali e servizi, nel rispetto delle politiche e delle procedure aziendali; rapporto gerarchico diretto con il direttore acquisti; coordinamento di personale;

responsabilità della ricerca, quantificazione e valutazione di fornitori e prodotti"; – ai fini della prescrizione andava esclusa l’efficacia interruttiva della lettera del 7.11.1994, posto che, perchè un atto possa acquisire tale efficacia, a norma dell’art. 2943 c.c., comma 4, deve contenere l’esplicitazione di una pretesa ovvero una intimazione o richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo, nel mentre, nel caso in esame, con tale lettera, indirizzata alla Direzione Risorse umane, il C. si era limitato, a seguito della comunicazione dell’inquadramento nella categoria A, posizione organizzativa 3, a chiedere che fosse riesaminata l’intera questione, rimettendo all’apprezzamento del datore di lavoro una diversa valutazione delle mansioni svolte e non assumendo quindi la nota in parola valenza di atto di costituzione in mora.

Avverso tale sentenza della Corte territoriale, C.R. ha proposto ricorso per cassazione assistito da un motivo.

L’intimata Colgate Palmolive Italia srl ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale assistito da un motivo.

Il ricorrente principale ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.

Le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo il ricorrente principale denuncia vizio di motivazione (in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) deducendo che:

– erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che la lettera del 7.11.1994 non avesse efficacia interruttiva della prescrizione perchè non contenente l’esplicitazione di una pretesa ovvero una intimazione o richiesta di adempimento, dovendo piuttosto interpretarsi estensivamente il disposto dell’art. 2943 c.c., comma 4, in sinergia con la più generale norma di cui all’art. 2934 c.c., nel senso che l’interruzione della prescrizione deve emergere da una dichiarazione che, esplicitamente o implicitamente, manifesti l’intenzione di esercitare il diritto;

– la Corte territoriale non aveva motivato le ragioni per la quali la lettera in parola, nel suo articolato contenuto, non poteva assumere valenza di costituzione in mora, contenendo la stessa l’inequivocabile esplicitazione di una pretesa, tanto più che la stessa costituiva aperta risposta all’atto datoriale che aveva riconosciuto lo svolgimento delle mansioni superiori, ma con un inquadramento inferiore a quello spettante.

Con l’unico motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione del CCNL 19.3.1994 per l’industria chimica e degli artt. 1362 e ss c.c., nonchè vizio di motivazione, deducendo che:

– contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, la individuazione della declaratoria professionale A nel CCNL del 1986 e nel CCNL del 1994 doveva ritenersi del tutto coincidente, essendo meramente terminologica la differenza fra le indicate strutture, cosicchè erroneamente era stato ritenuto che la pluralità di "settorì, di cui al CCNL del 1994, fosse cosa diversa dalla pluralità di "unità organizzative", di cui al CCNL del 1986, con conseguente parificazione del livello A1 del CCNL 1994 al livello A del CCNL 1986;

– doveva escludersi l’esistenza, quale entità autonoma ai sensi del CCNL, del secondo "settore" o "unità" "Prodotti Finiti", su cui il C. aveva fondato e proprie pretese; sul punto la sentenza impugnata non era affatto motivata e contrastava con evidenti emergenze istruttorie.

2. La disamina del ricorso incidentale è logicamente prioritaria.

2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pur potendo il giudice di legittimità procedere alla diretta interpretazione dei contratti collettivi, dalla natura negoziale degli stessi deriva che tale interpretazione deve essere compiuta secondo i criteri dettati dagli artt. 1362 e seguenti c.c. e non sulla base degli artt. 12 e 14 disp. gen.; ai fini dell’ammissibilità del ricorso in proposito è, peraltro, necessario che in esso siano motivatamente specificati i suddetti canoni ermeneutici in concreto violati, nonchè il punto ed il modo in cui giudice del merito si sia da essi discostato, con la conseguenza che (a parte ricorrente è tenuta, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, a riportare in quest’ultimo il testo della fonte pattizia denunciata al fine di consentirne il controllo da parte della Corte di cassazione, che non può sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 10374/2007; Cass., n. 1582/2008).

2.2 Il primo profilo di doglianza non rispettati requisiti, essendo stata solo enunciata l’asserita violazione dei "criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. c.c.", ma non il modo con cui il Giudice de merito si sarebbe effettivamente discostato da taluno di essi, risultando per contro sostanzialmente apodittica l’affermazioni della differenza meramente terminologica fra i "settori" di cui al CCNL del 1994 e le "unità organizzative" di cui al CCNL del 1986. 2.3 La doglianza presenta altresì ulteriore e concorrente profilo d’inammissibilità laddove, in violazione del principio di autosufficienza dei ricorso per cassazione, omette di trascrivervi il testo della clausola del CCNL del 1986 costituente il necessario termine di raffronto con quella del CCNL del 1994. 2.4 Per quanto concerne il denunciato vizio di motivazione, deve rilevarsi che costituisce costante orientamento di questa Corte che il ricorrente per cassazione che lamenti un vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata è tenuto ad indicare quali sono i vizi e le contraddizioni nel ragionamento del giudice di merito che non consentono l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione e non può limitarsi a sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella accolta dal giudice di merito, poichè il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale e di sostituire una propria valutazione a quella data dal giudice di merito, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico- formale, delle argomentazioni svolte da quel giudice (cfr, ex plurimis, Cass. nn. 27464/2006; 8718/2005; 12467/2003).

Ed invero la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per Cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta a suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, in quanto è del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di Cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa; ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione; pertanto le censure concernenti vizi di motivazione devono indicare quali siano i vizi logici del ragionamento decisorio e non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito.

Nel caso che ne occupa la Corte territoriale, con motivazione congrua e immune da vizi logici, ha affrontato l’esame dei punti decisivi della controversia ed ha compiutamente indicato, nei termini diffusamente riportati nello storico di lite, le ragioni del decidere, cosicchè le argomentazioni della ricorrente incidentale – peraltro fondate sulla non accoglibile (per le ragioni già esposte) asserita sostanziale identità fra le successive formulazioni della contrattazione collettiva – si risolvono nella richiesta, inammissibile in questa sede di legittimità, di una rilettura del materiale probatorio acquisito.

Dal che discende l’infondatezza anche del profilo di doglianza all’esame.

3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, che, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre nel caso di errata interpretazione o applicazione di una norma, non può essere denunciata in Cassazione come vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, perchè tale vizio è riferito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, alla ricostruzione della concreta fattispecie e può dare luogo solo al controllo della giustificazione del giudizio sulla ricostruzione del fatto (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 228/1995; 5271/2002;

13773/2006).

Risulta quindi inammissibile il primo profilo di doglianza del ricorso principale, laddove, con riferimento al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, viene in effetti denunciata la pretesa erronea interpretazione dell’art. 2943 c.c., comma 4. 3.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte l’accertamento, in relazione all’atto esaminato, del requisito oggettivo (presenza di intimazione o richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo) configurante la costituzione in mora costituisce indagine di fatto riservata all’apprezzamento del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità soltanto per vizi di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 22751/2004;

5104/2006; 6336/2009). Richiamati i principi già indicati nell’ambito della disamina del ricorso incidentale, deve convenirsi che anche il secondo profilo di doglianza del ricorso principale non può essere accolto, avendo la Corte territoriale esaminato i punti decisivi della controversia con motivazione (nei termini già diffusamente ricordati nello storico di lite) coerente con le emergenze documentali esaminate e immune da vizi logici, cosicchè le argomentazioni svolte nella censura all’esame si risolvono nella richiesta, inammissibile in questa sede, di un diverso accertamento fattuale in ordine alla portata della comunicazione di cui si assume la valenza interruttiva della prescrizione.

4. In definitiva tanto il ricorso principale che quello incidentale vanno rigettati. La reciproca soccombenza consiglia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi principale e incidentale; spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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