Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-07-2011) 25-10-2011, n. 38756

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– 1 – Con ordinanza del 14 aprile 2010, la Corte d’Appello di Genova ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da S.M., sottoposto alla misura custodiate carceraria in quanto imputato del D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, per avere importato in Italia, in concorso con altri, ingenti quantità di stupefacenti.

La corte territoriale ha ritenuto che il richiedente avesse contribuito all’adozione del provvedimento coercitivo con comportamenti connotati da dolo e colpa grave, ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione, individuati sulla scorta di elementi tratti da varie intercettazioni, dalle deposizioni di un funzionario della polizia svizzera nonchè dalle dichiarazioni rese dal teste assistito A. e dalle parziali ammissioni di un correo.

– 2 – Avverso tale decisione propone ricorso, per il tramite del difensore, lo S. che denuncia la violazione degli artt. 314 e 315 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata con riguardo alla configurabilità di una condotta colposa o dolosa del richiedente idonea a giustificare il rigetto dell’istanza riparatoria.

In particolare, segnala il ricorrente che la corte territoriale ha motivato la decisione impugnata, richiamando i contenuti di conversazioni intercettate, senza considerare che le stesse erano state dichiarate dal giudice del merito inutilizzabili in quanto acquisite in violazione di legge. Inutilizzabilità che, si soggiunge nel ricorso, non opera solo nel giudizio di cognizione, bensì anche in quello riparatorio, come statuito dalla Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 30.10.08 (rv 241667). Neanche avrebbero potuto esser richiamate le dichiarazioni rese dal funzionario elvetico, ugualmente dichiarate inutilizzabili dal giudice della cognizione;

mentre la deposizione del collaboratore A. non avrebbe alcun rilievo nel caso di specie, essendo stata assunta in epoca successiva all’adozione del provvedimento restrittivo.

Ed allora, sostiene conclusivamente il ricorrente, esclusa l’utilizzabilità delle conversazioni intercettate e delle dichiarazioni rese dal funzionario svizzero, prive di rilievo quelle di A., non vi sono spazi per rilevare, nell’atteggiamento dello S., comportamenti dolosi o gravemente colposi, ostativi all’accoglimento dell’istanza di riparazione, nei termini indicati nell’art. 314 cod. proc. pen..

-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, ritualmente costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso, rilevando che, al momento del fermo, il coinvolgimento dello S. nel traffico di droga oggetto delle indagini era emerso, non solo dai contenuti delle conversazioni intercettate, ma anche dalle dichiarazioni del coimputato S. e da quelle rese dal collaboratore A., che avevano evidenziato comportamenti dell’odierno ricorrente che hanno determinato l’adozione del provvedimento restrittivo.

Motivi della decisione

– 1 – Il ricorso è infondato.

E’ vero che con la sentenza n. 1153 del 30.10.08 (rv 241667) le Sezioni Unite di questa Corte, risolvendo un contrasto di giurisprudenza insorto all’interno di questa stessa sezione, hanno affermato che: "L’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione ", di guisa che certamente inutilizzabili devono ritenersi, anche nel giudizio riparatorio, le conversazioni intercettate, tali dichiarate dal giudice della cognizione in relazione alle illecite modalità di acquisizione delle stesse, in violazione dei diritti garantiti dai principi costituzionali.

E tuttavia, nulla vieta l’utilizzazione, nello stesso giudizio, delle dichiarazioni rese dal teste B., funzionario della polizia elvetica che ha eseguito le indagini i cui esiti sono stati trasmessi all’autorità giudiziaria italiana.

