Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione III Sentenza n. 41701 del 2005 deposito del 21 novembre 2005 LAVORO Divieto di intermediazione e di interposizione nelle assunzioni di lavoratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B? N? e P? F? vennero rinviati a giudizio per rispondere del reato di cui all’articolo 1, comma 1, legge 1369/60, perché il P?, quale legale rappresentante della ditta F.lli P? Snc, aveva appaltato alla cooperativa Placet Work Arl, della quale la B? era legale rappresentante, la esecuzione di mere prestazioni di lavoro per complessive 181 giornate lavorative, in quanto tre lavoratori dipendenti della cooperativa avevano eseguito presso gli stabilimenti della ditta P? lavori riconducibili al ciclo produttivo della stessa (commesso fino al 23 dicembre 2002).

Il giudice del Tribunale di Perugina, sezione distaccata di Foligno, con sentenza del 27 aprile 2005, dichiarò non doversi procedere perché i fatti non sono più previsti dalla legge come reato. Ritenne il giudice che la norma incriminatrice in questione fosse stata abrogata a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 276/03, che all’articolo 85 lettera c), dispone l’abrogazione della intera legge 1369/60 e che ha reso ormai lecita la interposizione di manodopera, sicché vi è una totale incompatibilità tra le due normative.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia propone ricorso per cassazione ? erroneamente qualificato ricorso per salutm ex articolo 569 Cp, trattandosi di sentenza inappellabile ? deducendo violazione di legge perché la fattispecie di cui all’articolo 1 della legge 1368/60 resta ancora punibile ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. 276/03, di modo che vi è continuità normativa tra le due discipline.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il D.Lgs. 276/03 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 30/2003 – c.d. riforma Biagi) ha, con l’articolo 85, abrogato l’articolo 27 della legge 264/49, tutta la legge 1369/60, i primi undici articoli della legge 196/97, nonché tutte le disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con detto D.Lgs. che è entrato in vigore il 24 ottobre 2003, ed ha inoltre ha istituito un albo ministeriale delle agenzie per il lavoro, articolato in cinque sezioni ed ha dettagliatamente disciplinato il contratto di somministrazione di lavoro, distinguendolo dall’appalto di servizi e dal distacco.

Si è posto il problema di valutare tale ?abrogazione? alla stregua delle nuove disposizioni sanzionatorie introdotte dall’articolo 18 del D.Lgs. 276/03, ai fini della corretta applicazione dell’articolo 2 Cp in relazione ai fatti già penalmente sanzionati dalle norme abrogate.

La questione è stata risolta dalla costante giurisprudenza di questa Suprema corte con la enunciazione dei seguenti principi, che il Collegio condivide e ribadisce:

– «le condotte vietate di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, previste come reato dagli articoli 1 e 2 della legge 1369/60, sono riconducibili alla nuova fattispecie criminosa di cui agli articoli 4 e 18 del D.Lgs. 276/03, che ha abrogato ex articolo 85 la citata legge n. 1369, vertendosi non in ipotesi di abolitio criminis, bensi di successione di leggi nel tempo ex articolo 2 Cp » (Sezione terza, 28 gennaio 2005, De Ciutiis, m. 231.064):

– «la intermediazione abusiva e non autorizzata nella fornitura di manodopera, già punita dalla legge 264/49, integra il reato di cui all’articolo 18 del D.Lgs. 276/03 (cosiddetta riforma Biagi), atteso che la nuova normativa ha soltanto ampliato il previgente sistema derogatorio ad una attività generalmente illecita, configurandosi quale ipotesi di abrogatio sine abolitione per i fatti di somministrazione di lavoro da parte di soggetti privati non formalmente autorizzati» (Sezione terza, 20 dicembre 2004, Infante, m. 230.672);

«integra gli estremi del reato di cui agli articoli 1 e 2 legge 1369/60 -che punisce sia il committente che l’appaltatore che ricorra a qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall’appaltatore, ma di fatto operante alle dipendenze del committente -, punibile ai sensi del sopravvenuto e Più favorevole articolo 18 del D.Lgs. 276/03, la somministrazione di lavoro fornita da parte di un soggetto privato non formalmente autorizzato (articolo 29 D.Lgs. 276/03)» (Sezione Fer., 2 settembre 2004, Pisapia, m. 230.559);

