Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-07-2011) 25-10-2011, n. 38757

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

-1- Con ordinanza del 12 maggio 2010 la Corte d’Appello di Catania ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da G.G.M., sottoposto alla misura custodiale carceraria in quanto imputato ex art. 416 bis cod. pen.; delitto dal quale è stato successivamente assolto.

Nel provvedimento impugnato, la corte territoriale ha ritenuto che, ai fini dell’accertamento della sussistenza del dolo o della colpa grave, ostativi al riconoscimento del diritto all’equo indennizzo, fossero utilizzabili nel giudizio di riparazione le risultanze dei verbali di cui all’art. 268 cod. proc. pen., comma 1 (cd.

"brogliacci"), che danno atto delle operazioni di ascolto e di registrazione effettuate e che sommariamente riportano i contenuti delle comunicazioni intercettate, secondo quanto prevede il citato art. 268, comma 2. L’inutilizzabilità sancita dall’art. 271 cod. proc. pen., ha sostenuto la stessa corte, riguarderebbe solo i risultati delle intercettazioni, non già i sommali contenuti dei predetti verbali redatti dalla polizia giudiziaria.

Poste tali premesse, i giudici della riparazione, richiamati i contenuti di talune delle conversazioni, sommariamente trascritte nei "brogliacci", hanno rilevato che dai contenuti di quei verbali emergeva il coinvolgimento del G. negli illeciti affari di una cosca mafiosa e che, in conseguenza, l’adozione del provvedimento cautelare era stata determinata dalla condotta dolosa dello stesso.

– 2 – Avverso tale decisione propone ricorso, per il tramite del difensore, il G. che denuncia la violazione degli artt. 314 e 315 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata con riguardo alla configurabilità di una condotta gravemente colposa o dolosa del richiedente che giustificasse il rigetto dell’istanza riparatoria.

In particolare, segnala il ricorrente che la corte territoriale ha motivato la decisione impugnata, richiamando i contenuti di conversazioni, telefoniche ed ambientali, intercettate, senza considerare che le stesse erano state dichiarate dal giudice della cognizione non utilizzabili in quanto acquisite in violazione di legge. Inutilizzabilità che, si soggiunge nel ricorso, non opera solo del giudizio di cognizione, bensì anche in quello riparatorio, come statuito dalla Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 30.10.08 (rv 241667). Il richiamo ai "brogliacci", peraltro, sarebbe, da un lato, errato e poco attendibile, poichè dai verbali redatti dalla PG non emergono i contenuti reali delle conversazioni, dall’altro, generico, in ragione della mancata specificazione dei contenuti degli stessi. Ed allora, sostiene conclusivamente il ricorrente, esclusa l’utilizzabilità delle citate conversazioni, non vi sono spazi per ritenere sussistente una condotta del G. dolosa o gravemente colposa, ostativa all’accoglimento dell’istanza di riparazione, nei termini indicati nell’art. 314 cod. proc. pen..

– 3 – L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso, rilevando che, al momento del fermo, il coinvolgimento del G. nell’attività della cosca mafiosa oggetto delle indagini era emerso non solo dai contenuti delle conversazioni intercettate ma anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dalle attività di osservazione eseguite dalla PG. Da queste, invero, erano emersi comportamenti dell’odierno ricorrente che hanno determinato l’adozione del provvedimento restrittivo.

Motivi della decisione

– 1 – Il ricorso è fondato.

Con sentenza n. 1153 del 30.10.08 (rv 241667), le Sezioni Unite di questa Corte, risolvendo un contrasto di giurisprudenza insorto all’interno di questa stessa sezione, hanno affermato che:

"L’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione ".

In particolare, è stato affermato che, in presenza di intercettazioni eseguite fuori dai casi previsti dalla legge, ovvero in violazione degli artt. 267 e 268 cod. proc. pen. si versa in ipotesi di chiara illegalità, essendo state le prove assunte in violazione dei diritti garantiti dai principi costituzionali; ciò che non può che determinare la "espunzione" del materiale processuale delle intercettazioni illegittime; la cui eliminazione fisica, peraltro, è prevista dall’art. 240 del codice di rito.

Principi dai quali necessariamente consegue che il giudice della riparazione non può trarre dai contenuti di conversazioni, dichiarate inutilizzabili nel giudizio di cognizione perchè acquisite in violazione di legge, elementi di giudizio dimostrativi di comportamenti, dolosi o gravemente colposi, che abbiano concorso all’adozione del provvedimento restrittivo, ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione al soggetto che ne abbia fatto richiesta.

Nello stesso solco si è inserita un’altra sentenza delle medesime SU, con la quale è stata sancita l’inutilizzabilità, anche nel procedimento di prevenzione, delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili nel giudizio di cognizione (Cass. SU n. 13426/2010).

Orbene, tale essendo il quadro normativo ed interpretativo, evidente si presenta la fondatezza del ricorso in esame, laddove si consideri che gli elementi di giudizio che hanno indotto la corte territoriale a respingere l’istanza di riparazione avanzata dal G. sono stati tratti esclusivamente dai contenuti delle conversazioni dichiarate inutilizzabili dal giudice di cognizione.

Nè può condividersi la tesi, espressa dalla stessa corte, secondo cui l’art. 271 cod. proc. pen. sancirebbe l’inutilizzabilità "dei risultati delle intercettazioni quali prove del processo penale", non anche dei sommari contenuti dei verbali redatti dalla polizia giudiziaria ex art. 268 cod. proc. pen.. Invero, tale assunto, con il quale sostanzialmente si è inteso porre una distinzione tra i contenuti delle conversazioni espunti dalle trascrizioni e quelli espunti dai "brogliacci", si presenta caratterizzata da evidente incoerenza, posto che sia gli uni che gli altri altro non rappresentano che il risultato di una illegittima attività captativa raggiunta dal giudizio di inutilizzabilità. Non avrebbe senso, quindi, ritenere utilizzabili i contenuti dei brogliacci, che pur sono il risultato di intercettazioni illegalmente eseguite; anzi, una tal conclusione giustamente potrebbe esser considerata un espediente diretto ad aggirare la norma, ad eludere quel giudizio, al quale, peraltro, potrebbe ricorrere, non solo il giudice della riparazione, ma anche da quello della cognizione; con il che si rimetterebbe in discussione tutta la delicata materia.

Le Sezioni Unite, d’altra parte, nella richiamata sentenza hanno fatto riferimento alla "espunzione" del materiale processuale delle intercettazioni illegittime, tra cui, evidentemente, anche dei "brogliacci" che a quel tipo di "materiale" appartengono; mentre lo stesso art. 240 c.p.p., comma 5, prevede, nei casi di intercettazioni contra legem, la "distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti", rinviando al comma 2 della stessa disposizione di legge che indica tali atti, supporti e documenti come quelli "concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni relativi al traffico telefonico e telematico illegalmente formati o acquisiti", tra i quali non possono che essere inclusi i verbali ("brogliacci") in questione.

– 2 – In tale contesto, avendo la corte territoriale individuato condotte dolose riconducibili all’odierno ricorrente solo dai contenuti delle conversazioni, sia pure tratti dai verbali di cui all’art. 268 cod. proc. pen. (avendo solo accennato alle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia ed alle attività di osservazione della PG, senza specificarne i contenuti e senza indicare i comportamenti del G. ritenuti ostativi all’accoglimento dell’istanza riparatoria), l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte d’Appello di Catania che dovrà provvedere a riconsiderare la sussistenza o meno di condotte ostative dolose o gravemente colpose del G., a prescindere da quelle emerse dalle richiamate conversazioni. La stessa corte provvederà al regolamento, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Catania, cui demanda anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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