Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 16-04-2012, n. 5941 Albi professionali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Iscrittosi alla facoltà di medicina e chirurgia nell’anno accademico 1985/1986 ed ottenuta nel 1992 l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo, nel 1995 M.G. presentò domanda di iscrizione all’albo degli odontoiatri di Milano, che gli fu rifiutata dal locale Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

L’interessato ottenne l’iscrizione in esito alla sospensione del provvedimento impugnato da parte del T.A.R. Lombardia, che però declinò la giurisdizione con sentenza n. 8313 del 2001, indicando come competente la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie o l’autorità giudiziaria ordinaria "in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale del D.C.P.S. n. 223 del 1946 o in caso di disapplicazione del D.P.R. n. 221 del 1950". 2.- La giurisdizione fu declinata anche dal Tribunale di Milano con sentenza n. 241/2006 confermata dalla Corte d’appello di Milano che, con sentenza n. 2581/2008, ha rigettato il gravame del M. sui rilievi che la giurisdizione sulle controversie relative alla compilazione ed alla tenuta dell’albo spetta alla predetta Commissione centrale ai sensi del citato decreto del Capo provvisorio dello Stato e che i profili di illegittimità costituzionale prospettati dall’appellante in relazione all’affermata istituzione di un giudice speciale con L. n. 409 del 1985 erano manifestamente infondati ed erano stati reiteratamente disattesi dalla Corte di cassazione.

3.- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione M.G. prospettando con un unico motivo di ricorso questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che attribuiscono la giurisdizione alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

Il Ministero della salute e quello dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica resistono con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria con la quale ha ripetuto quanto affermato in ricorso.

Con ordinanza del 23.11.2011 la terza sezione civile, cui il ricorso era stato assegnato, ha rimesso gli atti al Primo Presidente in vista dell’assegnazione alle Sezioni unite considerando che l’unico motivo di ricorso prospetta questione afferente alla giurisdizione.

Il Primo Presidente ha dunque assegnato il ricorso alle Sezioni unite.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso la giurisdizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie è negata per l’affermata illegittimità costituzionale delle disposizioni del D.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221 e della L. 24 luglio 1985, n. 409, in riferimento agli artt. 3, 24, 102 e 108 Cost..

Vi si afferma che gli argomenti addotti dalla Corte d’appello per escludere – anche col richiamo di Cass., 3^ sez. civ., n. 21732/2006 – che la L. n. 409 del 1985, art. 6, comma 7, abbia istituito un giudice speciale non sono condivisibili, auspicandosi una revisione del precedente orientamento sulla scorta delle seguenti considerazioni:

a) la legge citata ha ampliato surrettiziamente le competenze della Commissione centrale, estendendola agli esercenti la professione di odontoiatra, istituita proprio dalla legge medesima, mediante la modifica del D.C.P.S. n. 233 del 1946, art. 17, comma 2, cui ha aggiunto la lett. e), con l’effetto di istituire, quanto meno per quel che riguarda gli odontoiatri, una giurisdizione speciale vietata dall’art. 102 Cost., essendo stata la modifica realizzata con legge ordinaria;

b) le disposizioni sulla composizione e sul funzionamento della Commissione non sembrano garantire il rispetto dei principi di indipendenza, imparzialità ed autonomia, essendo le questioni che riguardano gli odontoiatri vagliate e decise da un giudice composto, per a gran parte, da membri posti in situazione di potenziale conflitto ovvero di comunanza di interessi;

c) la Commissione centrale è sfornita di adeguati strumenti di tutela giurisdizionale dei diritti, essendo priva di poteri cautelari e non essendo prevista l’audizione diretta delle parti (salvo il caso delle sanzioni disciplinari).

2.- Il ricorso è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha chiarito come i dedotti profili di illegittimità costituzionale – in questa sede riproposti – siano stati già presi in considerazione e costantemente disattesi dalla Corte di cassazione. Sono in particolare citate Cass., sez. un., nn. 2544/1964, 3032/1988, 7753/1998, 11213/1998, nonchè Cass., 3^ sez., nn. 4761/1999, 5141/2001, 7760/2003, 21732/2006 delle quali tutte è correttamente riferito il contenuto.

Ad eccezione di Cass., n. 21732/2006 – che il ricorrente si limita peraltro a non condividere – nessuna delle predette decisioni è anche solo menzionata. Nè alcun cenno è fatto agli argomenti esposti con le ulteriori decisioni (tra le quali, Cass., sez. un., nn. 13016/1997; Cass., 3^ sez., n. 12331/1999, 6469/2000, 10396/2001, 10284/2001, 9704/2004; Cass., 6^ sez., n. 17416/2011), che hanno ribadito la manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale con orientamento al quale la decisione impugnata s’è pienamente conformata e dal quale non si ravvisano ragioni per discostarsi.

Si rende dunque applicabile il principio secondo il quale, in caso di ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ove la sentenza impugnata abbia deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della S.C.., è onere del ricorrente, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, offrire elementi per mutare l’orientamento della stessa, dovendosi, in mancanza, rigettare il motivo per manifesta infondatezza (così, da ultimo Cass., sez. un., n. 8923/2011, in linea con l’arresto di cui a Cass., sez. un., n. 19051/2010); e non valendo la mera dichiarazione, espressa nel motivo, di porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, ad integrare la condizione indicata nell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, introdotta dalla L. 69 del 2009, art. 47, laddove non vengano individuate le decisioni e gli argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonda (Cass., 3^ sez., n. 3142/2011).

3.- Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE A SEZIONI UNITE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 6.000 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio a sezioni unite civili, il 3 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2012

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