– «la fattispecie di cui all’art 1 della legge 1369/60 (esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall’appaltatore ma di fatto operante alle dipendenza del committente) resta punibile ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. 276/03 (cosiddetta riforma Biagi), in quanto qualificabile come somministrazione di manodopera esercitata da soggetto non abilitato o fuori dei casi consentiti» (Sezione terza, 13 maggio 2004, Corsi, m. 229.611);

– «anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 18 del D.Lgs. 276/03, deve ritenersi non abrogata la disposizione «di cui all’articolo 1 della legge 1369/60, che punisce il committente e l’appaltatore che ricorrono a qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall’appaltatore, ma di fatto operante alle dipendenze del committente: infatti il citato D.Lgs. riproduce formalmente il regime sanzionatorio già previsto dalla precedente legislazione, distinguendo tra la somministrazione irregolare (articolo 18, comma terzo) e quella abusiva (articolo 18 commi 1 e 2); l’interpretazione abrogatrice risulta anche in contrasto con la legge delega, la quale ha indicato al legislatore delegato la sanzione penale quale previsione da adottare per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata» (Sezione terza, 28 maggio 2004, Bertocchi, m. 229.473);

– «i fatti di illecita mediazione nella fornitura di manodopera, già puniti dall’articolo 27 della legge 264/49, sono stati solo parzialmente abrogati dalle fattispecie di esercizio non autorizzato delle attività di intermediazione di cui all’articolo 18, comma primo, del D.Lgs. 276/03 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 30/2003 – cosiddetta riforma Biagi), atteso che si configura una abrogatio sine abolitione per i fatti di intermediazione commessi da soggetti privati non formalmente autorizzati, già puniti secondo la legge precedente e che conservano rilevanza penale con le nuove disposizioni» (Sezione terza, 24 febbraio 2004, Guerra, m. 228.955);

– «la fattispecie di illecita mediazione nella fornitura di manodopera punita dall’articolo 27 della legge 264/49 e quella di cui all’articolo 1 legge 1369/60 (la quale puniva sia il committente che l’appaltatore che ricorressero a qualsiasi esecuzione di prestazioni lavorative mediante impiego di manodopera assunta dall’appaltatore, ma di fatto operante alle dipendenze del committente) sono abrogate solo parzialmente dalla fattispecie di esercizio abusivo della intermediazione ex articolo 18 comma primo del D.Lgs. 276/03 (che punisce chiunque eserciti attività non autorizzate di somministrazione di lavoro e l’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di lavoro fornita da soggetti non autorizzati o comunque al di fuori dei casi previsti dalla legge), in quanto l’area dell’intermediazione abusiva era molto più ampia quando la legittima intermediazione era monopolio degli uffici ministeriali di collocamento, mentre è divenuta più ristretta a seguito dell’attribuzione dell’intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro a soggetti privati debitamente autorizzati. Ne consegue che la condotta di intermediazione posta in essere da soggetti privati non formalmente autorizzati, e di somministrazione di lavoro da parte di soggetti non abilitati o al di fuori dei casi consentiti, è ancora punibile e ad essa va applicata la legge in concreto più favorevole ai sensi dell’articolo 2 comma secondo Cp» (Sezione terza, 11 novembre 2003, Marinig, m. 228.484; 16 giugno 2004, Casati, m. 229.560).

Tutte le ricordate decisioni hanno risolto la questione tenendo conto dei principi affermati dalle Su in tema di continuità normativa (sentenze: 7.11.2000, Di Mauro; 13.12.2000, Sagone e 16.6.2003, Giordano) ed hanno ritenuto, secondo una valutazione di tipo strutturale delle fattispecie tipiche, che l’appalto di mere prestazioni di lavoro (ora qualificato come somministrazione di lavoro) continua ad avere rilevanza penale quando esso venga effettuato al di fuori delle condizioni soggettive ed oggettive previste dalla nuova normativa.

Va ricordato che la legge 264/49, e la legge 1369/60, avevano fissato il principio del «monopolio pubblico» del collocamento, vietando ogni forma di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e prevedendo (articolo 1 legge 1369/60) il divieto per l’imprenditore di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante l’impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore o intermediario, qualunque fosse la natura dell’opera o del sevizio cui le prestazioni si riferivano.

Era considerato appalto di mere prestazioni di lavoro, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 1369/60, ogni forma di appalto o di subappalto, anche per la esecuzione di opere o servizi, ove l’appaltatore avesse impiegato capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, a prescindere dalla erogazione di un compenso.