Il principio della inutilizzabilità, invero, va modulato, nel giudizio riparatorio, in relazione alla distinzione operata da questa Corte tra inutilizzabilità "patologica" -che viene riscontrata nei casi di atti probatori acquisiti contra legem, con modalità contrastanti con i principi fondamentali dell’ordinamento o tali da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di difesa dell’imputato, il cui impiego è vietato in modo assoluto e insuperabile dall’alt. 191 cod. proc. pen. in qualsiasi fase del procedimento, comprese le indagini preliminari e le procedure incidentali cautelari- ed inutilizzabilità "fisiologica", che consente l’utilizzazione, nella sede riparatoria, degli elementi di prova acquisiti agli atti.

Alla stregua di tale distinzione, sono state, tra l’altro, dichiarate utilizzabili le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia nel corso delle indagini preliminari, non utilizzabili ex art. 513 cod. proc. pen. (Cass. n. 38181/09), quelle rese da due testi- imputati, ex art. 210 dello stesso codice, che non era stato possibile riassumere nel giudizio di rinvio (Cass. n. 37026/08).

Nel caso in esame, le dichiarazioni del funzionario elvetico sono state ritenute inutilizzabili nel giudizio di cognizione perchè assunte per rogatoria in assenza del difensore dell’imputato e di nomina del difensore d’ufficio. Situazione che non appare riconducibile ai casi di inutilizzabilità patologica, ove si consideri che l’esame del funzionario è avvenuto per rogatoria, nel rispetto delle norme processuali vigenti nel Paese richiesto, e che dello stesso è stato dato rituale avviso al difensore dell’imputato, che è stato, quindi, posto nelle condizioni di partecipare all’atto istruttorio e di esercitare le facoltà inerenti il mandato difensivo.

Peraltro, come è stato ricordato nel provvedimento impugnato, in un caso del tutto simile a quello che è stato oggi prospettato, questa Corte ha affermato non essere necessaria la nomina, in caso di assenza del difensore di fiducia, di un difensore d’ufficio nel corso di attività istruttoria compiuta all’estero per rogatoria. In particolare, è stato affermato (Cass. n. 4060 dell’8.11.07, rv 239193) che gli atti compiuti per rogatoria all’estero sono assunti secondo le norme del Paese richiesto, salvo l’eventuale contrasto con norme inderogabili di ordine pubblico e buon costume che tuttavia non necessariamente devono identificarsi con le regole dettate dal codice di rito italiano, in specie, con quelle relative all’esercizio di difesa. In conseguenza, sono stati ritenuti utilizzabili i verbali delle deposizioni testimoniali assunte a seguito di rogatoria all’estero, malgrado l’assenza del difensore di fiducia, regolarmente avvisato e pur in mancanza di un difensore d’ufficio.

Alla stregua di tali osservazioni, la corte territoriale ha legittimamente tratto la convinzione dell’utilizzabilità, nel giudizio riparatorio, delle dichiarazioni rese dal funzionario svizzero, attraverso le quali ha ritenuto configurabile, nei comportamenti dello S. – identificato come il soggetto che aveva ricoperto un ruolo attivo nei contatti intercorsi con i trafficanti- la colpa grave, sinergica rispetto all’adozione ed al mantenimento della misura custodiale, nei termini intesi dall’art. 314 c.p.p..

D’altra parte, lo stesso giudice ha segnalato come da altre fonti di prova (il collaboratore A., le cui dichiarazioni il ricorrente ha asserito esser state acquisite in epoca successiva all’adozione del provvedimento cautelare, senza tuttavia fornire ulteriori ragguagli in merito, e talune affermazioni di un coimputato) fosse emersi comportamenti quantomeno ambigui dell’odierno ricorrente, caratterizzati dalla costante contiguità dello stesso ad ambienti criminali dediti a traffici illeciti;

comportamenti che, di per sè, secondo il costante insegnamento di questa Corte, autorizzano a ritenere comunque connotata da colpa grave, sotto il profilo dell’imprudenza, la condotta dello S., tale da giustificare, in via del tutto autonoma, il rigetto dell’istanza riparatoria.

– 2 – Il ricorso deve essere, dunque, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. La particolarità delle questioni trattate giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *