Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-04-2012, n. 5956 Diritti e doveri del lavoratore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale del lavoro di Bergamo la Dial srl chiedeva la conferma del sequestro conservativo richiesto ed ottenuto dalla detta società sull’immobile di proprietà dell’ex dipendente C.F. in relazione ad ammanchi accertati nel punto vendite Supermercato Sisa di Bergamo ove il C. era addetto alla chiusura della contabilità delle casse, alla raccolta del denaro contante e dei tickets. Chiedeva, oltre alla conferma del sequestro, nel merito la condanna del C. a risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non, da accertare in giudizio ed in ogni caso non inferiore alla somma di Euro 151.757,64. Allegava che dal raffronto tra le fatture emesse per buoni pasti e l’importo indicato con riferimento agli stessi nel registro dei corrispettivi era risultato un ammanco pari alla prima indicata somma e che dopo la contestazione degli ammanchi il C. si era dimesso senza preavviso. Il C. si occupava delle mansioni prima indicate insieme allo S., ma era emerso che nell’agosto del 2002 erano stati registrati ammanchi per Euro 3.576,57 mentre lo S. era in ferie, periodo in cui il servizio era stato unicamente affidato al C.. Il C. si costituiva contestando la fondatezza del ricorso ed a sua volta proponeva domanda riconvenzione per differenze retributive derivanti da inquadramento superiore (nel primo livello CCNL) e per lavoro straordinario. Esperita prova per testi e ctu grafo-tecnica il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno e quella di riconoscimento nel primo livello contrattuale, mentre rigettava la domanda per lavoro straordinario. Compensava in parte le spese di lite.

Sull’appello di entrambe le parti la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza impugnata.

Sulla domanda di risarcimento del danno la Corte territoriale rilevava che la società aveva specificato che i buoni pasto erano sempre stati timbrati la sera all’atto di chiudere la cassa e che, sul punto, nulla si era opposto; pertanto la circostanza doveva ritenersi pacifica, così come non era stato tempestivamente dedotto che le ditte emittenti i buoni pasto potessero avere scorrettamente gestito i buoni pasto (questione neppure posta nel procedimento penale relativo ai medesimi); dall’esame dei prospetti contabili e dei registri era emerso il sistema utilizzato per determinare gli ammanchi; il C. aveva allegato che le annotazioni erano dello S., ma la consulenza aveva affermato che una rilavante parte delle annotazioni erano di pugno del ricorrente (almeno il 33%); i testi avevano confermato che la chiusura delle casse e la stesura dei brogliacci avveniva ad opera del C. da solo o con lo S.;

gli ammanchi erano stati da tempo segnalati e lo S. stesso si era deciso a verificare l’accaduto; era stato cambiato il meccanismo di cassa digitando anche le modalità di pagamento scelte dal cliente ivi compresi i buoni pasto e gli inconvenienti erano cessati. Doveva escludersi la tesi prospettata, peraltro tardivamente, che fosse stato lo S. ad appropriarsi dei buoni, posto che era lo stesso teste che aveva disposto una costosa verifica; inoltre quando lo S. era stato assente dal lavoro si erano verificati degli ammanchi ma tali ammanchi erano cessati quando assente era stato, invece, il C.. Circa l’appello incidentale della Dial l’istruttoria aveva dimostrato l’ampiezza e la responsabilità delle mansioni svolte; per tutti i testimoni sentiti il C. era di fatto il direttore del supermercato, con ampia possibilità di maneggio denaro; le dette mansioni potevano essere ricondotte al profilo di gestore di supermercato previsto nel primo livello. Non era stato, invece, provato lo svolgimento di lavoro straordinario, oltre quello già pagato ed attestato dalle buste paga.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. con un unico, articolato motivo di ricorso, resiste con controricorso la Dial che – con ricorso incidentale – ha proposto a sua volta la cassazione della sentenza di appello con due motivi. Resiste al ricorso incidentale con controricorso il C., che ha depositato anche memoria difensiva.

Motivi della decisione

Con il motivo formulato nel ricorso principale si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. e degli artt. 2043 e 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente ed erronea motivazione su punti decisivi per la controversia. Si deduce che la Corte di appello avrebbe espunto per tardività dal thema decidendum alcuni temi di indagine cruciali per la definizione della controversia ed allegazioni concernenti la natura degli accordi intervenuti tra la Dial e le ditte emittenti circa i tickets restaurant o in ordine all’effettiva timbratura degli stessi ogni sera da parte del ricorrente in via principale. Si trattava di difese già anticipate in comparsa e pertanto non si poteva ritenere la tardività di questi temi d’indagine; non vi era stata comunque alcuna ammissione in ordine alla timbratura dei buoni pasto; era emerso che i movimenti dei buoni pasto erano a conoscenza dello S., non del ricorrente. L’entità del risarcimento ed a monte degli ammanchi non aveva trovato conferma in alcun esame obiettivo se non nella consulenza di parte redatta dal commercialista della società, mentre si era rigettata la domanda di CTU, anche sui conti bancari del C..

Il motivo appare infondato. Le doglianze circa l’avvenuta esclusione dal thema decidendum di argomenti invece, a detta del ricorrente, tempestivamente fatti valere in giudizio sono del tutto generiche in quanto, posto che la Corte territoriale a pag. 8 della sentenza appellata ha affermato che "la questione sulla mancata timbratura e sulla libera spendibilità dei buoni pasto risulta estranea a questo procedimento" così come "le ulteriori argomentazioni sulla scorretta gestione dei buoni da parte dei emittenti" perchè mai sollevate tempestivamente, era onere di parte ricorrente specificare quando questi argomenti erano stati sollevati e come erano stati fatti valere anche in sede di appello, mentre nel ricorso si offrono generici ed inammissibili richiami agli atti difensivi ed alla memoria di costituzione, incompatibili con il principio di autosufficienza del ricorso in cassazione e comunque inidonei a scalfire quanto accertato dal Giudice di appello sul punto della tempestività, in quanto non circostanziati e specifici. Circa le altre censure sviluppate nel motivo, queste tendono nel loro complesso ad una rivisitazione dei fatti, inammissibile in questa sede. La motivazione seguita dalla Corte di appello nel ritenere provato che sia stato il ricorrente in via principale a determinare gli ammanchi appare persuasiva e logicamente ineccepibile e si fonda su plurimi elementi già ricordati: il C. aveva allegato che le annotazioni erano dello S., ma la consulenza ha affermato che una rilevante parte delle annotazioni erano di pugno del ricorrente (almeno il 33%); i testi hanno a loro volta confermato che la chiusura delle casse e la stesura dei brogliacci avveniva ad opera del C. da solo o con lo S.; gli ammanchi erano stati da tempo segnalati e lo S. stesso si era deciso a verificare l’accaduto; era stato cambiato il meccanismo di cassa digitando anche le modalità di pagamento scelte dal cliente ivi compresi i buoni pasto e gli inconvenienti erano cessati. Doveva escludersi la tesi prospettata, peraltro tardivamente, che fosse stato lo S. ad appropriarsi dell’importo dei buoni, posto che era lo stesso teste che aveva disposto una costosa verifica; inoltre quando lo S. era stato assente dal lavoro si erano verificati degli ammanchi ma questi si erano puntualmente verificati quando assente era stato, invece, il C.. Pertanto la tesi prospettata nel motivo che il responsabile dei detti ammanchi potesse essere lo S. è stata esclusa con solidi e logici argomenti; la contestazione al calcolo degli ammanchi appare del tutto generica.

In sostanza l’impianto motivazionale della sentenza offre un puntuale riferimento agli elementi processuali ed alle risultanze della prova;

per contro le censure appaiono di merito e tendono ad una inammissibile rivalutazione dei fatti così come accertati dai Giudici di merito.

Con il primo motivo sviluppato nel ricorso incidentale si allega la nullità del procedimento per l’omessa pronuncia sulle domande di condanna del C. al risarcimento dei danni non patrimoniali arrecati alla Dial e di condanna del C. al pagamento integrale delle spese di lite e di CTU del primo grado del giudizio, in relazione all’art. 112 c.p.c..

Il motivo è infondato. Nella sentenza di primo grado le spese relative alla CTU sono già state poste a carico del C. per le ragioni evidenziate nel ricorso della Dial; per il resto nel ricorso si richiamano le sole conclusioni dell’appello incidentale della Dial con cui si chiede la condanna del C. al pagamento integrale delle spese di lite di primo grado, che – in mancanza di ulteriori allegazioni ed argomentazioni – deve ritenersi fosse stata prospettata come logica conseguenza dell’accoglimento dell’appello incidentale che invece è stato rigettato. Pertanto, posto che la Dial è risultata, anche in appello, in parte soccombente, la Corte territoriale ha correttamente ritenuta assorbita tale domanda. Dalla sentenza impugnata la domanda concernente il risarcimento anche dei danni morali subiti dalla società appare come implicitamente rigettata, posto che la Corte ha esplicitamente accertato la sola sussistenza dei danni di ordine patrimoniale. Il motivo, peraltro, risulta totalmente generico in quanto non si allega alcun razionale elemento per stabilire l’esistenza di tali danni e per determinarne l’entità (la circostanza della dichiarazione di prescrizione del reato contestato al C. appare del tutto inidonea a stabilire che si siano prodotti danni non patrimoniali alla società), nè emerge dal ricorso che si sia prospettata in appello in modo più circostanziato ed argomentato la richiesta in parola.

Con il secondo motivo si allega l’insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio:

non spettava il primo livello; le mansioni emerse non corrispondevano al livello rivendicato, mancava la responsabilità di direzione esecutiva, l’iniziativa e l’autonomia operativa. Il direttore era il sig. S. che era sempre presente e che cumulava l’attività di agente e la gestione del negozio.

Il motivo è infondato. Va in primis osservato che il CCNL applicabile non è stato prodotto unitamente al ricorso e non è stato neppure indicato l’incarto processuale ove lo stesso sia rinvenibile in copia integrale contravvenendo all’onere gravante sul ricorrente per legge, così come precisato dalla giurisprudenza di questa Corte, relativo alla produzione di copia integrale della contrattazione collettiva applicabile nel giudizio di legittimità (cfr. da ultimo cass. n. 18854/2010, m, 716172010). In ogni caso nel merito si propongono in realtà censure di merito, come tali inammissibili in questa sede. La Corte territoriale, ricordata la declaratoria de primo livello rivendicato, ha poi richiamato in specifico il profilo di "gestore o gerente di negozio, di filiale o di supermercato alimentare" e ha osservato che per i testi escussi il C. era il Direttore del supermercato, specificando le mansioni svolte implicanti responsabilità tipiche per autonomia e discrezionalità organizzativa e direttiva del direttore del supermercato. Pertanto la motivazione appare congrua e logicamente coerente, con riferimento puntuale alla declaratoria contrattuale ed alle risultanze processuali, mentre le censure tendono ad una rivalutazione del fatto così come ricostruito dai giudici di merito ed a contestare (peraltro in modo del tutto generico) lo svolgimento di mansioni che, invece, la sentenza impugnata ha accertato essere state svolte.

La Corte pertanto riunisce i ricorsi e li rigetta, stante la reciproca soccombenza si devono compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

Riunisce i ricorsi e li rigetta e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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