Il divieto era poi penalmente sanzionato dall’articolo 2 della stessa legge 1369/60, salva la applicazione delle sanzioni previste dalla legge 264/49, e dalle altre leggi in materia,

Peraltro la rigidità del principio del «monopolio pubblico» del collocamento, stabilito dalla legge 264/49, e ribadito dalla legge 1369/60, era stata progressivamente superata nel nostro ordinamento, dapprima con la legge 196/77 (che legittimò, in determinati casi, le imprese iscritte in apposito albo nazionale a mettere a disposizione di altre imprese. l’opera di prestatori di lavoro temporaneo assunti dalle prime, ai quali doveva essere assicurato il trattamento contributivo vigente nelle seconde) ed in seguito dal D.Lgs. 469/77 (che consenti ad imprese aventi determinati requisiti di esercitare, previa autorizzazione del ministero del Lavoro, l’attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro).

E questa Corte suprema aveva affermato che le sanzioni penali previste dall’articolo 27 della legge 264/49 continuavano a trovare applicazione anche dopo l’abolizione del ?monopolio pubblico? degli uffici territoriali del ministero in materia di intermediazione del lavoro, attuata dei testi legislativi del 1997 dianzi citati (vedi Sezione terza, 14 gennaio 2003, Vezzoli, m. 223.228).

La più recente riforma del mercato del lavoro, attuata dal D.Lgs. 276/03, lungi dall’introdurre una totale deregolamentazione del settore della somministrazione di manodopera da parte di imprese private verso altre imprese private, ha identificato un unico regime di autorizzazione per i soggetti che svolgono attività di somministrazione di lavoro, di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale (articoli 4-6); ha consentito che la somministrazione di lavoro possa essere oggetto, in forme più ampie rispetto al passato ma pur sempre a determinate condizioni di liceità, di un contratto di diritto privato (articoli 20-21); ha continuato comunque a sanzionare l’intermediazione abusiva e non autorizzata (articolo 18).

In particolare, il D.Lgs. 276/03, ha istituito un albo ministeriale delle agenzie per il lavoro, articolato in cinque sezioni ed ha dettagliatamente disciplinato il contratto di somministrazione di lavoro, distinguendolo dall’appalto di servizi e dal distacco.

l’articolo 20 prevede il contratto di somministrazione di lavoro, distinguendo tra contratto a termine, ammesso per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, e contratto a tempo indeterminato, ammesso specificamente per taluni particolari servizi (servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico; servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini e servizi di economato; attività di consulenza direzionale e gestione del personale; attività di mercato e commerciali; gestione dei centri chiamata; installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, e simili).

l’articolo 29 ribadisce i criteri distintivi tra la somministrazione di lavoro e l’appalto d’opera o di servizio di cui all’articolo 1655 Cc, che sono identificati nella organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché nella assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.

l’articolo 18 infine sanziona penalmente l’esercizio non autorizzato delle attività riservate alle agenzie iscritte all’albo, nonché l’esercizio abusivo della attività di intermediazione, e quindi ogni attività non autorizzata di somministrazione di lavoro o di utilizzazione di somministrazione di lavoro da parte di soggetti non autorizzati.

La nuova normativa, pertanto, ha solo ampliato il previgente sistema derogatorio ad una attività generalmente illecita, prevedendo che tale attività possa essere lecitamente svolta purché nel rispetto di plurime e specifiche condizioni.

Il D.Lgs. 276/03, a tal riguardo, si è perfettamente conformato alle prescrizioni della legge di delega 30/2003, ove era stato precisato – all’articolo 1, comma 2, lettera m), n. 6 – che doveva esservi «conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata nei rapporti di lavoro».

Secondo i ricordati principi in tema di continuità normativa (Su, 25887/03, Giordano) ricorre una abrogazione senza abolizione del reato se i fatti costituenti reato secondo la legge anteriore siano tuttora punibili secondo la legge posteriore, mentre se alcuni fatti puniti dalla legge anteriore restano fuori dal perimetro normativo della nuova fattispecie penale ricorre una abrogazione con effetto solo parzialmente abolitivo del reato.

Alla luce di tale criterio deve ritenersi, secondo una valutazione di tipo strutturale delle fattispecie tipiche, che la fattispecie di illecita mediazione nella fornitura di manodopera punita dalla legge 264/49, e dalla legge 1369/60, è stata solo parzialmente abrogata dalla fattispecie di esercizio abusivo della intermediazione di cui all’articolo 18, comma primo, secondo e terzo periodo, D.Lgs. 276/03.

Invero, l’area della intermediazione abusiva era molto più ampia quando la intermediazione legittima era monopolizzata dagli uffici ministeriali di collocamento, mentre diventa molto più ristretta ora che l’intermediazione tra domanda ed offerta di lavoro è attribuita anche a soggetti privati debitamente autorizzati, sicché i fatti di somministrazione di lavoro da parte di soggetti privati non formalmente autorizzati, che erano già puniti secondo la legge precedente, restano punibili anche con la nuova legge, con la conseguenza che si applicherà ad essi il principio della legge più favorevole di cui al terzo comma dell’articolo 2 Cp; mentre altri fatti di intermediazione, che sono diventati legittimi con le leggi di riforma del mercato del lavoro, restano fuori dalla nuova fattispecie incriminatrice e non possono essere più puniti se commessi sotto il vigore della vecchia disposizione abrogata.

In particolare:

– l’articolo 1 della legge 1369/60, prevedeva come reato la condotta violatrice del divieto di affidare, in appalto, subappalto o in altre forme atipiche, la esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di manodopera assunta e retribuita dall’appaltatore;

– l’articolo 18 del D.Lgs. 276/03, prevede attualmente come reato sia l’esercizio non autorizzato della attività di somministrazione di lavoro, sia l’utilizzazione di prestazioni provenienti da soggetto non autorizzato o comunque al di fuori dei casi previsti dalla legge. Ne consegue che la somministrazione di lavoro deve considerarsi lecita solo se effettuata da soggetti autorizzati e nei casi e secondo le modalità espressamente disciplinati, mentre era e resta illecita se effettuata al di fuori di tali condizioni.

Più in particolare, stante l’amplissima formulazione dei divieti previsti dai primi due commi dell’articolo 1 legge 1369/60, la fattispecie abrogata puniva sia il committente sia l’appaltatore che ricorressero a qualsiasi esecuzione di

prestazioni lavorative mediante impiego, sotto qualsiasi forma, di manodopera assunta dall’appaltatore ma di fatto operante alle dipendenze del committente. La fattispecie introdotta dalla nuova legge punisce sia chiunque eserciti attività non autorizzate di somministrazione di lavoro, sia l’utilizzatore che ricorra alla somministrazione di lavoro fornita da soggetti non abilitati o comunque al di fuori dei casi previsti (articolo 4, comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 20, comma 3, lettera da a) ad h».

Tenuto conto che il legislatore ha, fissato il principio non formalistico per cui in questa materia i contratti valgono per il loro contenuto effettivo e non per il nomen iuris loro assegnato, e considerando la distinzione tra somministrazione di lavoro ed appalto di servizi ribadita dall’articolo 29 del D.Lgs, per cui sussiste l’appalto solo nel caso in cui l’organizzazione dei mezzi produttivi, la direzione dei lavoratori e il rischio di impresa sono in capo all’appaltatore e non al committente o utilizzatore delle prestazioni, deve dedursi che ogni volta che un imprenditore utilizzi prestazioni di lavoratori forniti da altri, assumendosi però l’organizzazione dei mezzi, la direzione dei lavoratori e il rischio d’impresa, si concretizza una somministrazione di manodopera, che resta vietata e penalmente sanzionata se priva dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla nuova legge.

Ne consegue che quello che secondo la legge abrogata era considerato appalto di mere prestazioni di lavoro, perché l’appaltatore impiegava capitali, macchine e attrezzature fornite dal committente (articolo 1, comma 3, legge 1369/60), è ora qualificato come somministrazione di lavoro ed è ugualmente punito se esercitato da soggetti non abilitati o fuori dalle ipotesi previste dalla nuova legge.

Può solo aggiungersi, per completezza, che l’articolo 29 del D.Lgs. 276/03 ha meglio definito la distinzione tra appalto di servizi e somministrazione di lavoro, recependo peraltro la elaborazione giurisprudenziale in materia, formulando più chiaramente i parametri e criteri distintivi occorrenti per configurare il legittimo appalto, criteri che ora sono sostanzialmente due: a) l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto; b) la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.

Nel caso di specie, la contestata somministrazione di mere prestazioni di lavoro, qualora effettuata dall’imputata al di fuori delle regole introdotte dal D.Lgs. 276/03, aveva rilevanza penale alla stregua della normativa abrogata e continua ad averla secondo quella attualmente vigente.

In accoglimento del ricorso del Pm, la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ? trattandosi di sentenza inappellabile ? al Tribunale di Perugia per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *