Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-04-2012, n. 5960 Indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata, nella contumacia dell’Assessorato regionale dell’Industria appellato, conferma la sentenza del Tribunale di Agrigento n. 1073/2005, dichiarativa del diritto di T.L. alla rideterminazione dell’indennità di prepensionamento con l’adeguamento del 15% su tutte le voci fisse della retribuzione e con gli incrementi ISTAT, con conseguente condanna della RESAIS s.p.a. al relativo pagamento.

La Corte d’appello di Palermo, per quel che qui interessa, precisa che:

a) la questione per cui è causa è già stata esaminata dalla Corte d’appello di Palermo in altra controversia fra le stesse parti conclusasi con la sentenza n. 1055/2008;

b) l’attuale thema decidendum è costituito dalla verifica dell’applicazione dell’adeguamento retributivo del 15% previsto dalle delibere dell’EMS – Ente Minerario Siciliano n. 76 del 1986 e n. 62 del 1987 alle voci retributive fisse e continuative nonchè degli aumenti ISTAT;

c) conseguentemente, tutti i riferimenti contenuti nell’atto di appello alla computabilità delle voci variabili è ultroneo;

d) il c.t.u. nominato in primo grado ha proceduto alla corretta quantificazione del credito del T. inserendo nella base di calcolo sulla quale applicare l’aumento del 15% anche alcune voci retributive ingiustamente pretermesse, date le loro caratteristiche;

e) nella relazione integrativa lo stesso c.t.u. ha precisato che per l’anno 1992 erano stati considerati elementi contrattuali la retribuzione, la contingenza e il premio di produzione, voci incluse nella busta paga del mese di ottobre 1990, scelta dal T. come base di calcolo per l’indennità di prepensionamento;

f) il c.t.u. ha aggiunto che per l’anno 1993 l’incremento del premio di produzione era inserito tra gli elementi della retribuzione ai quali si doveva applicare l’adeguamento del 15% e analoghe considerazioni valevano per le voci "aumento base" e EDR, tutte non incluse nella base di calcolo dell’indennità di cui si discute;

g) quanto alla determinazione dell’incremento ISTAT, il c.t.u. ha precisato che, oltre alla modifica del conteggio finale derivante dalla mutazione della base di calcolo, la società ha applicato percentuali inferiori, anche se di poco, a quelle dovuti;

h) le analitiche considerazioni del c.t.u. cui ha aderito il Tribunale vanno totalmente condivise, sottraendosi alle censure avanzate dalla società. 2.- Il ricorso della RESAIS – Risanamenti e Sviluppo Attività Industriali Siciliana s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per due motivi; T.L. e l’Assessorato regionale dell’Industria non svolgono attività difensiva.

La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

1 – Sintesi dei motivi di ricorso 1- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si rileva che la Corte palermitana, sulla questione dell’ambito di applicabilità dell’adeguamento del 15%, trascurando del tutto le critiche formulate agli accertamenti e alle conclusioni del c.t.u. con acritica adesione alle conclusioni del c.t.u. di primo grado, ha ritenuto applicabile il suddetto adeguamento anche alle voci retributive – variabili e successive, rispetto alla retribuzione dell’ottobre 1990, assunta come base di calcolo per l’indennità di prepensionamento in oggetto – rappresentate da "premio di produzione", "aumento base" e E.D.R. pur in presenza di elementi richiedenti specifico esame ed approfondimento.

Si sostiene che al premio di produzione – che dalla relazione integrativa della c.t.u. risulta essere presente nel prospetto di busta paga solo dal dicembre 1993 non come voce fissa ma come adeguamento del premio di produzione già presente nella busta paga dell’ottobre 1990 – non avrebbe potuto essere applicato l’aumento del 15% e l’incremento ISTAT sia per ragioni cronologiche, sia perchè non può essere effettuato un "adeguamento di un adeguamento retributivo".

Le stesse considerazioni varrebbero anche per le voci "aumento base" (presente in busta paga a partire dal 1997) e EDR (presente in busta paga a partire dal gennaio 1993), anch’esse costituenti adeguamenti successivi all’ottobre 1990.

L’aumento percentuale in oggetto avrebbe dovuto essere applicato solo alle componenti fisse presenti nella busta paga dell’ottobre 1990, salva l’eventuale sopravvenienza di una ricostruzione retributiva con efficacia retroattiva, come si è verificato per il cd.

"superminimo", oggetto di un precedente giudicato tra le parti.

La Corte palermitana ha ignorato tali argomenti, puntualmente esposti e, così, non ha tenuto conto neppure della giurisprudenza di legittimità, secondo cui "non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui erogazione sia col legata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia condizionata al raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente incerto" (Cass. SU 25 marzo 2010, n. 7154).

2.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in primo grado;

b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si sostiene che, in mancanza di un’apposita domanda, la Corte territoriale abbia applicato, in danno della società, una aliquota ISTAT, sulla somma dovuta, diversa e maggiore rispetto a quella implicitamente presa in considerazione nel ricorso introdottivo del giudizio.

Si sottolinea, in particolare, che per l’anno 1992 è stata applicata l’aliquota del 12,6 (a fronte dell’aliquota corretta del 12,9), così come per il 1993 e gli anni successivi (18% anzichè 18,9).

Ciò è avvenuto sulla base dei rilievi del c.t.u., ma senza alcuna domanda del ricorrente al riguardo e questo errore della Corte territoriale non avrebbe comportato una mera addizione quantitativa del petitum, ma una vera e propria "novazione qualitativa della domanda originariamente proposta con riferimento all’indice di rivalutazione", visto che l’utilizzazione di un indice nuovo e diverso rispetto a quello del 15% costantemente utilizzato dalla società RESAIS, fa assumere alla corrispondente pretesa le vesti di un’autonoma domanda sulla quale la società non è stata posta in condizione di svolgere le proprie difese.

2 – Esame delle censure 3. – Il ricorso non è da accogliere per le ragioni di seguito esposte.

3.1.- Il primo motivo è inammissibile.

In base all’orientamento di questa Corte in materia di interpretazione del combinato disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 369 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c., n. 6, – recentemente consolidatosi con la sentenza delle Sezioni unite 3 novembre 2011, n. 22726, cui la successiva giurisprudenza si è uniformata e che il Collegio condivide – la disposizione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, secondo cui, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 7, il ricorrente ha l’onere di depositare, insieme con il ricorso, a pena di improcedibilità, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda", va coordinata con la disposizione dello stesso art. 369 cod. proc. civ., comma 3, secondo cui il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata la trasmissione del fascicolo di ufficio e deve depositare (anche) tale richiesta insieme col ricorso. Dalla suddetta combinazione di desume che gli atti processuali, i documenti etc. dei quali il legislatore ha imposto il deposito unitamente al ricorso a pena di improcedibilità sono quelli che non fanno parte del fascicolo d’ufficio del giudizio nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata, fascicolo che il ricorrente ha l’onere di richiedere, depositando la relativa richiesta unitamente al ricorso.

Nel fascicolo di ufficio, formato dal cancelliere ai sensi dell’art. 168 cod. proc. civ., deve essere inserita, tra gli atti di istruzione che ne divengono parte integrante, la relazione scritta del consulente tecnico di ufficio, la quale, infatti, ai sensi dell’art. 195 cod. proc. civ., deve essere depositata in cancelleria nel termine fissato dal giudice che ha disposto la nomina dell’ausiliare tecnico e la redazione di una relazione scritta delle indagini da questo compiute. Conseguentemente, ove risulti che il ricorrente abbia provveduto a richiedere la trasmissione del fascicolo di ufficio del giudizio d’appello conclusosi con la sentenza impugnata, non è configurabile la suddetta improcedibilità (vedi, per tutte:

Cass. 1 marzo 2010, n. 4898).

Resta, però, la necessità di rispettare – a pena di inammissibilità – l’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6, e, quindi, di trascrivere nel ricorso i passaggi della relazione del c.t.u. rispetto ai quali si denuncia la insufficienza e la illogicità della motivazione con le relative critiche oltre ad indicare i dati necessari al reperimento della relazione stessa.

Nella specie, nel primo motivo la ricorrente sostiene che la Corte palermitana ha aderito acriticamente alle conclusioni del c.t.u. di primo grado senza esaminare le censure che la società aveva formulato al riguardo.

Ora, poichè come si è detto la relazione del c.t.u. è compresa tra gli atti inclusi nel fascicolo d’ufficio e poichè la ricorrente ha ritualmente chiesto la trasmissione di tale fascicolo, ha depositato la relativa richiesta ed ha allegato al ricorso copia integrale della relazione della c.t.u. dell’1 maggio 2004 e copia (ancorchè parziale) della relazione della c.t.u. integrativa del 16 dicembre 2004, non si pongono problemi di improcedibilità.

Tuttavia, il motivo risulta inammissibile perchè la ricorrente non ha trascritto integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi delle relazioni (originaria e integrativa) in oggetto nè ha riportato il contenuto integrale e specifico delle relative contestazioni, al fine di evidenziare gli errori commessi dal Giudice del merito nel limitarsi a recepire le conclusioni del c.t.u. e nel trascurare completamente le critiche formulate al riguardo, delle quali la Corte deve essere messa in grado di valutare la decisività direttamente sulla base del ricorso; diversamente, infatti, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (ex plurimis: Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 13 giugno 2007, n. 13845; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688; Cass. 28 marzo 2006, n. 7078; Cass. 26 luglio 2002, n. 11047).

Invero, va ricordato che, secondo l’orientamento consolidato e condiviso di questa Corte, in linea generale, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 4, impone al ricorrente la specifica indicazione dei fatti e dei mezzi di prova asseritamele trascurati dal giudice di merito, nonchè la descrizione del contenuto essenziale dei documenti probatori con eventuale trascrizione dei passi salienti (vedi, per tutte, da ultimo: Cass. 7 febbraio 2012, n. 1716; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915).

3.2.- Anche il secondo motivo non è da accogliere.

In sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo, in relazione al quale la Corte di cassazione ha il potere- dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale; nel caso in cui venga invece in considerazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (Cass. 7 luglio 2006, n. 15603; Cass. 24 luglio 2008, n. 20373; Cass. 11 marzo 2011, n. 5876).

Nella specie è da escludere che la Corte d’appello sia incorsa in una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto si deve ritenere che essa si sia limitata a procedere all’interpretazione della domanda originaria, desumendone correttamente e logicamente il contenuto e la portata, anche in riferimento all’applicazione dell’indice ISTAT, confermando la statuizione del Tribunale, sulla quale peraltro (come risulta dallo stesso ricorso) la società ha avuto modo di esercitare il proprio diritto di difesa.

Va osservato, al riguardo – che diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente – l’applicazione di una diversa aliquota dell’indice predeterminato ISTAT costituisce una semplice precisazione del petitum relativo alla domanda originariamente proposta.

Infatti, la Corte d’appello non ha effettuato una scelta del tipo e della categoria di indice ISTAT da applicare (scelta che richiede l’esercizio di poteri cognitivi e di valutazione Cass. 4 maggio 2011, n. 9796), ma si è limitata ad aderire alle conclusioni del c.t.u. in merito alla correzione dell’aliquota da considerare nelle diverse annualità, sulla base di una normativa che già indica la necessità di applicare l’indice ISTAT "relativo all’aumento del costo della vita verificatosi nell’anno precedente" rispetto a quello di corresponsione della provvidenza per la rivalutazione dell’indennità in oggetto (vedi L.R. Sicilia 6 giugno 1975, n. 42, art. 6, comma 4, e L.R. Sicilia 15 maggio 1991, n. 23, art. 6).

3 – Conclusioni.

In sintesi, per le suesposte considerazioni il ricorso va rigettato.

Nulla si dispone per le spese del presente giudizio di cassazione in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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